Jessica Rossi, campionessa olimpica nel trap a Londra 2012 e portabandiera nell’ultima rassegna a cinque cerchi, si racconta ai nostri microfoni.

Jessica Rossi, con il tricolore, nel salone d’onore del CONI. (Foto: profilo Facebook ufficiale Jessica Rossi)

Quanto è stato importante il titolo italiano vinto a Battuda (PV) lo scorso settembre?

Il titolo italiano è sempre importante e, in questo senso, è stato una conferma di quello che avevo fatto. In realtà già lo sapevo, la forma c’era, ad ulteriore riprova di quanto fosse stata ben impostata la preparazione in ottica olimpica. L’Olimpiade è andata così, è mancato un piattello. Di questo si è trattato. Il titolo nazionale è stato poi disputato quasi due mesi dopo Tokyo e anche lì ho dimostrato di essere competitiva. Subito dopo l’Olimpiade mi sono fermata per riposarmi e poi, successivamente, ho ripreso gli allenamenti per le ultime gare stagionali. Occorre anche sottolineare l’altissimo livello di competitività che c’è nel nostro campionato. Ci sono tiratrici e tiratori di grande livello, che poi competono meritatamente nel circuito internazionale.

Cosa significa fare la portabandiera per un Paese come l’Italia, in uno scenario vuoto come quello dello stadio di Tokyo, alla luce anche delle iniziali problematiche con il CIO sul nostro inno e sul nostro vessillo?

Per me poter fare da portabandiera è stato un onore immenso. Sicuramente entrare nello stadio vuoto è stato impattante. Sapevamo comunque qual era il motivo per cui lo stadio era vuoto. Tutto il mondo, comunque, era collegato con noi e con lo stadio per poter assistere a quello spettacolo. E’ stata un’emozione unica, rappresentare l’Italia lì è stato un simbolo di rinascita. Nella vita di un atleta non capita a tutti, e di questo ne sono pienamente cosciente.

Lei, con la sua dichiarazione nel post gara olimpico a Tokyo ha dato risalto al merito sportivo e all’etica dello sport, pensa che in tanti abbiano colto questo messaggio?

Spero di sì. Da parte mia ho fatto di tutto per essere lì. E’ mancato qualcosa. Sicuramente possiamo cercare perché è mancato quel qualcosa, ma io ero comunque lì a giocarmela fino in fondo. Il regolamento è cambiato da Rio a Tokyo. Nel 2016 mi sono qualificata per la finale con un 69/75, a Tokyo con 119/125 non mi sono qualificata alla finale, da questi numeri si può capire molto. Siamo passate da tre serie da 25 piattelli l’una nelle qualificazioni di Rio a cinque serie sempre da 25 l’una a Tokyo. Poi, nel nostro sport ci sono tante variabili, a partire dal campo gara, d’altronde siamo uno sport all’aria aperta. Ritengo che le altre nazioni siano arrivate più pronte. Prima l’exploit era ravvisabile in due, tre casi, ora non è più così.

Che bilancio dà al suo 2021 sportivo?

A tanti che commentano e magari guardano solo le Olimpiadi può sembrare una stagione non esaltante, ma non è così. Se non fosse per la stagione olimpica è stato un anno assolutamente positivo. Poi, ovviamente, l’obiettivo principale era l’Olimpiade. Io, nonostante tutto, so di non avere sbagliato l’avvicinamento. Cercherò di capire il motivo per il quale è mancato qualcosa a Tokyo e sono sicura che lo troverò. Se uno si concentra solo sull’Olimpiade considera Londra 2012 il top, a vent’anni, e poi le altre prestazioni olimpiche non di pari livello, ma io so che questo non è un giudizio completo. In questo 2021 ho anche vinto l’oro nel mixed team (con Valerio Grazini, ndr) agli Europei di Osijek, e l’argento nell’individuale, sempre in terra croata. Nell’anno olimpico, tra l’altro, ho sempre vinto il titolo italiano.

Ci racconta le sue emozioni a Londra 2012, prima e dopo la gara?

Londra è stata l’Olimpiade dell’inconsapevolezza. Non sapevo cosa aspettarmi dalla gara, dal pubblico. Noi, nel nostro sport, non siamo abituati a tanto pubblico ma, in quel caso, quando mi recai a Londra per il preolimpico di aprile, vidi quanto grandi erano le tribune e cominciai ad immaginarmele piene di pubblico per le gare olimpiche vere e proprie. Nella mia inconsapevolezza, però, sapevo di essere in forma. La risonanza della mia vittoria è stata tanta, ed avevo solo vent’anni. In seguito a quella vittoria ho vissuto esperienze incredibili come essere stata invitata al Festival di Sanremo e a Miss Italia come giurata.

Jessica Rossi con la medaglia d’oro appena conquistata nel trap femminile a Londra 2012 (Foto: profilo Facebook ufficiale Jessica Rossi)

In che modo si allena mentalmente un’atleta del suo livello nel mantenere la concentrazione in gara?

La difficoltà non è tanto nel momento di gara in sé quanto nella pausa tra una serie di gara e l’altra. Ci sono serie che durano venticinque minuti circa, poi, dopo magari uno stop di quasi tre ore bisogna prepararsi per l’altra parte di gara. Questo lasso di tempo così lungo è tipico delle gare di Coppa del Mondo. All’Olimpiade, generalmente, lo stop è di soli quarantacinque minuti e il tutto è più accelerato, anche perché in una rassegna a cinque cerchi ci sono meno tiratrici. Quando entro in pedana riesco a pensare solo a quello. La gestione delle tre ore di pausa, invece, è molto più difficile. Bisogna staccare la spina e riattaccarla al momento giusto. Al termine della serie leggo un libro, ascolto musica, faccio totalmente altro. Bisogna riuscire a staccare, per essere poi al top e, contestualmente, freschi mentalmente in vista della serie. In genere un’ora prima della seconda parte di gara mi riavvicino mentalmente alla gara e comincio a ripassarmi gli schemi di tiro.

Da Londra 2012 a Tokyo 2020, passando per Rio 2016, quali sono i progressi che il tiro a volo italiano, in generale, e il trap in particolare, hanno compiuto?

La cosa di cui sono senza dubbio più orgogliosa è stato constatare che dopo Londra tante ragazze e ragazzi si sono avvicinati a questo sport. Vedo costantemente la crescita dei giovani, anche nel campo vicino a me, a Crevalcore. Lo scorso fine settimana la federazione ha lanciato una bellissima iniziativa, “Tiro a volo Porte Aperte”, alla quale ho partecipato. In quest’occasione tante persone, di tutte le età, ma soprattutto giovani, hanno provato per la prima volta a confrontarsi con questa disciplina. Tanti giovani ci hanno già detto che vogliono riprovare. Personalmente è stato bellissimo, una vera gioia, vedere tante persone che andavano a casa contente di aver centrato anche un solo piattello. E’ anche vero che si ha l’adrenalina di avere un’arma in mano che noi però usiamo come attrezzo sportivo.

Quali sono, se vi sono, i principali competitor nel trap oggi?

Innanzitutto occorre segnalare che le nazionali forti oggi sono tante, quando ho iniziato erano di meno. A Londra nel 2012 vinse il croato Cernogoraz tra gli uomini, a Rio il suo connazionale Glasnovic. A Tokyo ha vinto l’atleta della Repubblica Ceca. Il mixed team nella fossa olimpica è stato vinto dalla Spagna con la coppia Fernandez-Galvez. L’Italia è sempre stata forte anche grazie al fatto che armi e proiettili fossero made in Italy. Tutta la nostra attrezzatura è sempre stata italiana. Da quando il mercato si è ampliato anche le altre nazioni usano i nostri prodotti e questo li ha aiutati. A Tokyo nel trap femminile, per esempio, ha vinto la slovacca Stefecekova che aveva già vinto due argenti individuali, rispettivamente a Pechino e a Londra. Stiamo parlando di una grandissima tiratrice. Altre due nazioni forti sono l’Australia e gli Stati Uniti. Quest’ultimi sono forti nello skeet, sia femminile che maschile. L’Australia, invece, ha fatto la storia del trap già ai tempi di Michael Diamond.

Jessica Rossi impegnata in una fase di gara (Foto: profilo Facebook ufficiale Jessica Rossi)

Quanto è importante il supporto del gruppo sportivo delle Fiamme Oro nella sua attività sportiva?

Il gruppo delle Fiamme Oro è la base. Senza quello non sarei ancora qui a fare quello che amo, quello che mi piace nella vita. Noi atleti abbiamo anche la garanzia, eventualmente, di poter rimanere come tecnici nel settore dopo la carriera sportiva.

Come vede il suo futuro sportivo? Quali sono i prossimi obiettivi?

Io ho sempre visto il mio futuro sportivo bello lungo. Mancano pochi anni da qui alle prossime Olimpiadi. A livello di federazione internazionale stiamo attraversando una fase di cambiamento, soprattutto per ciò che concerne i criteri di qualifica. Attualmente alle prove di Coppa del Mondo vengono assegnate due carte ad evento e quattro ai Mondiali. Adesso, invece, si sta discutendo per introdurre il criterio del ranking. Una decisione non è ancora stata presa, ma è opportuno che ci comunichino presto la decisione finale. Se il criterio del ranking dovesse essere adottato allora ogni singola atleta dovrebbe partecipare a più gare possibili con l’obiettivo di fare sempre il massimo per rimanere nelle posizioni di vertice, ciò implicherebbe essere mentalmente e fisicamente a posto già nei mesi di febbraio, marzo, aprile. Con l’altro sistema l’atleta deve essere al top della forma nei mesi di agosto, settembre. In fin dei conti si tratta di due tempistiche completamente diverse. Per di più, quanto deciso dalla Federazione Internazionale, si applicherà poi fino al 2024. Al netto di queste cose so che la prossima stagione sarà importante per la qualifica olimpica.

 

 

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