Marco Aurelio Fontana (foto di Canada.com)A Rio 2016 l’Italia delle due ruote sognerà in grande grazie a Marco Aurelio Fontana. Biker e ciclocrossista classe 1984, nativo di Giussano (MB), è specializzato nel cross country, disciplina della mountain bike, che prevede percorsi su fondi differenti, molto simile al ciclismo su strada, nella quale ha conquistato la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Londra nel 2012. Per Fontana questa sarà la terza Olimpiade ed è pronto a stupire ancora. Ecco cosa ha raccontato ad Azzurri di Gloria.

Partiamo dagli ultimi risultati. Come valuta il Suo 2015? Si aspettava di più dall’ultima stagione o è pienamente soddisfatto?

Certamente mi aspettavo di più ed ho raccolto solamente sul finale di stagione i risultati che volevo ma ad oggi posso dire che abbiamo lasciato alle spalle un’annata difficile e siamo ripartiti al meglio”.

Il 2016 sarà l’anno delle Olimpiadi. Quale sarà il Suo programma di avvicinamento? Quali sono le Sue aspettative?

Dopo i primi due mesi dell’anno passati a fare la base aerobica partirò con le gare a fine febbraio a Cipro per poi correre in Italia a marzo ed iniziare la Coppa del Mondo in Australia ad aprile. Fino a giugno ci sarà un crescendo della condizione per raccogliere risultati importanti ma poi occorre staccare e concentrarsi al 21 di agosto per il gran giorno. Tutti si aspettano tanto da me ma sono io per primo che voglio ritornare su quel podio”.

Facciamo un piccolo passo indietro. Quali sono i ricordi delle Olimpiadi viste da bambino o da semplice appassionato?

Ottima domanda! Ricordo che guardavo tutti gli sport e mi piacevano i 200m perché dovevi curvare forte ma la prima della MTB ad Atlanta è stata storica e da super tifoso di Luca Bramati speravo centrasse il podio anche se ero felicissimo per il suo ottavo posto, quanto stile!

Perché ha iniziato a praticare questo sport, pur avendo iniziato come ciclista su strada?

In realtà prima ancora che cominciassero le gare sull’asfalto praticavo la mtb in montagna con una 24″ e quando mi appassionai sul serio l’unica alternativa vicino casa era la SC. Cesano Maderno che però faceva solo strada quindi iniziai da lì”.

Qual è il Suo idolo d’infanzia?

Sicuramente più di uno e da invasato di motori saltavo dalla leggenda di Villeneuve al mito di Puzar e cosi via. Gente che aveva una marcia in più, che emozionava e che trasmetteva qualcosa di forte. Oggi il mio mito è Steve Peat (biker britannico, specialista del downhill ndr.) che sta sopra Valentino Rossi e Chad Reed”.

Lei ha già preso parte a due Olimpiadi, Pechino 2008 e Londra 2012: quali sono i Suoi ricordi?

Pechino da supergiovane è stato divertimento puro. Tanta esperienza, tanto gas e zero pensieri. Londra è stata di carattere ma sicuramente più calcolata dove siamo arrivati cerchiando un obiettivo ben preciso e l’abbiamo centrato. L’emozione gigante è arrivata post medaglia mentre in Cina l’emozione più grande l’ho provata il giorno prima della gara quando mi telefonarono i miei genitori”.

Com’è stato il periodo di avvicinamento alle due Olimpiadi?

È stato molto simile se devo essere sincero. Nonostante nel 2008 avessi una responsabilità diversa rispetto al 2012 ho affrontato la preparazione con decisione ma con il sorriso sulle labbra e divertendomi un sacco”.

Cosa ha provato arrivando sul traguardo a Londra 2012? Ed ora, riguardando quella medaglia, quali sono le Sue sensazioni?

Si sente spesso dire che tagliando il traguardo delle Olimpiadi si ripercorrono tutti gli sforzi fatti da piccolo ed è assolutamente vero! In quella frazione di secondo vedi delle immagini pazzesche di quando i tuoi ti portavano a correre insieme a tuo fratello su un Vanette da bandito con i sedili posteriori girati al contrario e delle bici vecchie ma tenute da tuo Papà come se fossero oro, stupendo! Le sensazioni sono quelle di soddisfazione, emozione e consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande per te, i tuoi ed il tuo sport”.

La conquista della medaglia di bronzo, ottenuta con quegli ultimi chilometri fatti senza sella è stata una delle imprese più significative della spedizione azzurra all’ultima Olimpiade. Quella medaglia ha cambiato in qualche modo la Sua carriera? I colleghi cosa Le hanno detto?

È inevitabile che la medaglia ti cambi almeno in parte: anche se non te ne accorgi il mondo attorno a te ti guarda con occhi diversi. I miei colleghi dicevano tutti che lo sapevano che sarei arrivato li ma si fa presto a dirlo dopo!

Parliamo del suo rapporto con gli altri bikers: c’è qualche collega che ammira? E qualcuno che teme in particolare?

Il mio amico nonché team mate Manuel Fumic. E’ un fratello per me e oltre ad essere fortissimo ha uno stile incredibile ed è veramente un ambasciatore del nostro sport, ci vorrebbero più rider come lui. Il più forte, almeno fino a ieri, è Nino Schurter, svizzero, che riassume al meglio le caratteristiche della nostra disciplina ma ogni anno si alza l’asticella e prima o poi i tempi duri arriveranno anche per lui”.

Lei è già stato in Brasile per visionare il tracciato. Quali impressioni Le ha fatto?

È la classica pista Olimpica fatta per pubblicizzare il nostro sport ed avere una gara avvincente. Adoro il clima brazileiro e mi sono sentito subito a mio agio quindi si parte col piede giusto”.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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