Marco Di Paola, presidente della Federazione Italiana Sport Equestri, ci illustra lo stato dell’arte del mondo equestre in Italia.
Come valuta i risultati ottenuti dai binomi italiani alle Olimpiadi di Tokyo 2020?
Abbiamo avuto rappresentate tre discipline. Nella pima, il dressage, non siamo ancora molto competitivi e il nostro principale obiettivo era ed è crescere di livello. C’era consapevolezza che non potevamo fare risultati. Nel completo la prima prova è stata un po’ sfortunata per noi e ci ha relegato inizialmente nelle ultime posizioni mentre nelle altre due siamo andati bene, abbiamo rimontato grazie alla bravura dei nostri binomi in gara. Nel salto a ostacoli ritengo che Gaudiano sia stato penalizzato nella formula della gara. A mio parere non va bene far accedere i binomi alla finale con un solo salto. Emanuele, inoltre, è un atleta formidabile che va in crescendo nei tre giorni di competizione. Questa formula ha comunque pregiudicato le prestazioni di tanti altri cavalieri di altre squadre. Non la trovo corretta rispetto alla complessità del nostro sport e del rapporto cavallo-cavaliere.
Quanto sono importanti per la Federazione i risultati ottenuti da Sara Morganti alle Paralimpiadi di Tokyo?
Per i risultati giunti dalle Paralimpiadi abbiamo provato grande gioia. L’Italia ha degli atleti meravigliosi, poi chiaramente Sara Morganti (vincitrice di due bronzi, rispettivamente nelle categorie Individual Test Grade I e Freestyle Test Grade I, ndr), è una campionessa di incredibile caratura. La sua prestazione a Tokyo è stata eclatante. Atlete come lei ne nascono poche, una ogni trent’anni probabilmente. Devo comunque fare un plauso alle altre ragazze che sono andate bene, una di loro, per esempio, era alla sua prima partecipazione olimpica.
Guardando i numeri del tesseramento 2021 si può notare un continuo aumento di affiliazioni/iscrizioni alla Federazione. Su quali elementi avete fatto leva per raggiungere questo risultato straordinario?
Innanzitutto il cavallo o il pony è stato un compagno formidabile, questa è la base da cui far partire l’analisi dell’ultimo tesseramento. Tanti bambini hanno scelto il pony, infatti le patenti A e le patenti ludiche sono aumentate del 47% rispetto al 2020. Poi bisogna considerare il fatto che il nostro sport è visto come punto di riferimento dalle famiglie, che decidono di impiegare il tempo libero dei propri figli con noi, riflettendosi così nei valori decoubertiani. Gli istruttori sono molto preparati e il loro valore è sempre stato apprezzato, anche nella tragedia della pandemia che è ancora presente oggi.
Il debutto del Saggio Nazionale delle Scuole Sport Equestri Equitazione Americana Reining può tracciare un solco duraturo nella diffusione della monta americana in Italia?
Assolutamente sì. Il reining è la disciplina più sportiva della monta americana e noi abbiamo puntato su questa vocazione. La platea che abbiamo difronte è enorme. Inizialmente il limite di questa disciplina era la sua capacità di raggiungere i giovanissimi. E’ comunque vero che nell’immaginario di ogni bambino ci sia la figura del cowboy. Noi volevamo capire quanto potessimo coinvolgere in questo progetto le fasce più giovani.
In ottica 2022, come concilierete la gioia di ospitare dopo ben 24 anni un evento del calibro dei FEI World Championship di tre discipline equestri con l’onere di organizzare efficacemente tale evento?
Per la FISE è una grande soddisfazione, unitamente ad una grande responsabilità. L’evento che abbiamo il privilegio di ospitare è molto complesso. Noi come Italia organizzeremo le discipline di completo, di attacchi e di endurance. C’è grande entusiasmo in tutta la federazione per questo evento. Per la FISE si tratta comunque di un riconoscimento non casuale, in quanto il nostro percorso per giungere ad ospitare parte dei FEI World Championships ha inizio dalla struttura organizzativa, con il correlato personale qualificato, che abbiamo messo in campo e rodato a partire da Piazza di Siena 2017. Poi la location è bellissima, stiamo parlando dei Pratoni del Vivaro, situato nella cornice dei Castelli Romani. Noi come federazione abbiamo riacquistato il posto, tra l’altro. Le gare di Endurance, invece, si disputeranno nelle campagne di Isola della Scala, in provincia di Verona.
Cosa significa per lei praticare equitazione, quale valore le attribuisce?
Quando stiamo con un cavallo, inteso non tanto e solo come animale ma come compagno coraggioso e silenzioso, noi ci avviciniamo a valori come la collaborazione, all’idea di prendersi cura del cavallo. Nel nostro mondo sportivo il profilo dell’agonista è compensato con il saper ascoltare questo grande compagno, estremamente buono. Bisogna ascoltarlo in tutto ciò che fa, a partire dai suoi movimenti.
Durante la sua carriera sportiva agonistica ha avuto modo di confrontarsi con Raimondo D’Inzeo, cosa sopravvive di D’Inzeo in lei e, di riflesso, nella federazione?
Raimondo e Piero D’Inzeo sono stati e rimangono ancora oggi grandi campioni, incredibili ed invincibili. Ho avuto la fortuna di conoscerli entrambi, anche se dal punto di vista prettamente sportivo ho praticato e conosciuto meglio Raimondo. Loro erano due grandi cultori della cultura equestre, sapevano come fare a portarla avanti. Essa non ha tempo, il rapporto che un cavaliere ha con se stesso, con le sue percezioni travalica il tempo, la sua fugacità, va oltre e si proietta in avanti. Si tratta di un pacchetto di valori che uno che pratica questo sport deve conoscere, che porta il cavaliere all’intimo contatto con la natura, in definitiva: che ci rende completi. I fratelli D’Inzeo sono attuali per quello che hanno vinto ma anche perché la dimensione cavallo-uomo di oggi è la stessa di allora, di quando loro competevano, addestravano e vincevano. Il nostro sport, a differenza di altri che si evolvono per certi aspetti molto rapidamente, è molto simile nella sua più profonda essenza a quello che era ai tempi di Raimondo e Piero. Molte delle difficoltà dei loro tempi sono ancora quelle di oggi.
Ad un anno dalla sua rielezione che cosa la rende soddisfatto del lavoro compiuto e in cosa, invece, ritiene che ci sia ancora da lavorare?
Sono sicuramente soddisfatto di aver contribuito, con l’ausilio del Consiglio Federale, a trasformare la Federazione da istituzione a organizzazione. Proprio perché lo sport è molto importante per tutti l’organizzazione deve essere vicino agli istruttori, all’attività di base. La FISE oggi è molto più accessibile e molto amata. Dall’altra parte ritengo fondamentale il lavoro di semplificazione, in un’ottica, ancora una volta, di ulteriore accessibilità per i fruitori. Dobbiamo difendere la nostra cultura equestre e chi è depositario di tale eredità culturale, ovvero gli istruttori. Un altro obiettivo che abbiamo è quello di migliorare i risultati sportivi che dipendono anche da avere cavalli all’altezza. Infine, bisogna coinvolgere gli atleti che sono campioni in un mondo che richiede investimenti. I nostri atleti sono comunque eccezionali nell’ottenere grandi risultati.