Tra Vuelta e Mondiali. Il ciclismo si trova in una fase particolare della stagione. A “Minuti di Gloria”la nostra trasmissione radiofonica in onda ogni venerdì dalle 18 alle 19 su Radio Ticino Pavia (FM 91.8 e 100.5), il telecronista di Eurosport Salvo Aiello ha commentato il momento delle due ruote, tra cambiamenti tecnici, corridori in fase ascendente e calante ed una rassegna iridata che stuzzica gli azzurri di Davide Cassani. 

Salvo Aiello (a destra) mentre commenta la Liegi insieme al collega Riccardo Magrini per Eurosport (Fonte foto: Eurosport)

SALVO AIELLO INTERVIENE AI MICROFONI DI “MINUTI DI GLORIA”

Indubbiamente è una delle voci più famose del ciclismo. Per tanti anni ha scandito i nomi dei corridori al Giro d’Italia. Ora, su Eurosport, insieme a Riccardo Magrini, compone una delle coppie di telecronisti sportivi più famose e seguite dal pubblico amante di questo sport. Salvo Aiello è reduce da una Vuelta complicata per il malore del collega, ma ha svolto comunque egregiamente il suo lavoro come sempre, raccontando le emozioni di una corsa incredibile ed imprevedibile. Ed ora le due ruote si preparano a vivere la rassegna iridata a Bergen.

Salvo, si è conclusa una Vuelta altamente spettacolare, un po’ in controtendenza con quanto visto nelle altre corse a tappe. Si può affermare che è tornato il ciclismo?

<<Lo abbiamo detto quasi quotidianamente, bentornato ciclismo. Il segnale interessante di inversione di tendenza sta nel fatto che per la prima volta dopo tanti anni più squadre hanno lavorato senza accettare la supremazia della formazione più forte. Potrebbe essere un segnale perché sarebbe di ispirazione per qualcuno. Inoltre tante fughe sono arrivate>>.

Immaginiamo che Riccardo Magrini sia stato euforico per la Vuelta corsa dal “suo” Alberto Contador.

<<Sì, si è divertito. Ha visto diverse tappe da casa e me lo ha confermato. Diciamo che è un ossimoro dire che il ciclismo è tornato con Alberto Contador alla sua ultima gara. Pensiamo che prima di andarsene ci ha lasciato questa eredità>>.

E poi l’ultima vittoria sull’Angliru è stata veramente una tappa spettacolare.

<<Direi che sono state tutte quante spettacolari, anche quella a Sierra Nevada a 2500 metri. Sull’Angliru c’è il fattore poetico, è bello che la montagna più temuta sia stata domata da Contador>>.

Chiudendo la parentesi doverosa su Alberto Contador, si può affermare che questa Vuelta si sta un ipotetico passaggio di consegne tra il madrileno e Miguel Angel Lopez?

<<In questi anni abbiamo accennato a diversi passaggi di consegne e, specialmente quando si parla di corridori colombiani, per quanto abbiano un talento straordinario, la longevità non è mai stata una loro caratteristica. Ricordo da vicino, quando facevo lo speaker, José Rujano “Pollicino”: sembrava il corridore dei successivi vent’anni. Eppure, poi non è stato così. Quindi, con i colombiani consiglio di divertirsi sul presente. Poi in futuro non mi sbilancerei in generale, anche se Lopez sembra avere qualcosa di speciale>>.

Parliamo degli italiani. Sicuramente è stata la Vuelta di Matteo Trentin e Gianni Moscon, ma va sottolineato il secondo posto di un immenso Vincenzo Nibali.

<<Vincenzo è una figura indispensabile nei Grandi Giri. Con il ritiro di Contador, rimane l’unico corridore in attività ad aver vinto tutti e tre i Grandi Giri. La sua presenza da sola è già importante. Se poi, come in questa Vuelta, ha voglia di fare il possibile, è ancora più spettacolare>>.

Due domande su Vincenzo. Secondo te, cosa è mancato a Nibali per vincere la Vuelta? Questione di gambe o squadra non all’altezza? Inoltre si parla di un 2018 incentrato maggiormente sulle classiche in vista del Mondiale. Quale idea ti sei fatto a riguardo?

<<Credo che a Vincenzo sia mancato solamente quel picco di condizione a cui è andato solo vicino. Non era un Nibali al 100% nella terza settimana. Avessimo avuto un Vincenzo completamente in forma, anche con una squadra meno forte di Sky, ma comunque ha fatto il suo, sarebbe stato diverso. E poi ho visto crescere il fratello Antonio. Questo è molto interessante. Ha dimostrato di essere un vero corridore a chi lo considerava solamente il fratello di Vincenzo. Questo è importante. Poi ognuno si collocherà laddove la natura ha deciso. Tuttavia, in generale, non direi che a Nibali è mancata la squadra, perché nei momenti topici gli è mancato solo quel quid per andare oltre un comunque fantastico secondo posto. Lì, secondo me, una squadra avrebbe potuto fare poco. Per quanto riguarda la sua intenzione di dedicarsi alle classiche, diciamo che Vincenzo ha la Liegi-Bastogne-Liegi ancora sul gozzo. Gli è stata sfilata via sul più bello da un corridore che poi è stato anche suo compagno. Ha ottenuto un secondo posto partendo lontanissimo, dalla Roche aux faucons. Ha voglia di portarsela a casa. Il Lombardia l’ha già vinto e lo può rivincere. Per quanto riguarda le altre classiche, la Sanremo è quella più difficile per lui perché non ha lo spunto dei velocisti, mentre la Roubaix è un’idea che è venuta a molti nel 2014, quando sul pavé al Tour andava davvero bene. Al Giro delle Fiandre servirebbe più esplosività. Diciamo che comunque le classiche monumento sono importantissime. Se lui vuole dedicarsi a quelle, visto che i Giri li ha vinti tutti, direi che fa bene>>.

Se Nibali si è esaltato, Fabio Aru ha fatica più del previsto in questa estate per lui travagliata. Cosa ha contribuito maggiormente a metterlo in difficoltà? I rapporti con la squadra non proprio idilliaci o una semplice condizione imperfetta?

<<Allora, partiamo dicendo che Fabio Aru non ha avuto una squadra al Tour in grado di supportarlo ed ha concluso al quinto posto. Secondo me, non viene messo in rilievo questo aspetto: essere arrivato quinto alla Grande Boucle in quelle condizioni, non avendo realmente alcun aiuto perché era sempre da solo. La squadra l’ha avuta alla Vuelta, ma aveva fatto il Tour. Ora, se parliamo di Froome come terzo uomo della storia ad aver vinto Tour e Vuelta, il calo di Aru appare normale. Semmai è eccezionale che Chris sia rimasto in forma>>.

È anche tempo di Mondiali. Che idea ti sei fatto delle convocazioni di Davide Cassani?

<<Le convocazioni di Cassani non mi hanno stupito perché gli uomini scelti hanno avuto tutto il diritto di essere chiamati a questa rassegna. Nell’avvicinamento, tra Viviani, Colbrelli e Trentin, ci sono stati segnali importanti. Ci sono state belle vittorie italiane, di qualità. Credo che miglior avvicinamento non ci possa essere. Come pronostico, per scaramanzia, visto che ci starebbe un nome italiano, ne faccio uno mitologico e scelgo Peter Sagan per la tripletta. Così tengo gli azzurri al coperto per scaramanzia>>.

Potrebbe starci anche Kristoff, che corre in casa…

<<Kristoff è un signor corridore, quando ci sono quei chilometraggi è ancora più forte>>.

Ultima domanda: un Giro, che parte da Gerusalemme e pare possa avere al suo interno salite come Zoncolan, Colle delle finestre e Tre cime di Lavaredo, potrebbe essere appetibile per Chris Froome?

<<Dico quello che penso da sempre: Froome al Giro non ha mai partecipato semplicemente perché questo metterebbe a rischio il rendimento al Tour. Questo è il vero motivo. Tutte le altre cose possono essere 100 risposte differenti. Se glielo chiedi alle 8 del mattino risponde in un modo, al pomeriggio dice un’altra cosa, se è nervoso ha un’altra reazione… Le sue frasi le conosciamo tutte. Sono situazioni estemporanee che vengono trasformate in dichiarazioni ufficiali. Io sono abbastanza controcorrente e mi trovo d’accordo con Riccardo Magrini su questo. Togliamoci dalla testa che Froome non stimi o non conosca la storia del Giro d’Italia. Questa è un’invenzione che serve ad accontentare una domanda.  Lui non è mai venuto al Giro perché correre una grande corsa prima del Tour è un rischio che non vuole correre. Questo è evidente perché il suo obiettivo è la Grande Boucle. Non va dove mette a rischio l’obiettivo principale. Quando l’obiettivo di Froome diventerà la tripla corona, verrà al Giro immediatamente. Se, invece, l’obiettivo principale restasse il Tour de France, con l’idea di vincere 5 edizioni della gara francese, allora non si vedrà in Italia. Ne sono convinto. Lui sa che basta una tappa o una scivolata e si gioca il Tour. Dobbiamo sperare che voglia fare la tripla corona. Certo, un Giro con la partenza a Gerusalemme è suggestivo. Se ci fermiamo a ragionare e superiamo il preconcetto che il Giro debba partire in Italia, è un’idea inedita, qualcosa di fresco perché per la prima volta parte lontano dall’Europa. È un’innovazione, come tante ne ha proposte la corsa rosa. Il Tour de France è la corsa più importante al mondo, ma spesso ha preso spunto dal Giro e ha fatto proprie alcune idee. Ancora una volta però gli organizzatori italiani fanno una cosa nuova>>.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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