Mercoledì sera al Teatro Manzoni di Milano è andata in scena la prima nazionale dello spettacolo “Con la testa e con il cuore si va ovunque”. Protagonista l’atleta paralimpica Giusy Versace.
CON LA TESTA E CON IL CUORE SI VA OVUNQUE
Testa e cuore. Non sono solamente le parole più risaltanti del titolo dello spettacolo diretto da Edoardo Sylos Labini, andato in scena mercoledì sera al Teatro Manzoni di Milano. C’è molto di più. Sono i due elementi maggiormente evidenti nella storia che Giusy Versace racconta agli spettatori. E non una vicenda qualsiasi: la sua storia. La favola di una ragazza ventottenne, piena di amici, gioia e sana spensieratezza, interrotta bruscamente il 22 agosto 2005 contro un guardrail della Salerno-Reggio Calabria affilato come una lama. Uno schianto in macchina costa l’amputazione delle due gambe ed una nuova vita. Giusy mostra, come se ce ne fosse bisogno, tutta la sua determinazione esordendo immediatamente con quell’incidente, che le ha cambiato l’esistenza. Sceglie di affrontare il tema in maniera diretta, senza tirarsi indietro o fare lunghi giri prima di arrivare al drammatico evento. Decide persino di presentarsi inizialmente senza protesi davanti al pubblico in sala. Una presa di posizione forte, ma coerente con il suo modo di fare e con il procedere dello spettacolo. Diretta, schietta e decisa, racconta senza veli il suo calvario. Non appare nemmeno intimidita dal debutto teatrale. Ed effettivamente, ripensando a quanto ha vissuto, alle vicissitudini successive a quel 22 agosto, la prima apparizione su un palcoscenico non dev’essere poi così complicata.
PAURA E RESURREZIONE
Giusy non ha paura. Non la ostenta mai. Racconta, invece, le proprie debolezze e fragilità, accompagnate dalla musica e dal testo della canzone “La cura” di Franco Battiato, eseguita da Daniele Stefani. Sulle note del cantante siciliano, l’atleta paralimpica ed il ballerino Raimondo Todaro inaugurano una serie di passi di danza volti ad interrompere la narrazione, aggiungendo ulteriore pathos ad una vicenda già molto intensa. Sono balli che si integrano con il racconto, che parlano di sofferenza, lotta tra morte e vita, positività, amore ed immancabile ironia. Il post incidente è un percorso a tappe. C’è un capitolo dedicato alla riabilitazione, intensa e dolorosa, vissuta tra il confronto con gli altri disabili e la lotta contro il pregiudizio dei normodotati. Giusy si racconta con schiettezza ed autoironia, specialmente quando parla dell’incontro con l’attuale fidanzato Antonio, presente sul palco.
FEDE, ATLETICA E… UN NUOVO FUTURO?
La trama, concentrata principalmente sul primo anno di cure e terapie, subisce un’improvvisa accelerazione. La ventottenne scioccata per la sua vicenda lascia spazio ad una donna sempre più convinta e determinata con trascorrere degli anni. Si parla anche di fede, di preghiere verso Dio, di un’iniziale ed umana incapacità nell’accettare la sua condizione di mutilata. L’essere credente è una componente importante nella crescita della Versace, come da lei stessa sottolineato, riproponendo un filmato della sua visita a Lourdes. Ed infine c’è spazio per l’atletica, dove emergono ulteriormente la caparbia volontà, figlia di un intenso sforzo mentale, ed il cuore, che batte all’unisono con quello del fratello e di tutti coloro che negli anni l’hanno sostenuta. Scorrono le immagini delle sue imprese sportive. Poi Giusy traccia un ideale bilancio dei suoi primi 40 anni. Ne emerge una profonda consapevolezza di sé ed una grande capacità di introspezione. Il debutto da attrice è indubbiamente più che positivo. Che si prospetti una nuova carriera oltre a quella da atleta?
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