Era la medaglia più attesa dalla scherma in questa edizione delle Paralimpiadi estive appena andate in archivio a Rio De Janeiro. E Beatrice Maria Vio, per tutti Bebe, non ha tradito: oro nel fioretto individuale Categoria B, e un ruolo da trascinatrice nella gara a squadre, chiusa al terzo posto. Un bronzo storico, da condividere e festeggiare con le compagne di mille battaglie, Loredana Trigilia e Andreea Mogos. Un premio alla carriera per la siciliana Trigilia, trapiantata ormai a Roma da anni, il modo migliore per festeggiare la prima Paralimpiade da parte della Mogos, che in Italia ha trovato una seconda patria, e che, fioretto in mano, sogna di diventare forte come la sua idola Elisa Di Francisca. Per la nativa di Vaslui, è la quarta medaglia internazionale in una competizione a squadre dopo l’oro e l’argento agli Europei (2014 e 2016) e il bronzo Mondiale (Eger 2015)
Quanto a Bebe, la sua gioia incontenibile e quell’urlo di liberazione dopo l’ultima stoccata resteranno per sempre impresse come le immagini simbolo della Paralimpiade brasiliana: perché se è vero, come detto in apertura, che la sua medaglia era la più attesa e – aggiungiamo – pressoché data per certa alla vigilia, è altrettanto vero che dalla carta all’effettiva certificazione c’è di mezzo una gara. Con le sue insidie e le sue trappole, come abbiamo potuto vedere già alle Olimpiadi: ebbene, Bebe, ha domato le avversarie con classe e una ferocia agonistica spaventosa, concedendo giusto le briciole. A partire dalla pool scollinata con 5 vittorie per 5-0 in altrettanti assalti, il 15-6 nei quarti di finale, il 15-1 con cui ha strapazzato la cinese Yao in semifinale per chiudere in bellezza contro un’altra cinese Jingjing Zhou.
A diciannove anni, Bebe si trova campionessa di tutto ed è fra le più grandi della scherma paralimpica e non solo: campionessa d’Europa nel 2014 e nel 2016, campionessa del Mondo nel 2015 dopo aver vinto anche il Mondiale Under 17. Un vero e proprio tornado che travolge tutto quello che trova attorno a sè: in pedana, grazie al suo fioretto, fuori da essa grazie alla sua travolgente voglia di vivere che fa si che nessuna sfida possa far paura.
Non ha portato invece medaglie la delegazione al maschile: Matteo Betti e Alessio Sarri non sono riusciti a confermare il bronzo conquistato a Londra, trovando sempre nei quarti di finale l’ostacolo insuperabile. Stesso discorso per Alberto Pellegrini ed Emanuele Lambertini – quest’ultimo esordiente assoluto in una Paralimpiade a 17 anni e con tante buone prospettive per il futuro – mentre Marco Cima trova ancora sul più bello la porta sbarrata. Un cuore grande così non basta allo schermidore di Vetralla per arpionare un podio che già a Londra si era rivelato per due volte stregato. Troppo forte la delusione per la sconfitta in semifinale all’ultima stoccata contro il cinese Feng, maturata al termine di una rimonta entusiasmante in cui l’azzurro era riuscito a risalire sul 14-14. Il 15-4 nella finalina, rimediato dal francese Valet, è figlio più di un crollo psicologico più che di eventuale gap tecnico.
L’Italia esce da Rio con un’egual quantità di medaglie rispetto a Rio, ma con un netto trend positivo sotto l’aspetto qualitativo grazie all’oro di Bebe. E proprio dalla fuoriclasse di Mogliano Veneto si riparte per un nuovo quadriennio con vista su Tokyo, con la speranza che la storia e i successi della Vio possano essere da ispirazione per molti altri, ragazze e ragazzi, che vogliano cercare nello sport (nello specifico, nella scherma) una via per riprendersi quello che il destino e la vita han loro tolto.