Da Luca Lovelli, il nostro inviato alle Olimpiadi
La nostra intervista a Diana Bacosi, argento azzurro nel tiro a volo a Tokyo 2020.
Quali sono le sensazioni dopo cinque anni?
“Dopo cinque anni sono ancora qua, e devo dire che l’emozione è tanta. Avevo voglia di riconfermarmi e di fare bene di far vedere ancora una volta chi sono sportivamente. Ho ancora tanto da dare e sono più che soddisfatta”.
Ti aspettavi forse la medaglia più alta? Hai avuto sfortuna proprio nell’ultima serie
“Si negli ultimi dieci piattelli purtroppo la testa mi ha giocato un brutto scherzo. Più cercavo di concentrarmi e distaccarmi dal pensiero di arrivare prima sul podio, e più quel pensiero ritornava insistentemente, però alla fine ho portato a casa una medaglia”.
A chi la dedichi questa medaglia? Molti quest’anno hanno scelto di dedicare la vittoria ai nonni
“Non voglio essere banale, ma la dedico a tutti gli italiani, a tutti noi, perché conoscendo i nostri caratteri abbiamo sofferto tanto lo stare lontani, tanto il nostro avvicinamento. Abbiamo sempre resistito e reagito alle difficoltà di questo periodo, cantando dai balconi e sostenendoci. La mia medaglia è per tutti noi”.
C’è stato un momento in cui hai pensato alle varie difficoltà di gareggiare con queste restrizioni? Quanto ha influito la pandemia sulla tua preparazione mentale?
“Io ho avuto un blocco, non sapevo più come reagire a questa situazione nel periodo da gennaio a marzo/aprile. Non riuscivo a ritrovare la gioia nell’andare all’allenamento, avevo paura di entrare in contatto con qualcosa o portare a casa qualcosa che danneggiasse mio figlio. Quando uno vive con la paura e non è sereno finisce per non fare le cose volentieri. Ho passato un periodo brutto, e alcune volte mi sono rinchiusa in casa senza uscire. Ritornare alla normalità, che ancora non c’è completamente, non è stato facile ma anzi è stata molto dura”.
Quando si sbaglia un colpo importante, come riesci a ritrovare la concentrazione?
“Non è facile, bisogna convincersi che lo sbaglio c’è stato, ma è passato e non si può tornare indietro. Bisogna concentrarsi e prepararsi su ciò che si farà dopo, ma bisogna essere convinti, perché il passato non si può cambiare”.
Il tiro è sempre una sfida all’ultimo colpo, cosa succede nella testa di voi atleti in quel momento?
“Dentro abbiamo una guerra con noi stessi e le nostre emozioni. Non è tanto il piattello o centrare il bersaglio, è la guerra interiore con noi stessi. Lo descriverei utilizzando la parola infinito”.
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