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Le lacrime di Alex Schwazer dopo la prima positività all’antidoping (foto AFP/Thyssot)

La marcia di Schwazer finisce a Rio. Non in strada come si sarebbe immaginato lui, bensì in un’aula giudiziaria. Il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna ha assecondato le richieste della Iaaf e sulla carriera del marciatore cala il sipario. Otto anni di stop sono un macigno e sanciscono la fine delle speranza dell’altoatesino di gareggiare a Rio de Janeiro. Alex voleva riscattarsi dopo l’errore di quattro anni fa, ma il tribunale gli ha negato questa possibilità. Colpa di quel controllo antidoping discusso, di quella provetta, inizialmente negativa e poi considerata positiva. Si conclude la vicenda, ma non terminano qui le polemiche.

Il caso potrebbe archiviarsi a breve, ma la sua chiusura non basta ad eliminare le tante e lunghe ombre che avvolgono l’atletica. Il movimento capeggiato dalla Iaaf ha perso credibilità in questi ultimi mesi. Vittima di del suo stesso modus operandi, contraddittorio e confusionario per diversi aspetti. La vicenda di Schwazer ha scoperto tante problematiche, che non sono state affrontate in tribunale, ma meriterebbero una spiegazione sensata per tutti gli appassionati di questo sport. Com’è possibile che un giudice si intrometta, consigliando ad un allenatore un determinato risultato finale di una competizione? Perché ci sono penalità inflitte ad un’atleta risultata positiva ad una sostanza dopante talmente blande da non sembrare punizioni? Quale criterio è alla base delle sanzioni comminate? Domande che prescindono dall’essere complottisti.

Serve chiarezza. Non si può archiviare con semplicità questa vicenda, trovando un colpevole da punire. La credibilità non si acquista solamente con una puntuale applicazione della giustizia, aspetto su cui la Iaaf è spesso ineccepibile. Si può essere credibili anche facendo chiarezza su tante zone d’ombra che possono sorgere all’interno di un sistema. Il caso Schwazer rappresenta una falla all’interno di questo meccanismo, non solamente per la complessità della vicissitudine, ma anche per tutte le problematiche che ha portato in superficie. Serve chiarezza, subito. Altrimenti ad uscire con le ossa rotte sarà solamente l’atletica stessa. Un risultato che tutti gli appassionati eviterebbero volentieri.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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