1471676635860.JPG--rio2016__italvolley_in_finale_trascinata_dal__perugino__zaytsev

Il sogno è svanito. Di nuovo. Ancora una volta. Il magnifico volo azzurro dell’ItalVolley maschile si stampa contro il muro coriaceo del Brasile. Un ostacolo duro e quasi insormontabile, rinforzato se possibile dalla spinta di un pubblico caloroso e da una serie di episodi controversi. 3-0 il punteggio finale di una sconfitta tra le più bugiarde ed amare della storia della nazionale italiana di pallavolo. L’immagine finale offerta dal Maracanazinho, con la festa dei carioca e le lacrime di uno sconsolato Osmany Juantorena sono il ritratto di una serata a suo modo unica ed indimenticabile.

Da una parte c’è un paese finalmente in trionfo. Il Brasile ha sognato e progettato una vittoria schiacciante, che potesse far dimenticare le amarezze degli ultimi impegni internazionali (nessun successo da 6 anni a questa parte, tra Mondiali, World League e, appunto, Giochi Olimpici). Tutto era stato preparato per vedere la marea gialla festeggiare la conquista della tanto agognata medaglia d’oro. Un modo per non pensare alla caotica situazione politica ed economica. I padroni di casa hanno rischiato di uscire prematuramente nel corso della fase a gironi, battuti dall’Italia e dagli Stati Uniti. Poi la vittoria contro la Francia e la cavalcata verso la finale. Un cammino infarcito da successi netti, un gioco corale migliorato e qualche aiuto di troppo dagli arbitri. Infatti, la direzione di gara nei match contro la Russia e l’Italia è destinata a far discutere: punti discutibili assegnati a favore dei verdeoro senza grossi dubbi, ripetizioni di azioni già concluse sfavorevolmente per i brasiliani. In finale nemmeno l’impiego del challenge e della moviola ha impedito decisioni a dir poco “dubbie”. L’esito delle due sfide, in particolare dell’ultimo atto, è stato inevitabilmente condizionato. Il Brasile sognava questo epilogo ed alla fine tutto è andato come i padroni di casa si auguravano.

Dall’altra parte della rete, gli azzurri piangevano amaramente. Il sogno olimpico, ancora una volta, è svanito sul più bello. È una sconfitta diversa da quella di 12 anni fa ad Atene. Allora, l’Italia si era inchinata ad un Brasile di extraterrestri, nel pieno del suo ciclo rivoluzionario e vincente. Stavolta i più forti erano gli uomini di Blengini. Juantorena si è rivelato il campione che mancava a questa nazionale, togliendo pressione agli altri compagni. L’italo-cubano è stato l’uomo copertina insieme ad Ivan Zaytsev, il fenomeno figlio d’arte, capace di stregare un intero paese a suon di ace e schiacciate, ben assistito dal baby prodigio Simone Giannelli. E che dire delle prodezze di Massimo Colaci, dei muri vincenti di Simone Buti, dei servizi velenosi di capitan Emanuele Birarelli, della potenza di Filippo Lanza, del contributo silenzioso ma preziosissimo di Salvatore Rossini, Luca Vettori, Matteo Piano, Pasquale Sottile ed Oleg Antonov? Ognuno di loro ha dato qualcosa a questo viaggio così incredibile e straordinario. Ciascuno di questi azzurri ha versato sudore e speso ogni energia, credendo fermamente in un sogno che, pallone dopo pallone, azione dopo azione, set dopo set, partita dopo partita, si è concretizzato sempre di più. È stato tremendamente emozionante schiantare contro ogni pronostico la Francia, zittire per una volta il Maracanazinho contro il Brasile, superare gli USA per due volte, tra girone e semifinale. Ancora una volta all’ultimo atto è mancato qualcosa. Un epilogo tristemente simile a quello del 1996, quando la Generazione di fenomeni di Velasco si arrese all’Olanda, la bestia nera di allora. Un po’ come questo Brasile, che da troppi anni ci regala amarezze nelle fasi ad eliminazione diretta. Sognavamo di scongiurare la maledizione olimpica, vendicando la beffa in semifinale nel nostro mondiale, nel 2010.

Non è stato così, ma il volo azzurro ha raggiunto ugualmente un risultato: ha fatto sognare milioni di appassionati, ha avvicinato a questo sport tantissimi spettatori. Ha fatto gioire e piangere un paese intero. Mai come in questa occasione, tutta l’Italia si è fermata per assistere ad una partita di volley. I ragazzi di Blengini non torneranno a casa con l’oro, ma con l’affetto e l’ammirazione di un’intera nazione, a loro grata per aver vissuto un sogno. Un sogno dal finale amaro, è vero, ma così maledettamente incantevole da essere ricordato.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

    Potrebbero anche piacerti...

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *