L’ombra del doping continua a colpire la Russia: il paese rischia l’esclusione dalle Olimpiadi di Tokyo 2020, e non solo. Si studia una lunga squalifica da ogni competizione internazionale.
RUSSIA E DOPING: LE ORIGINI DEL CAOS
La Russia e il doping, una lunga storia che non sembra destinata a interrompersi. Il caso scoppiò nel 2014: a lungo si erano agitati sospetti sulla federazione russa, ma non si trovavano mai prove riguardo alle presunte violazioni. La tv tedesca Ard aprì gli occhi a tutti nel 2014, con un documentario che era un’autentica accusa contro il sistema-doping statale della Russia e i vari metodi per aggirare l’antidoping e/o occultare le positività ai controlli nelle discipline estive e invernali. Tutto partì dalle testimonianze del dipendente della Rusada Vitaly Stepanov e della moglie Yuliya Stepanova, mezzofondista: le loro dichiarazioni riguardo al sistema russo portarono la Iaaf a sospendere la federazione russa dalle gare e cancellare tutti gli eventi sportivi in Russia del 2016. In più, scoppiò il caso-Sochi, grazie al rapporto McLaren, basato sulle dichiarazioni dell’ex direttore del laboratorio WADA di Mosca Grigory Rodchenkov (coprotagonista di Icarus): Rodchenkov svelò che tutti i test degli atleti russi nelle Olimpiadi invernali di Sochi 2014 erano stati alterati con un sofisticato sistema di scambio delle provette incriminanti con altre “pulite”, ovviamente dopo essere fuggito negli USA ed essere entraot nella protezione-testimoni.
Il rapporto McLaren, che riguardava tanto le Olimpiadi quanto le Paralimpiadi, divenne pubblico alla vigilia di Rio 2016, e la WADA lasciò la decisione alle singole federazioni: solo atletica e sollevamento pesi vennero banditi in toto, con l’unica eccezione di Dalya Klishina che gareggiò sotto la bandiera del CIO perchè “pulita” da anni e di base negli Stati Uniti. Fu più duro, invece, il Comitato Internazionale Paralimpico (IPC): la Russia è stata infatti esclusa dalle Paralimpiadi di Rio 2016 e dalle Paralimpiadi invernali di PyeongChang 2018. Più morbida la mano del CIO, che privò gli atleti della bandiera russa, ma li fece gareggiare sotto la propria con la dicitura “Olympic Athletes from Russia”: la spedizione vinse due ori a PyeongChang (Alina Zagitova e l’hockey). Tutto sembrava concluso dopo le “restrizioni” attuate a PyeongChang 2018, invece la Russia è stata colpita da un altro scandalo, che potrebbe distruggerne definitivamente la reputazione.
NUOVO SCANDALO-DOPING PER LA RUSSIA: ESCLUSIONE DA TOKYO 2020 E LUNGA SQUALIFICA?
Lo scandalo non si ferma, e forse non si fermerà mai. Nonostante le belle parole seguite al rapporto McLaren e all’esclusione (parziale) da Rio 2016, la Russia non ha assolutamente cambiato registro. Il laboratorio antidoping di Mosca e le autorità di vigilanze russe, infatti, hanno continuato ad alterare e manipolare le analisi di migliaia di campioni biologici degli atleti russi, anche nel periodo recente e dopo lo scandalo-Sochi. L’ha certificato il rapporto della Commissione d’inchiesta istituita dalla WADA, che ha per l’ennesima volta messo a nudo la connivenza dello stato, che resiste ai tentativi di sradicare il sistema-doping russo. A nove mesi dalle Olimpiadi di Tokyo 2020, questa è l’ennesima mazzata alla già ridotta credibilità russa. Come ha dichiarato il presidente della Rusada Yuri Ganus, “Stiamo entranto in una nuova fase della crisi antidoping della Russia, che durerà almeno quattro anni”. La proposta arrivata sul tavolo dei maggiori organismi internazionali è durissima nei confronti del paese: squalifica di quattro anni da tutte le competizioni sotto l’egida del CIO.
La Russia verrebbe quindi esclusa da Olimpiadi e Paralimpiadi di Tokyo 2020, e dalla rassegna invernale di Pechino 2022, tornando in gara a fine 2023. Spetterà all’esecutivo della WADA, che si riunirà a Parigi il 9 dicembre, decidere se ratificare o meno la sospensione della Russia da ogni competizione sportiva. Dovrebbe però, come riportano i principali quotidiani sportivi, trattarsi di una semplice formalità: troppe e troppo dettagliate le prove delle violazioni russe. A quel punto, se la Russia verrà esclusa dai Giochi, avrà tre settimane per presentare un eventuale ricorso, oppure accettare la sanzione: quel che è certo, è che non dovremmo vedere in gara gli atleti “neutrali” come a PyeongChang. Un’intera generazione di sportivi russi perderebbe così la possibilità di gareggiare alle Olimpiadi, pagando per le colpe dello stato e di un sistema-sport corrotto. Nell’atletica, questo è di fatto già una realtà: dopo tre anni di sospensione, qualche giorno fa la IAAF si è vista proporre dal Council di World Athletics l’espulsione della Federazione atletica russa e il blocco della riabilitazione dei cosiddetti atleti “neutrali”. La Russia è nei guai, e difficilmente si salverà stavolta: il bando sportivo nei confronti del paese è in arrivo.