Nuove dichiarazioni scuotono il movimento ciclistico. Stavolta le accuse provengono da Barry e riguardano nello specifico il team Sky. Abuso di farmaci o somministrazioni saltuariamente oltre la norma?
Nubi dense sul ciclismo. Dopo la relativa quiete degli ultimi mesi, torna alla ribalta il problema del doping. Si è tanto parlato delle possibili furbate tecnologiche, come motorini elettrici, per permettere ai corridori di mantenere velocità elevate per diversi chilometri. Stavolta, la vera bomba arriva dalle dichiarazioni di Michael Barry al giornale The Telegraph.
UN PASSATO INGOMBRANTE
Michael Barry è stato un ciclista professionista tra il 1999 ed il 2012. Ha ottenuto modesti risultati, imponendosi perlopiù in corse minori. Ha gareggiato nella US Postal (poi Discovery Channel) di Lance Armstrong, squadra divenuta tristemente nota per lo scandalo doping che ha investito e distrutto la carriera del cowboy texano. Dal 2010 al 2012 ha corso nel team Sky. Dopo il suo ritiro, la USADA lo ha squalificato in seguito all’estensione dell’inchiesta relativa al sistema dopante presente nell’entourage dell’ex sette volte vincitore del Tour de France. Michael ha ammesso di aver utilizzato sostanze proibite dal regolamento nel momento della sua permanenza nella formazione recante il nome delle poste statunitensi. La squalifica rimediata gli valse la cancellazione di tutti i risultati ottenuti tra il 13 maggio 2003 ed il 31 luglio 2006. Ora Barry lavora nel negozio di biciclette di famiglia a Toronto.
UN DENUNCIA SCIOCCANTE
Michael è tornato sulla sua carriera, denunciando il fenomeno del doping in un’autobiografia. L’ex ciclista ha ripreso questo argomento nel corso di un’intervista rilasciata a The Telegraph, ponendo l’accento sull’uso smodato di farmaci, con l’intento di migliorare le prestazioni sportive. Un aspetto portato alla luce dall’inchiesta di Fancy Bears. Ecco le parole di Barry: “Nel doping c’è un bianco e c’è un nero. La Sky è arrivata nel nero? A mio parere no, ma è in una zona grigia. L’uso di antidolorifici cade in quella zona, il tramadolo è in quella zona. Alla Sky sono stato bene, ho vissuto una bella esperienza, ma eticamente ho avuto delle discussioni sull’uso del tramadolo e dei sonniferi, soprattutto quando si vedono i corridori più giovani che abusano di questa roba così pesante. Ho chiesto ad un medico come si sarebbe sentito se ad un corridore caduto fosse stato trovato un farmaco che non deve essere consumato prima di guidare un veicolo. È rimasto in silenzio. Gli ho chiesto come si sarebbe sentito se questo corridore fosse morto ed è rimasto ancora in silenzio”.
COME MAI IL TRAMADOLO?
Al centro di questa denuncia c’è l’uso ingiustificato del tramadolo. Si tratta di un farmaco analgesico oppioide sintetico, che opera a livello del sistema nervoso centrale. Permette di alzare la soglia del dolore, evitando di avvertire fatica e stress. Non mancano gli effetti collaterali, come la sonnolenza ed il senso di vertigini. Dunque, non si esclude nemmeno che le tante cadute possano essere causate dall’abuso di questa sostanza.
OMBRE SUL TEAM SKY: CONSEGUENZE PER GLI AZZURRI?
Di fronte alle dichiarazioni di Barry, si allungano ombre inquietanti sul team Sky. La squadra inglese di Dave Brailsford aveva già attirato i sospetti di molti addetti ai lavori per le prestazioni straordinarie di Bradley Wiggins e Chris Froome, vincitori rispettivamente del Tour de France 2012 e delle Grande Boucle 2013, 2015 e 2016. Entrambi erano finiti nel mirino di Fancy Bears proprio per il permesso di utilizzare alcuni farmaci teoricamente proibiti. Erano anche emerse voci di un possibile utilizzo della camera ipobarica da parte di Wiggins. Aveva fatto discutere l’uso di un medicinale antiallergico (salbutamolo?), mai del tutto specificato, da parte di Froome al Giro di Romandia nel 2014. Finora, però, tutto si era limitato a wattaggi notevoli, ma privi di preoccupazioni fondate. Se dovessero essere confermati questi sospetti, ci potrebbero anche essere conseguenze per alcuni atleti azzurri, come Gianni Moscon, Salvatore Puccio, Elia Viviani, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio 2016, e, da poco, anche Diego Rosa, punta del movimento azzurro.