In un’Italia che non aveva ancora conosciuto la globalizzazione e che nel 1982 era appena salita sul tetto del Mondo conquistando il terzo titolo mondiale nel calcio, se ti chiamavi Rossi di cognome era impossibile non pensare a quel Paolo che, sui campi di gioco, aveva fatto innamorare tutta Italia: la stragrande maggioranza dei ragazzi dell’epoca, spinti dalla fama del Pablito Nazionale, dirigevano il loro interesse verso il pallone rotondo.
In quell’ormai lontano 1982, invece, in quell’estate caldissima di passioni sportive e non solo, in provincia di Lecco un giovane Rossi, di nome Antonio, decide di avvicinarsi alla canoa e più specificatamente al kayak. Come lui stesso ha rivelato recentemente in un’intervista presso una scuola primaria di Molteno, ha “iniziato ad andare in canoa tra i 12 e i 13 anni. Mi piaceva moltissimo e mi divertivo. Il mio allenatore mi faceva fare tanti sport e così ho costruito tutti i muscoli del mio corpo. Agli inizi non riuscivo a vincere nemmeno un campionato regionale, ma l’importante per me era gareggiare dando il meglio di me stesso“.
A soli quattordici anni, quando ancora frequentava il Liceo Scientifico, Antonio Rossi si unisce per la prima volta alla Canottieri Lecco, la sua prima società. Mai avrebbe potuto immaginare quello che la Storia aveva in serbo per lui dopo questa scelta, sicuramente controcorrente come piaceva a lui.
I duri allenamenti del tecnico Giovanni Lozza, che occupavano i pomeriggi del liceale Antonio, portarono presto i loro frutti: nel 1988, infatti, non ancora ventenne, Rossi entra nel gruppo sportivo delle Fiamme Gialle della Guardia di Finanza. E’ solo l’inizio di una carriera brillante e colma di successi: dopo aver guardato da casa le Olimpiadi di Seul, la prima occasione a cinque cerchi arriva solo quattro anni più tardi, a Barcellona.
Per un atleta polivalente come lui, partecipare a praticamente le specialità della canoa olimpica non è un problema, e non è un caso che arrivi subito la prima gioia in una Olimpiade: nel K2 500m, in coppia con Bruno Dreossi, il giovane lecchese conquista un bronzo, prima gioia di una lunga serie a cinque cerchi.
Quattro anni dopo, nelle Olimpiadi di Atlanta 1996, quelle della maturità sportiva, a 28 anni si innalza sulla vetta del palcoscenico canoistico mondiale: prima soddisfazione individuale con l’oro nel K1 500m, poi bis olimpico con la sua specialità, il K2 1000m. In coppia con Daniele Scarpa otterrà il primo oro azzurro, bissato quattro anni dopo a Sydney in coppia con Beniamino Bonomi. Fu un’impresa storica per il movimento olimpico italiano, festeggiata così in uno dei momenti storici del giornalismo sportivo e della televisione italiana:
Nella voce strozzata in gola di Giampiero Galeazzi c’è la gioia e l’esultanza dell’Italia intera, orgogliosa di un’impresa storica, in una specialità che certamente non è mai stata così azzurra come durante la carriera di Antonio, che si arricchirà con un’ultima medaglia olimpica: nelle Olimpiadi di Atene 2004, infatti, la coppia Bonomi-Rossi non riuscirà a difendere il titolo olimpico conquistato quattro anni prima. Dovranno accontentarsi di un argento, l’ultima medaglia che mancava al palmares olimpico di Antonio.
La sua carriera olimpica si chiuderà con l’infruttuosa partecipazione a Pechino 2008 (eccezion fatta per il suo ruolo di portabandiera azzurro), ma il suo palmares vanta non solo titoli olimpici: nei Mondiali da lui disputati, otterrà 3 ori, 3 argenti e un bronzo; negli Europei un oro e due bronzi, l’ultimo nel 2008. Mai ufficialmente ritirato, dal 2009 si dedica principalmente all’attività politica: prima diviene Assessore allo Sport nella Provincia di Lecco, poi nel 2013 entra a far parte della Giunta Regionale della Lombardia, sempre come Assessore allo Sport.
Il giusto coronamento di una carriera, quella sportiva, di un Rossi che ha sempre saputo sfidare la corrente.