Un caso doping inquietante scuote il movimento dilettantistico del ciclismo. Un’intera formazione è coinvolta, ma le indagini potrebbero estendersi ulteriormente.
DOPING DI SQUADRA: IL CICLISMO RIPIOMBA NELL’INCUBO
EPO, ormone della crescita ed antidolorifici a base di oppiacei. Questo è il cocktail che i dirigenti della Altopack Eppela, squadra dilettantistica italiana, somministravano ai propri ragazzi tra una competizione e l’altra. Un mix di sostanze vietate che avrebbe permesso agli atleti di migliorare le proprie performance. A smascherare il complesso sistema doping ci ha pensato la Polizia di Lucca e del Servizio centrale operativo, che già stava indagando sulla morte del lituano Linas Rumsas, avvenuta in data 2 maggio 2017 ed alla base della scoperta del traffico di doping in famiglia. I risultati conseguiti dal ragazzo nelle settimane precedenti hanno spinto gli inquirenti a fare altri accertamenti, scoperchiando il vaso di Pandora. Le perquisizioni di Lucca, Pistoia, Livorno e Bergamo hanno permesso il reperimento di 25 fiale di Epo, siringhe, aghi butterfly, cateteri e flaconi di coadiuvanti dell’Epo. Sono finiti agli arresti Luca Franceschi, presidente del team, i genitori Narciso Franceschi e Maria Luisa Luciani, proprietari dell’abitazione messa, stabilmente, a disposizione degli atleti per le pratiche dopanti, il Direttore Sportivo della squadra Elso Frediani, il preparatore atletico ed ex corridore Michele Viola ed il farmacista Andrea Bianchi. Sono indagati anche un medico sportivo, la donna che forniva le sostanze vietate ed un avvocato, oltre ai ciclisti che componevano la squadra nel biennio 2016/17. Ma l’aspetto peggiore di questa inquietante vicenda è l’incoraggiamento continuo del presidente ai propri ragazzi affinché violassero le regole ed assumessero dopanti per migliorare le proprie prestazioni.
UN PROBLEMA CHE TORNA A GALLA
Purtroppo, la piaga doping che tanto vessa il ciclismo si sta rivelando molto più ampia di quanto si possa immaginare. C’è chi ricorre a medicinali di ogni sorta o al celebre “doping tecnologico”. Escamotage vari per essere performanti per 365 giorni all’anno. Ormai, sono sempre maggiori i casi di dilettanti o giovani atleti in rampa di lancio. Addirittura, nel giugno dello scorso anno, un quattordicenne venne sospeso dal Coni per essere risultato positivo ad un anabolizzante. Un caso scioccante per la precoce età del ragazzo. Il fenomeno è inquietante e spaventa soprattutto per la maggiore frequenza di episodi simili tra i più giovani. Un dato allarmante per gli anni futuri. Si sta smarrendo la passione per questo sport per fare spazio alla voglia di vittoria ad ogni costo, incuranti dei rischi che si corrono violando le regole e dei danni per la propria salute. Forse, l’unica soluzione per iniziare a guarire almeno le prossime generazioni è l’affiancamento di figure sicure e lontani dallo spettro del doping. Servono persone che sappiano trasmettere il proprio amore per la disciplina, anteponendo il sentimento alla bramosia di successo.