Un lampo a Torino 2006 e poi il vuoto. Ora però i risultati parlano chiaro: l’Italia del pattinaggio è tornata. Come è possibile raggiungere certi livelli senza strutture in cui allenarsi e con una manciata di tesserati, alcuni dei quali “rubati” alle rotelle?

Enrico Fabris è il pattinatore più vincente della storia italiana con due ori e un bronzo vinti alle Olimpiadi di Torino 2006

Enrico Fabris, il pattinatore più vincente della storia italiana

MARCHETTO E FABRIS: I RE MIDA DEL GHIACCIO

Herenveen ed Erfurt. Queste sono due tra le principali città nelle quali ogni anno la nazionale italiana di pattinaggio di velocità si raduna per fare la preparazione.

Già, Olanda e Germania. Paesi che dispongono di strutture al chiuso adeguate all’interno delle quali forgiare campioni assoluti del calibro di Sven Kramer e Claudia Pechstein, giusto per citare due tra i più grandi pattinatori di tutti i tempi.

Se per i Paesi Bassi le lame sul ghiaccio sono una religione al pari del nostro calcio, in Italia non disponiamo di strutture coperte per permettere ai nostri atleti di allenarsi tra i nostri confini.

Dopo la chiusura dell’Oval di Torino, impianto realizzato in occasione delle Olimpiadi 2006 ora adibito solamente a fiere ed eventi, sono rimaste solo le piste all’aperto di Baselga di Pinè (Trento) e Collalbo (Bolzano). Ed è proprio nel comune sudtirolese dove la squadra olandese viene spesso a fare i pre-ritiri prima di rientrare in patria per la preparazione vera e propria.

Nell’anno dei Giochi svolti nel capoluogo piemontese l’Italia contava meno di 300 tesserati mentre l’Olanda 150.000. Grazie agli straordinari risultati di Enrico Fabris (2 ori e un bronzo in quell’edizione) il Belpaese scoprì l’esistenza di uno sport che fino a quel momento era pressoché sconosciuto.

Da allora, però, i numeri non sono praticamente cambiati e il materiale umano a disposizione della Federazione è sempre stato molto limitato. Una Federazione che spesso ha dovuto attingere anche dal pattinaggio a rotelle per reclutare nuove leve da inserire nel proprio team.

Ed è qui che entra in azione Maurizio Marchetto, autentico Re Mida del movimento. Dopo aver seguito lo stesso Fabris in qualità di capo allenatore della nazionale e averlo consegnato alla storia dello sport dopo quella fantastica avventura torinese, ha abbandonato il ruolo di ct dopo Vancouver 2010 per volare in Russia, salvo poi rientrare nei ranghi nel 2015.

5 anni di vuoto nei quali l’Italia non ha ottenuto alcun risultato di rilievo in campo internazionale.

Dopo il suo ritorno la musica è cambiata. Enrico Fabris è ora al suo fianco, insieme all’ex compagno di squadra Matteo Anesi, in qualità di vice e di capo allenatore della nazionale juniores.

E dire che il loro rapporto qualche anno prima ha rischiato di incrinarsi irrimediabilmente dopo la cacciata dell’olimpionico da un ritiro ordinata dallo stesso Marchetto perché non aveva gradito che il suo atleta avesse deciso di prendere parte alla Maratona delle Dolomiti.

Invece i due ora sono più uniti che mai e lavorano in perfetta sintonia. A gennaio, la nazionale juniores ha vinto 7 ori ai mondiali di categoria di Innsbruck, conquistando anche il medagliere generale, di cui 6 in campo maschile e arrivando davanti anche alla corazzata oranje.

Tra i grandi invece nell’ultima stagione sono arrivati diversi successi in Coppa del mondo e ottimi risultati agli Europei di gennaio disputati Kolomna (Russia), con due argenti e due ori conquistati rispettivamente da Francesca Bettrone, Andrea Giovannini, Francesca Lollobrigida e da un Nicola Tumolero che, da oggi, è salito alle luci della ribalta per il bronzo olimpico nei 10.000 metri.

TUMOLERO E I SUOI FRATELLI

Un terzo posto conquistato non nella sua distanza prediletta e lasciandosi alle spalle il cannibale Sven Kramer. Per il 23enne Nicola Tumolero è appena arrivata una medaglia storica per il movimento italiano, perché nessun azzurro prima di lui era mai riuscito a salire sul podio nei 10.000 metri alle Olimpiadi.

Erede di Fabris? Ancora presto per dirlo. Entrambi sono di Roana, piccolo comune vicentino di 4000 anime. Inevitabile che tra i due si sia quindi creato un certo feeling.

Appesa la medaglia al collo, il giovane ragioniere veneto attende ora risultati importanti anche dai suoi compagni di nazionale che puntano forte sulla mass-start.

Che questo sia solo l’inizio dunque. La storia del pattinaggio dai pochi numeri ma dalle idee chiare e dai progetti vincenti merita un indimenticabile lieto fine.

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Luca Lovelli
Giornalista e conduttore televisivo. Fondatore e direttore responsabile di Azzurri di Gloria. Amo viaggiare, con la mente e con il corpo.

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