È tempo di bilanci anche per il ciclismo azzurro, a partire dal suo miglior rappresentante. Lo Squalo dello stretto ha conquistato il Giro d’Italia con un epilogo clamoroso, ma nutre parecchi rimpianti per la gara olimpica.
ALTI E BASSI
Si può affermare che il 2016 di Vincenzo Nibali si sia deciso in discesa. Nel bene o nel male, le sue vicende sono legate all’abbassarsi della strada sotto le sue ruote. Non è una novità, dato che la sua carriera è ricca di tonfi e trionfi, ma mai come quest’anno gli alti e bassi sono avvenuti grazie ad un episodio fortunato o meno avvenuto dietro ad una curva. Il bilancio stagionale dello Squalo dello stretto è indubbiamente ottimo, anche se non privo di rimpianti per la corsa olimpica che avrebbe potuto consegnarlo ulteriormente alla leggenda.
A TORINO IN ROSA
Poche volte si può parlare di impresa sportiva. Ancora meno si può utilizzare il termine “miracolo”. Non è eccessivo scomodare un simile vocabolo di fronte al numero da fuoriclasse vero di Nibali al Giro d’Italia. Una gara che lo ha visto inizialmente nei panni del favorito, dismessi per indossare quelli scomodi del cacciatore, lanciato all’inseguimento di una lepre inattesa, l’olandese Steven Kruijswijk. Ha sofferto, Vincenzo, come mai gli era capitato prima in un Grande Giro. Ha patito le progressioni di un avversario apparentemente invulnerabile. È finito lontano in classifica, tradito anche da un problema meccanico nella cronoscalata dell’Alpe di Siusi. È stato superato anche dalla rivelazione Esteban Chaves e da Alejandro Valverde, fino a trovarsi con un distacco di oltre 4 minuti. Nibali ha saputo stringere i denti, senza guardare troppo alla classifica. E poi ha attaccato, senza fare calcoli nelle ultime due tappe. La strada gli ha dato ragione. Kruijswijk ha commesso un solo errore, inseguendolo nella discesa del Colle dell’Agnello e cadendo contro una parete di neve. Nibali è arrivato da solo sul traguardo di Risoul, riaprendo un Giro che sembrava perduto. L’indomani, nella penultima frazione, ha completato l’opera, staccando e superando in classifica la nuova maglia rosa Chaves. Un finale thriller per concludere in maniera spettacolare ed imprevedibile una corsa che ha consacrato una volta di più la fantasia, il talento e la caparbietà del fuoriclasse siciliano.
RIO AMARA
Una curva in discesa e la corsa cambia scenario. Due corridori restano a terra dopo un contatto e si toccano la spalla, gesto che lascia intendere conseguenze nefaste per la clavicola. Tra gli infortunati c’è anche Vincenzo. Fine dei sogni di gloria, fine delle speranze di fregiarsi della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio. Ad aumentare l’amarezza per la vittoria sfumata c’è l’andamento di una gara perfettamente orchestrata dal Ct italiano Davide Cassani. Tutto era filato nel migliore dei modi, senza intoppi, fino ad una delle curve conclusive della discesa nel finale dell’ultimo giro. Una beffa atroce, causata dal possibile e non ben chiaro tamponamento del colombiano Sergio Henao ai danni dell’italiano. E via libera alla rimonta di Greg Van Avermaet verso l’oro. Rio si è rivelata un’esperienza amara e dolorosa. Lo Squalo, comunque, sa come ci si risolleva dai momenti difficili. Ha trasformato un inizio di 2015 da incubo in un trampolino di lancio verso un finale di stagione da sogno. Lecito attendersi un’altra magia per dimenticare la grande tristezza verdeoro.