Sara Morganti è da anni la regina incontrastata del Paradressage italiano e non solo. Con la sua forza d’abnegazione e la sua attitudine rappresenta un fulgido esempio della passione convogliata in un nobile sport come l’equitazione. Ma andiamo con ordine.
Sara nasce nel 1976 a Castelnuovo di Garfagnana e fin da piccola si appassiona ai cavalli e al mondo dell’ippica, anche grazie all’esempio della sorella maggiore. A 13 anni scatta la scintilla, e il classico binomio cavallo-amazzone diventa per lei molto di più, un rapporto osmotico, intriso di fiducia reciproca e voglia di condivisione. Una voglia che non si esaurisce nemmeno dopo una diagnosi di quelle che fanno tremare i polsi. Ma Sara non si abbatte e, forte della passione di una vita, nel 2005 decide di provare a prepararsi ad affrontare il percorso propedeutico alle Paralimpiadi in un centro ippico vicino a casa. E’ la svolta, l’inizio della leggenda che continua ancora oggi ad illuminare i campi gara del mondo intero.
Il suo primo cavallo da competizione, Dollaro de Vilanova, la porta già nel 2009 ad una medaglia europea, un bronzo. Il sentiero è tracciato e da lì in poi sarà condiviso con Royal Delight, femmina teutonica dall’intelligenza sopraffina. Con lei Sara si afferma in ogni dove, facendo della continuità prestazionale la sua cifra d’atleta. Nel 2014, a Caen, il duo azzurro diventa “mondiale” con il trionfo nella prova freestyle, vera specialità della casa e “arma da competizione” sempre più affilata per l’amazzone toscana. Nelle due successive spedizioni iridate arrivano altre tre medaglie del metallo più prezioso, due a Tyron nel 2018 sia nella prova freestyle che in quella tecnica, e una in terra danese, in casa del rivale di sempre Jens Lasse Dokkan, meno di due mesi fa. Nel campo di Herning Sara si dimostra glaciale quando serve, sul pezzo in ogni passo della prova al punto da occupare il podio più alto con una percentuale di 80, 653. Una prova di forza enorme.
In molti casi basterebbe quanto scritto per comprendere appieno la caratura di un’atleta, di qualsiasi disciplina si voglia parlare, ma con Sara non sarebbe giusto, sarebbe come tarpare il racconto proprio sul più bello, come interrompere la lettura di un libro prima della spannung, ovvero del momento saliente, quello che definitivamente chiarisce di chi si sta parlando.
E l’ultimo tassello che manca a completare il mosaico è quello paralimpico, con tre date chiave marcate a fuoco nella mente. 2012, 2016 e 2021. In questo lasso temporale Sara dimostra sul palcoscenico più importante la sua determinazione. A Londra, termina ai piedi del podio, con un 4° posto che lascia un po’ di amaro in bocca per quello che poteva essere e non è stato. Il mancato piazzamento a medaglia le dà comunque l’abbrivio per conquistare una pioggia di medaglie negli anni a venire, prodromici, a detta di molti, al riscatto di Rio. In quell’estate paralimpica, però, arriva la più cocente delle delusioni. Royal Delight non supera l’ispezione veterinaria e la competizione termina ancora prima di cominciare. La delusione è tanta, ma viene un’altra volta canalizzata nella giusta direzione e, dopo un quadriennio di nuovi successi e stop pandemici, all’Equestrian Park di Tokyo Sara scrive la storia. A caratteri cubitali nell’olimpo del paradressage italiano e paralimpico. Il 27 agosto 2021 diventa la prima atleta italiana della storia a vincere una medaglia sul palcoscenico più prestigioso. Il bronzo nel dressage individuale tecnico, con una percentuale di 81,100 è il perfetto viatico per un epico bis. Tre giorni dopo, sulle note di “Raya and the Last Dragon“ il duo Morganti-Royal Delight si mette al collo un altro bronzo nella prova freestyle. E’ la ciliegina sulla torta di una carriera unica, irripetibile e lontanissima, per nostra fortuna, dalla via del tramonto.