(Foto di copertina: Wikipedia)
Il detto latino “nomen omen” che vuol dire “il nome è un presagio” potrebbe ben adattarsi alla vicenda sportiva di Giovanni Giorgio Trissino dal Vello d’Oro e a quello che avvenne a Parigi nel lontano 1900, anno della seconda edizione dei Giochi Olimpici Moderni. Quello che successe nella capitale transalpina, infatti, rappresenta ancora oggi una delle pagine più incredibili, e spesso dimenticate, dello sport italiano.
In quell’anno si tenne l’Esposizione Universale di Parigi e il barone de Coubertin decise di inserirvi contemporaneamente la seconda edizione dei Giochi, da svolgersi in un periodo di sei mesi. Alla rassegna furono ammesse, per la prima volta, anche le donne, ma quella non fu l’unica grande novità. Il 1900, infatti, rappresentò anche l’anno della prima partecipazione olimpica dell’Italia. E tra le nostre punte di diamante, nell’equitazione, spiccava il nome di Federico Caprilli, livornese classe 1868, capitano della Cavalleria del Regio Esercito. Caprilli era da tutti considerato l’asse da battere, l’innovatore per eccellenza dell’equitazione moderna e il favorito numero uno per la vittoria finale. In Place de Breteuil, campo di gara designato per le prove di equitazione, tutti pronunciavano il suo nome, tutti narravano le sue gesta, ma la storia decise all’ultimo di cambiare il destino del rampante Capitano … e non solo.
Tutto sembrava procedere come da programma, Caprilli e il suo seguito arrivarono regolarmente in Francia, così come i cavalli preparati dalla delegazione italiana per le gare del 31 maggio e del 2 giugno 1900. Ma il 18 maggio 1900 ci fu la svolta, infausta, per il Capitano Caprilli. In quel giorno il governo Pelloux II perse la fiducia parlamentare, la Camera fu sciolta e vennero indette nuove elezioni. Seguendo i regolamenti militari in vigore all’epoca, giunse da Roma via telegrafo un messaggio del Ministero della Guerra che vietava a tutti gli ufficiali militari, Caprilli incluso, l’espatrio in seguito allo scioglimento delle Camere. Per il giovane livornese l’avventura terminava ancora prima di iniziare. E da lì in poi entrò in scena Giovanni Giorgio Trissino, anch’egli militare del Regio Esercito ma, per sua fortuna date le circostanze, “solo” sottotenente e per questo non colpito dal medesimo provvedimento. Trissino era allievo di Caprilli e, per la sua vicinanza con il Maestro, aveva già da tempo assorbito le nuove tecniche di monta proposte dal Capitano. In particolare la nuova modalità di salto che, contrariamente a quanto si credeva dal Settecento, prevedeva non più il cavaliere lanciato a busto eretto e leggermente inarcato all’indietro, bensì inclinato in avanti, con le briglie più sciolte ed uno stacco da terra creato da un comando che assecondasse le doti naturali dell’animale.
Il primo appuntamento, in programma il 31 maggio, consistette in una gara di salto in lungo e già qui Trissino entrò di diritto negli annali dello sport. Il giovane sottotenente vicentino, infatti, prese parte alla stessa gara per ben due volte, montando prima Melopo, il suo cavallo, e poi il grande Oreste, fido destriero del Maestro Caprilli. Entrambi i cavalli ben si comportarono, al punto che Trissino si classificò quarto con Melopo e secondo con Oreste, capace di regalare con un salto di cinque metri e settanta centimetri l’argento al suo nuovo compagno di viaggio. Ma l’appuntamento con la storia a Cinque Cerchi andò in scena solo pochi giorni più tardi, precisamente il 2 giugno 1900. Nella gara di salto in alto equestre, oggi non più presente nel programma olimpico, il binomio Trissino-Oreste riuscì a saltare 1 metro e 85 in elevazione, conquistando a pari merito con il francese Dominique Gardères, l’alloro olimpico. Con questa impresa e con una trama che farebbe entusiasmare chiunque, il giovane vicentino divenne il primo italiano della storia dei Giochi Olimpici moderni a vincere l’oro olimpico, sebbene la cerimonia della consegna delle medaglie da tutti conosciuta, iniziò solo nel 1904, ai Giochi di Saint Louis.
Fu così che il destino racchiuso nel nome completo del nobile vicentino trovò pieno compimento quel 2 giugno 1900, in Place de Breteuil, a Parigi, con buona pace del Capitano Federico Caprilli, secondo molti comunque presente in Francia in quei giorni, dopo essere riuscito ad eludere l’ordine del Ministero della Guerra, per preparare i cavalli all’allievo che di lì a poco si sarebbe consegnato alla gloria olimpica.