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Mario Cipollini, 49 anni (foto La Stampa)

Una sorta di combine. O forse un accordo ai limiti del lecito. Un incentivo all’uso della corruzione per arrivare alla vittoria o, semplicemente, un vecchio trucco impiegato in diverse discipline? Da qualche giorno è sorto un vero e proprio dibattito attorno alle parole di Mario Cipollini. Lunedì, il Re Leone, numero 1 azzurro nelle volate degli anni ’90 e del Nuovo Millennio, ha parlato delle Olimpiadi al giornale francese L’Equipe. E ha criticato Vincenzo Nibali per la condotta di gara, proponendo una tattica alternativa: “Van Avermaet ha vinto perché Nibali non ha saputo gestire la corsa quando si è trovato con Majka e Henao. Sarebbe bastato offrire 100.000 euro a Henao per occuparsi di Majka e l’affare sarebbe stato fatto. Henao è solo un gregario, per lui non avrebbe cambiato nulla vincere le Olimpiadi”. Parole che hanno lasciato di stucco il mondo delle due ruote. Ha stupito la schiettezza delle dichiarazioni. Ha lasciato esterrefatti che a proferirle sia stato un campionissimo come Mario.

Per di più, il Re Leone ha rincarato la dose aggiungendo un proprio aneddoto, assai noto agli appassionati di ciclismo: “Ai Mondiali di Zolder, quando ho vinto, abbiamo parlato di soldi con una squadra che non aveva più niente da chiedere alla corsa e gli abbiamo dato un buon motivo per esserci. Se avesse fatto così, Nibali sarebbe tornato in Italia con la medaglia d’oro ed avrebbe riguadagnato molto più di quei 100.000 euro”. Un’autentica bomba. Accuse e assoluzioni si sono rincorse per ore e giorni.

Cipollini si è difeso dicendo che questi accordi sono sempre esistiti. Sicuramente il ciclismo offre una panoramica di intese tra atleti di formazioni diverse, spesso tra connazionali. Inoltre, nel corso del processo contro Lance Armstrong, sono emersi anche casi di corse “comprate”, episodi di corruzioni poi decisive ai fini del risultato. Una piaga grave che attanaglia il ciclismo e tanti altri sport. Le parole di Cipollini, in questo senso racchiudono una mezza verità.

Tuttavia, offrire un compenso a un avversario per ottenere il successo è un sistema illecito, un pugno all’etica ed a tutti i valori che dovrebbero contraddistinguere lo sport. Prevarrebbe la mentalità del vincere sempre e comunque, della vittoria come unico risultato possibile. È questo lo sport che si vuole mostrare? Sono questi gli insegnamenti che i giovani apprendono dalle varie discipline e dai loro idoli? Bisogna pensare che sia tutto artefatto, limitato ad un misero scambio di parcelle e ricompense per non fare fino in fondo il proprio dovere, ossia puntare sempre al primato? Forse anche alla luce di queste domande, si può accettare con meno amarezza l’andamento della corsa in linea di Rio.

 

 

 

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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