Se è vero che non si conoscono quante strade debba percorrere un uomo affinché lo si possa definire tale, forse la parola “campione” è a volte abusata, sia sul piano sportivo che su quello umano. In questo senso, lo sport appartiene a chi lo pratica per passione, affinché esso possa diventare ispirazione.
Luca Pancalli nasce a Roma il 16 aprile 1964. Sin da piccolo si dedica allo sport, pratica nuoto a livello agonistico, passione che affianca ai suoi studi: è competitivo e ben presto impara a sognare in grande. Giovanissimo, infatti, si dimostra particolarmente determinato: a dodici anni, «stanco di essere un nuotatore mediocre», decide di cimentarsi nel pentathlon moderno, la disciplina più multiforme e poliedrica tra le praticabili. Nuoto, tiro a segno, equitazione, scherma e corsa: per qualcuno è difficile concepirlo, per Pancalli è facile innamorarsene.
Luca è un talento. Eccelle. La passione cresce, viene coltivata e ciò che fino a poco tempo prima era solo un sogno diventa realtà: quell’agonista liceale, ormai diciassettenne, è ora un azzurro. È il 1981, e dopo aver vinto tre campionati italiani di pentatlon moderno di fila (dal 1978 al 1980), arriva la convocazione in nazionale juniores: si va a Vienna per un meeting internazionale. È giugno e Luca, descritto come il futuro del modern pentathlon italiano, è desideroso di mettersi per la prima volta alla prova con la maglia dell’Italia: è ciò per cui sta vivendo. Ma la sua vita è destinata a cambiare. Durante una frazione a cavallo, infatti, al penultimo ostacolo, l’animale compie un errore. Pancalli cade e riporta una frattura alle vertebre cervicali, una lesione spinale: significa paralisi degli arti inferiori. Ma rischia anche quella dei superiori. A Luca serviranno mesi e mesi di riabilitazione, sofferenze e momenti difficili, affrontati sempre con lo spirito dell’atleta e dell’agonista, oltre che con l’affetto e l’aiuto dei propri cari.
È una nuova sfida, la realtà.
Nel 1984 Pancalli fa il suo debutto olimpico come nuotatore, ma “mediocre” non sembra sin da subito essere l’aggettivo più adatto per descriverlo. Ai VII Giochi Paralimpici di New York e Stoke Mandeville, infatti, arrivano immediate le prime soddisfazioni: tre ori (25m rana, farfalla e stile libero) e due argenti (nei 100m stile libero e nei 3x25m).
Le gioie proseguono anche sul piano accademico. Si laurea cum laude a “La Sapienza” di Roma, discutendo una tesi sui diritti civili e iniziando il praticantato come notaio, lavorando anche come assistente parlamentare dell’allora Presidente della Commissione Finanze della Camera.
La sua attività da sportivo è però solo all’inizio. Nello stesso anno, infatti, partecipa alle Paralimpiadi di Seoul 1988; il bilancio è scintillante: tre ori (25m rana, 50m e 100m stile libero), un argento (25m dorso) e un bronzo (3x25m stile libero) – con ben due record mondiali messi a referto, nei 50m e nei 100m stile libero. Due anni più tardi, nel 1990, partecipa al mondiale di Assen, arricchendo il proprio palmares: oro sia nei 50m stile libero e che nei farfalla, nei 200m misti e nella staffetta 4x50m.
Parallelamente all’impegno sportivo, vi è quello sul campo dei diritti civili. Nel 1992 fonda, insieme a Clay Regazzoni, la FISAPS, la Federazione Italiana Sportiva Automobilismo Patenti Speciali, organismo riconosciuto dal CONI (con il quale Pancalli inizia ad avere i primi contatti), che presiederà fino al 1996, anno nel quale diventa vice presidente della FISD (Federazione Italiana Sport Disabili). L’anno prima, nel mentre, inizia la sua esperienza (che continua tutt’oggi) nell’ANMIC, l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili.
Il 1996 è l’anno del ritiro dallo sport professionistico (praticato). Atlanta è la definitiva consacrazione: due ori – nei 50m dorso e nei delfino – e tre argenti – nei 50m, 100m e 200m stile libero – lo fanno l’atleta paralimpico più medagliato di sempre.
L’anno successivo diventa avvocato ed è ormai pronto a dedicarsi anima e corpo allo sport e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica riguardo un tema delicato (se non un vero tabù, nello sport e nella società) come la disabilità. In particolare, nel 2000 diviene presidente della FISD (Federazione Italiana Sport Disabili), che solo tre anni più tardi diverrà l’odierno Comitato Paralimpico Nazionale, di cui (dopo la rielezione del 2009 e a seguito di altri importanti incarichi, come quello di Commisario Straordinario della Federcalcio nel 2006) ancora oggi è presidente.
Il contributo di Luca Pancalli al movimento sportivo italiano è innegabile, sia in vasca che fuori. Per i suoi successi e perché vincere l’indifferenza e l’ignoranza è forse impresa ben più imponente che conquistare una medaglia olimpica.
È, insomma, cosa da campioni.