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La foto scattata dai nostri inviati a Manfredi Rizza: l’intervista si è svolta nei cortili dell’Università di Pavia

25 anni e tanta voglia di emergere, senza però perdere la spensieratezza di chi vive tutto con la guasconeria, la simpatia e la sfrontatezza tipica dei giovani studenti universitari: Manfredi Rizza ha vissuto un’autentica settimana magica a Duisburg, centrando la qualificazione olimpica e la prima vittoria in Coppa del Mondo nel K1 200: parteciperà quindi ai prossimi Giochi di Rio! L’atleta pavese, tesserato per la Canottieri Ticino e laureatosi proprio nella città dei due fiumi in Ingegneria Meccanica, si è raccontato ai nostri microfoni ed ecco la prima parte della nostra intervista, che tratta degli ultimi sviluppi della carriera di Manfredi Rizza e delle sue aspettative per Rio: domani invece l’appuntamento col Rizza privato e col profilo del canoista azzurro. Ecco dunque le parole dello sportivo azzurro ad Azzurri di Gloria.

Ciao Manfredi, partiamo innanzitutto da una curiosità: chi ti segue sa benissimo che eri noto per la tua folta capigliatura, ora invece ti troviamo completamente rasato. Questa scelta è dovuta ad una scommessa legata ai Giochi, oppure ad un semplice fattore ”climatico”?

”Diciamo che questo taglio drastico è dovuto ad una scommessa tra me ed i ragazzi del K2 200: in caso di qualificazione ai Giochi di Rio, dovevamo tagliarci i capelli e rasarci a zero. È successo e quindi ho dovuto pagare la scommessa: alla fine non si tratta di un dato negativo, perché se da un lato ho dovuto dire addio ai capelli, dall’altro andrò a Rio a vivere una fantastica esperienza. Il taglio di capelli non è il solo cambiamento che si può riscontrare rispetto al 2012: ripensandoci a mente fredda, viene la pelle d’oca quando realizzi che sono passati solo quattro anni. Se dopo aver mancato la qualificazione a Londra, quando onestamente ero giovane ed ero arrivato alla gara decisiva in modo differente, qualcuno mi avesse detto che sarei arrivato ai Giochi di Rio, gli avrei risposto che mentiva sapendo di mentire e non gli avrei mai creduto…”.

E invece avrebbe avuto ragione, dato che tu hai conquistato col terzo posto a Duisburg la qualificazione a Rio: ci racconti il tuo percorso verso quella gara e i 200m che ti hanno portato alle Olimpiadi?

”Dovete sapere che nella mia carriera ho subito varie sconfitte e delusioni che hanno contribuito a rendermi più forte e aumentare la mia voglia di vincere e rifarmi. Anche qui si parte da una grande sconfitta: parlo del Mondiale del 2015 che si disputava a Milano ed era partito con grandi auspici, essendo anche l’edizione di casa. Avevamo grandi attese, invece abbiamo deluso e siamo rimasti fuori anche dalla finale del K2: lì è stata veramente dura, ho avuto un momento di crisi perché steccare dopo mesi di durissimo lavoro ti porta ad avere un duro contraccolpo psicologico, ma mi sono risollevato e sono arrivato alla gara di qualifica di Duisburg sapendo che dovevo dare tutto. Il livello della gara era molto alto: c’erano l’ex campione olimpico, l’ungherese che andava molto forte, un lettone che era stato finalista a Londra, lo spagnolo che era un plurimedagliato ai Giochi e poi c’ero io, che rappresentavo di fatto un’incognita anche per me stesso. Sono stati momenti talmente emozionanti, che li ricordo a malapena: ero tesissimo, sapevo di non avere altre chance per qualificarmi, anche perché dovrò iniziare la specialistica in Ingegneria e so già che l’anno prossimo non farò canoa ad alto livello, siccome voglio laurearmi bene e in tempo. Tornando alla gara, ho avuto una sensazione simile a quella che si prova quando stai per andare a discutere la tua tesi di laurea e tutti ti dicono che il discorso è solo una formalità, ma tu comunque sei tesissimo e hai una paura tremenda di sbagliare: in una gara come quella di Duisburg, nei fatti, tu vai a presentare un prodotto e sai quello che puoi dare, quindi questo aggiunge un’enorme tensione perché sai benissimo di aver lavorato per gareggiare ad alto livello e ottenere certi risultati, ma non sai se basterà per far bene. Ecco, io avevo le stesse sensazioni della laurea, anche se molto amplificate: ero davvero in apnea e quella giornata è stata davvero eterna. Avevo la gara alle 13.30, ma è stato come se quella mattinata d’attesa fosse durata una settimana: e non vi parlo delle difficoltà a prendere sonno, anche se devo ammettere che ho avuto maggiori difficoltà la sera dopo la qualificazione, perché alla fine nella notte pre-gara sei teso, ma sai che devi dormire perché se no sarai condizionato la mattina dopo. Dormi e poi certo, ti svegli presto, ma comunque dormi: mi ricordo di essermi svegliato intorno alle 7 del mattino con tantissima tensione. Poi però c’era la gara di Carlo Tacchini che era il mio compagno di stanza e che andrà anche lui a Rio e mi sono messo a guardarla in diretta su YouTube. Solo a ripercorrere quei momenti mi sale la tensione, quindi immaginatevi come potessi stare in quei giorni: comunque, ho visto la gara di Carlo che è arrivato secondo e si è qualificato e ho pensato ‘’si può fare!’’. Questo è stato un bel momento, anche se la tensione del pre-gara è salita pian piano, ed a 40 minuti dalla partenza avevo le braccia completamente molli e non riuscivo a fare riscaldamento: è stato lì che ho usato un piccolo trucco mentale, cercando di pensare istante per istante, esercizio per esercizio, movimento per movimento, ed esorcizzando così la tensione. A questo punto sono riuscito ad andare in gara e centrare l’obiettivo-Rio arrivando terzo, anche se inizialmente ero convinto di essere arrivato 2°”.

Al termine della gara di Duisburg hai dedicato, con grande tenerezza, la qualificazione ai Giochi a tua nonna: ci puoi raccontare qualcosa di più riguardo a questo aspetto?

”Avevo una nonna che era stata in vacanza a Rio parecchi anni fa, e quando le ho detto che mi sarei giocato la qualificazione ai Giochi brasiliani, lei scherzando mi diceva: ‘’Se ti qualifichi ti accompagno e ti faccio vedere io dove andare’’. Mia nonna poi è mancata e non ha fatto in tempo a vedere le mie qualificazioni ed in quel momento, quando mi hanno chiesto a chi volevo dedicare il mio risultato e l’approdo ai Giochi del 2016, ho pensato a lei. È stato bello ricordarla così, alla fine avevamo un ottimo rapporto e lei mi prendeva in giro dicendomi ‘’perché non parti più forte?’’ (ride, ndr)”.

La tua lentezza nella partenza è un fattore abbastanza insolito, visto che gareggi in una distanza parecchio breve…

”Me lo dicono tutti (ride, ndr), però, pur facendo una gara da 200m, ho sempre avuto il difetto di sbagliare la partenza e fare una gara d’iniziale rincorsa. Lo so che è insolito su delle distanze così brevi, ma è una mia caratteristica, che di contro mi porta a chiudere in grande crescendo. Come si gestisce una gara da 200 metri? C’è tanto di istintivo e poi ci sono le doti personali, ma non sarebbe giusto ed opportuno basarsi solo su questo e ci sono tanti fattori da considerare: comunque, tornando alla partenza, faccio un discorso tecnico per spiegarvi le difficoltà legate a questo particolare che è fondamentale nel K1 200. È importante, quando si parte, non solo eseguire un buon gesto tecnico, ma anche avere un buon tempismo col blocco: nella fattispecie, a Duisburg, il blocco è molto duro, quindi non c’è molto margine per ‘’sfondare’’ e, se parti troppo presto o troppo tardi, o stecchi il blocco e vieni rallentato, oppure perdi tempo partendo in ritardo. Un po’ come nel motocross col cancelletto? Esatto, però lì hai mezz’ora per recuperare e qui 30 secondi: è una gara particolare perché le velocità sono molto basse e proprio per questo le distanze sono molto corte. Si fa fatica a recuperare anche solo un decimo e pochissima fatica a perderlo: venendo al mio stile di gara è vero che mi trovo a rimontare, però quando si fa la performance non si guardano gli altri e finisci col fissarti solo sul tuo gesto tecnico. Anche se devo dirvi che dopo un po’ di gare si riesce a percepire la posizione altrui ad intuito, ma in realtà non sai come finirà e lo scopri solo al traguardo. E qui tiro nuovamente in ballo l’esempio della qualifica, lì ero arrivato terzo a un centesimo ed ero convinto di essere 2°. Tornando a me, ho sempre lavorato molto sul pezzo centrale di gara e posso dire che quello è il mio punto forte: poi comunque la gestione dei 200m è personale, perché va detto che per questioni fisiologiche e di struttura della mia gara, se parti forte vai in calando, mentre partendo lento puoi crescere e chiudere in veloce progressione. Non è né migliore né peggiore la gestione della gara in questi due modi, sono semplicemente visioni differenti della distanza e ogni gara è diversa ed a sé stante: secondo me, se avessimo rifatto la gara di Duisburg 10 volte, il risultato sarebbe cambiato in almeno 5-6 occasioni”.

Dopo la qualificazione olimpica, Duisburg ti ha regalato a pochissimi giorni di distanza anche la prima vittoria in Coppa del Mondo: possiamo dire che l’approdo a Rio ti ha dato la spinta per fare l’ultimo step ed arrivare al successo?

”Avevo già vinto due argenti tra Giochi del Mediterraneo ed alle Universiadi, ma certamente la qualificazione a Rio ha rappresentato un grosso stimolo: da un lato mi ha sbloccato e gratificato di tutti gli sforzi fatti, dall’altro ha reso i campioni della canoa più umani, dandomi grande fiducia nei miei mezzi e facendomi credere di poterli raggiungere e di potercela fare a batterli come poi è successo in Germania. Dopo quel risultato so di avere una speranza per un futuro al livello dei big. Il record italiano fatto a Duisburg? È strano parlare di record in questo sport che è così altamente condizionato dal meteo: ho fatto il risultato quel giorno e una settimana dopo facevo tempi intorno ai 37 secondi, da ragazzini alle prime armi. Il vento condiziona tanto questo sport, come ho già detto in una vecchia intervista, e io mi definisco leggero, anche se non lo sembro (ride, ndr): alla fine nel kayak sono ‘’leggeri’’ tutti quelli che pesano meno di 90 kg (ride ancora, ndr)”.

Tornando ai Giochi, sei mai stato in Brasile, oppure Oltreoceano? Come ti aspetti la partenza per Rio?

”Non sono mai stato in Brasile e al massimo ho fatto una gara in Canada. La partenza per Rio? Ho avuto ieri il contratto che manda il CONI per queste occasioni, nel quale sono spiegati tutti i doveri che si hanno con la Nazionale, oltre a questioni come i premi medaglia ed il vestiario: l’abbigliamento per Olimpiadi e Giochi del Mediterraneo, infatti, è codificato per gli atleti, e c’è da firmare questo contratto col quale si afferma di aver preso visione delle regole, pena delle multe salate. Comunque, i canoisti dovrebbero partire per Rio la prima settimana di agosto, perché la canoa sarà nella seconda settimana dei Giochi (dal 15 al 20, ndr) e gareggeremo tra una cinquantina di giorni circa. Essendoci un fuso orario importate, bisognerà arrivare prima’’.

Cosa ti aspetti da questi Giochi? Come immagini il volo verso Rio, la cerimonia d’apertura ed il villaggio olimpico? Ti aspetti di conoscere qualcuno in particolare, o desideresti conoscere qualcuno? Mi ricordo di quanto Nespoli ci raccontò del suo pranzo con Kobe Bryant…

”Al momento devo ancora sapere se andrò alla cerimonia d’apertura… Per il resto, non mi ritengo un tipo particolarmente sentimentale: l’arrivo a Rio sarà sicuramente un’emozione e la situazione del Villaggio Olimpico un sogno, dopo aver assaggiato delle iniziative simili alle Universiadi e ai Giochi Europei di Baku, ma non voglio pensarci ora. Nel mio sport, comunque, mi sono già trovato a gareggiare con atleti che studiavo da giovane e dei quali guardavo i video: atleti che poi ho battuto e dai quali ho ricevuto i complimenti. In particolare mi ricordo dell’incontro con Ronald Rauhe, un atleta tedesco del quale ho guardato parecchi video e che è stato uno dei miei esempi da seguire: non ho resistito alla tentazione di dirgli che era uno dei miei idoli, che studiavo il suo stile quand’ero giovane ecc. Lì per lì lui si è sentito in imbarazzo, probabilmente l’avrò fatto sentire molto vecchio! (Rauhe ha 35 anni, 10 in più del nostro Manfredi, ndr)’’.

Chiudiamo chiedendoti un chiarimento su una tua frase che ci ha colpito: in sostanza hai detto che mollerai di ‘’vivere’’ il kayak al 100% dopo Rio, ci puoi spiegare questa scelta?

”Tranquilli, non smetterò, ma non metterò più la canoa al primo posto nella gestione della mia vita: voglio dedicarmi allo studio, e quindi il tempo da dedicare al kayak finirà col ridursi. Non so dire se sarà facile arrivare a questo risultato e ridurre l’impegno dopo la ‘’sbornia’’ dei Giochi e se riuscirò lo stesso a dare un seguito alla mia scelta, ma fino a ora ho avuto chiaro quest’obiettivo e quest’idea: in passato tanta gente mi ha scoraggiato e invitato a cambiare strada, ma io mi son sempre gestito da solo su quest’ambito e sono convinto di aver preso la decisione giusta e di riuscire a riprendere a studiare dopo settembre. Sin qui, pur gareggiando ad alto livello, mi son sempre sentito in difetto rispetto agli amici laureati e che lavorano, una situazione simile a quella che vivete voi cercando di diventare giornalisti e vivendo le prime esperienze a titolo gratuito: è vero che la canoa non dà da vivere, ma anche volendo io non potrei pensare di avere un lavoro proprio per gli impegni legati al kayak, all’allenamento e alle gare. Anche se le chiamate per trovare un posto ad un laureato in Ingegneria non mancano…’’.

La determinazione e, almeno per ora, una data di scadenza fissata al post-Rio: vedremo se Manfredi Rizza riuscirà a ridurre il suo impegno nel kayak e nel frattempo auguriamo al portacolori pavese, intervistato dai nostri redattori nella cornice idillica dei giardini dell’Università, di ottenere un risultato di prestigio ai suoi primi Giochi…

Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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