I capelli azzurri di Martina Caironi, quelli rosa di Oxana Corso, il sorriso di Monica Contrafatto, la mascherina tricolore con i brillantini di Arjola Dedaj, la canzone della vittoria di Oney Tapia, il podio dell’intramontabile Alvise De Vidi, la determinazione di Giusy Versace e la sua promessa di una caipiriña, lo stile rock di La Barbera, l’allegria di Federica Maspero e il ritorno di Assunta Legnante. L’atletica azzurra alle Paralimpiadi é stata un concentrato di emozioni, con storie vissute al massimo, sogni realizzati e traguardi raggiunti. Sei medaglie brillano al collo degli azzurri (2 ori, 2 argenti e 2 bronzi) e l’Italia ha mostrato tutto il suo valore a livello internazionale.
Dall’inizio alla fine Martina Caironi è stata protagonista. La nostra portabandiera non ha deluso le aspettative conquistando un fantastico argento alla sua prima gara a Rio2016. Nella finale del salto in lungo Martina ha messo le ali, oltre i 4.66 e il suo record personale. Solo la tedesca Low è andata oltre segnando il nuovo record del mondo, ma la bionda Vanessa ha dovuto cedere lo scettro di regina nella finale dei 100m. Martina scopre le carte già in batteria, con un record paralimpico conquistato correndo “easy”, come dice lei stessa. La finale però è un’altra cosa, la pressione aumenta e l’oro, quell’oro vinto già a Londra, sembra pesare sulla sua corsa, ma non sul risultato. Martina Caironi è imprendibile ed è prima! Lacrime stupende di gioia la bloccano a terra per qualche minuto, è ancora lei la numero uno. Alla sua gioia si aggiunge quella di Monica Contrafatto, con qui si scioglie in un abbraccio e riprendere a ridere e sorridere. “Vogliamo un podio tutto italiano” è il messaggio delle due campionesse per Tokyo2020. Monica è lì anche grazie a Martina, vederla gareggiare a Londra le ha dato la forza di uscire dal suo letto di ospedale e iniziare a correre. La sua forza l’ha portata a Rio e alla finale dei 100m, alla medaglia di bronzo e al gradino accanto a quello di Martina. Il giusto traguardo di tanto impegno e duro lavoro.
Non ripete invece l’impresa di 4 anni fa Oxana Corso. L’atleta azzurra viene penalizzata dal raggruppamento delle categorie, trovandosi di fronte avversarie che gareggiano su un livello del tutto diverso. Dopo un primo momento di rabbia e frustrazione, dopo le critiche e il senso di ingiustizia per non avere possibilità di andare a medaglia, Oxana si è dimostrata superiore a tutto. “Ho gareggiato solo per me e con il tempo che ho fatto sarei stata oro nella mia categoria (T35), è un regalo che ho fatto a me stessa”, le sue parole dopo la finale dei 100m. Giusy Versace e Federica Maspero sono invece un esempio di sana rivalità. Impegnate nelle stesse gare le due azzurre danno vita a una gara nella gara. Se i 400m non rendono giustizia a Giusy, Federica Maspero segna invece il nuovo record italiano e fa il bis anche nella gara dei 100m, dove Giusy segna il suo Personal Best. Non raggiungo il podio Roberto La Barbera e Arjola Dedaj, ma di sicuro vincono le medaglie per lo stile e Arjola anche per l’eccezionale capacità di concentrazione in gara. Nella finale del salto in lungo supera le evidenti mancanze organizzative, che non segnalano quando le atlete sono in pedana rendendo così difficile per loro sentire le indicazioni delle loro guide, e conquista il nuovo record italiano a 4.51!
La storia azzurra e un nome, Alvise De Vidi. L’atleta veneto conquista la medaglia numero 15 della sua carriera, la 13ma nell’atletica, con un recupero nel rettilineo finale dei 400metri che lo porta sul terzo gradino del podio, un appuntamento che non manca da Barcellona 1992. De Vidi però non è ancora soddisfatto e potrebbe pensare di tornare anche a Tokyo. La speranza è che sia proprio così e possa scrivere una nuova pagina di questa incredibile storia infinita.
Eccentrico, incontenibile, esuberante. Oney Tapia è un concentrato di energia che sprigiona in un lancio da podio al suo primo tentativo in pedana, per poi lasciarsi andare alla musica dei Modà. Il gigante buono è argento nel disco con la misura di 40.89, ma è d’oro il suo messaggio al termine della gara per i ragazzi, invitandoli ad andare nei centri sportivi e scoprire tutte le meraviglie e le emozioni che solo lo sport sa dare. Pacata, contenuta, esempio per gli altri. Assunta Legnante, capitano della squadra di atletica e mamma del gruppo, oltre che nella vita, ha dimostrato come tutto è possibile, anche vincere l’oro dopo una dolorosa operazione alla schiena. L’amore per lo sport va oltre il dolore, la fatica e i mille impegni. Assunta va in pedana zoppicando, ma al momento di lanciare il peso tutto si ferma per un istante, l’urlo per scaricare la forza e il dolore è quel peso che va oltre i 15 metri per arrivare a 15.54. L’attesa si protrae fino all’ultimo, ma nessuna riesce a batterla e Legnante sul gradino più alto del podio. Ascolano come Assunta raggiunge un traguardo incredibile anche Ruud Koutiki, il 27enne c’entra la finale dei 400m, primo atleta con disabilità intellettiva-relazionale a disputare una finale paralimpica e chiude al settimo posto in 51’14”.
A vedere la passione e la carica messe dai nostri azzurri in gara viene da chiedersi se quel “para” davanti a olimpiadi non sia di troppo come dice Francesca Porcellato e se lo sport non dovrebbe essere solo sport, senza etichette e senza ma. Sicuro è l’esempio dato da questi atleti a tutti. Anche chi vede lo sport come una tortura e non una gioia.