Finalmente, il peggio pare alle spalle per Fabio Aru. Il Cavaliere dei quattro mori ha compreso le cause della debacle al Giro d’Italia ed ora sogna di riscattarsi nei prossimi appuntamenti.
FABIO ARU: «FIDUCIA PER IL FUTURO»
«Io sono ancora qua». Più che un motivetto cantato con la verve rossiana del grande “Blasco”, questa frase sembra tanto un urlo carico di frustrazione e delusione se pronunciata da Fabio Aru. Difficile per il sardo provare qualcosa di diverso di fronte ai risultati dell’ultimo anno. Tutto buio, tutto nero. Pochi lampi, tanti e troppi problemi e dissapori. Il recente ritiro al Giro d’Italia 2018 è solamente l’ultimo episodio del periodo negativo. L’immagine del Cavaliere dei quattro mori stremato, piegato sofferente sul suo destriero in carbonio ed alluminio, ha scosso gli appassionati. Certo, le crisi sono abituali frequentatrici del mondo delle due ruote, ma nessuno si sarebbe aspettato qualcosa di così duraturo e radicato come nel caso di Aru. Sempre con il capo chino, mai sui pedali, ingobbito sì, ma non per rilanciare la sua azione come gli accade nei giorni di gloria, quanto piuttosto per resistere disperatamente alle accelerazioni altrui. Una brutta copia, decisamente sbiadita ed incolore rispetto ai momenti migliori. Un Fabio pallido e distante dalla versione resa meravigliosamente luminosa dalla Maglia Gialla indossata all’ultimo Tour de France.
LE RAGIONI DEL CALVARIO
Sorrideva Aru mentre osservava il simbolo del primato alla Grande Boucle sovrapposto alla speciale livrea con il tricolore spettante al vincitore del Campionato italiano in linea. Tutto pareva intrecciarsi con un’irreale sintonia. Prima il successo nella competizione nazionale, poi l’acuto di La Planche des Belles Filles e quindi la leadership strappata a Chris Froome sui Pirenei. Poi, all’improvviso, il sogno di una notte di mezz’estate del Cavaliere dei quattro mori si è interrotto ed è iniziato l’incubo. Dai litigi con una sorta di tacito boicottaggio del team manager dell’Astana, Alexandre Vinokourov, al divorzio quasi forzato con la squadra kazaka. Quindi l’approdo alla UAE Emirates, senza ottenere significativi risultati, con tanto di rimprovero da parte di Giuseppe Saronni. Infine, la disastrosa campagna al Giro d’Italia, conclusa mestamente con il ritiro prima dell’inizio del Colle delle Finestre, piegato più dal proprio malessere che dal ritmo asfissiante del team Sky. Aru ha sofferto per l’insuccesso. Non è riuscito a capacitarsi subito delle cause della sua debacle. Gli ultimi accertamenti medici gli hanno restituito un parziale sorriso: Fabio non ha perso il talento, né ha visto il suo senno volare sulla Luna come accaduto alla ragione di Orlando nel poema cavalleresco di Ludovico Ariosto. Semplicemente, un’intolleranza al lattosio, acuita dalle difficoltà nella digestione della sostanza in condizioni di stress, si è manifestata prepotentemente, sfiancandolo e sfibrandolo. Trovate le cause del flop, si può procedere ad una cura. Niente allenamenti esasperanti, ma un lavoro più certosino e mirato.
GLI OBIETTIVI FUTURI
In fondo, l’annata di Aru può ancora regalare sorprese. Niente difesa del titolo ai Campionati italiani, niente Tour de France, stop con i tanti allenamenti in altura: meglio concentrarsi su altri appuntamenti, assaporare maggiormente l’adrenalina delle gare, ripartire dalla Vuelta corsa con minore pressione, tenendo nel mirino il Mondiale di Innsbruck. Una corsa nelle sue corde perché dura e selettiva, adatta agli scalatori puri. Sulla carta, il sardo dovrebbe fare da primo gregario di Vincenzo Nibali. Tuttavia, si sa, i Campionati del Mondo sono particolari, possono regalare sorprese inaspettate. E non sempre i capitani trovano lo spazio necessario per farsi valere. Ecco, dato anche il rapporto conflittuale con l’ansia e lo stress, la corsa iridata potrebbe diventare la grande chance per Fabio. Non resta che attendere e sperare. Non può piovere per sempre, diceva Eric, il protagonista del film “Il corvo”. Varrà anche per Aru?