Il 5 giugno 1999 al Pirata venne riscontrato un tasso di ematocrito superiore al consentito. Regolamento alla mano, il corridore romagnolo in maglia rosa venne estromesso dal Giro d’Italia. Ma rimangono vivi i dubbi sulla regolarità di quel controllo.
Tutto è racchiuso in un numero. Non l’uno, quello del dorsale che indossa in gara Marco Pantani. Stavolta, si tratta di cifre che riguardano l’esito di un test da poco introdotto. Dopo gli scandali doping al Tour del 1998 ed il caso riguardante la Serie A con le denunce di Zdenek Zeman, il CONI decide di introdurre nuovi controlli sugli atleti. La campagna “Io non rischio la salute” si manifesta durante il Giro d’Italia e porta con sé una regola destinata a far discutere soprattutto i corridori, poco convinti a prestarsi ad un altro test oltre a quello “classico” dell’UCI. In entrambi i casi, il controllo sanguigno verte principalmente sulla quantità di ematocrito. Se superiore a 50, quota ritenuta un indice affidabile della pulizia dell’atleta, scatta la sospensione. Pantani arriva a Madonna di Campiglio con la maglia rosa cucita sulle spalle e la voglia di festeggiare un Giro letteralmente dominato, con le vittorie epiche sul Gran Sasso, ad Oropa e sulle Dolomiti. Ma la mattina gli riserva una brutta sorpresa: i medici dell’Unione Ciclistica Internazionale gli riscontrano tasso di ematocrito superiore alla soglia consentita per un solo punto e la corsa finisce alla vigilia della penultima tappa tra gli scatti dei fotografi e l’incredulità generale.
MAZZATA
Marco avverte subito il peso della sanzione. Si tratta di una sospensione di quindici giorni. Teoricamente, la restante parte della sua stagione è salva. Si può ancora correre il Tour de France. Ma le motivazioni del Pirata sono al lumicino. La botta morale è fortissima. Pantani non accetta che venga messa in discussione la sua etica e la sua professionalità. Madonna di Campiglio è molto più di una sospensione. È l’inizio della fine del Marco corridore. Lo scalatore che azzannava la salita a scatti, impietrendo le gambe degli avversari come una Medusa su due ruote, sparisce tra i pensieri più cupi. Il cambiamento si intuisce dallo sguardo e dalle parole del corridore. Il Pirata si sente solo ed incompreso. La depressione diventa una triste compagna di viaggio e la cocaina un farmaco per dimenticare tutto. Questo è lo scenario fino al 2003, l’ultimo tentativo di risollevarsi moralmente, prima della fermata finale al Residence Le Rose di Rimini, un anno più tardi.
GIALLO
Eppure, a distanza di tanti anni, il test di Madonna di Campiglio fa ancora discutere. Molti testimoni evidenziano un eccessivo nervosismo da parte degli esaminatori, prima che l’Esito diventasse chiaro a tutti. Quale potrebbe essere stata la causa di un simile atteggiamento? Inoltre, in seguito, venne dimostrato che l’affidabilità del controllo era tutt’altro che valida. A seconda della posizione del paziente, supina o eretta, con cui veniva eseguito, si ottenevano risultati diversi. Inoltre, agitando la provetta si potevano alterare drasticamente gli esiti. Insomma, la manomissione era assolutamente possibile. Peraltro, Marco fece altri esami ad Imola il giorno stesso e l’ematocrito era perfettamente in linea con quelle dei giorni precedenti. A distanza di qualche anno dalla morte di Pantani, il bandito incarcerato Renato Vallanzasca rivelò un particolare scioccante: un compagno di cella lo aveva invitato a scommettere contro la vittoria del Pirata al Giro ’99. Un successo che sembrava indiscutibile, come affermato dallo stesso Vallanzasca. Dunque, i test furono pilotati da una mano oscura volta ad alterare l’esito di una corsa divenuta noiosa e scontata anche per i bookmakers? Un mistero nel mistero, destinato a far discutere e a suscitare continue ipotesi. L’unica certezza sta nell’esito che ebbe: quel 5 maggio 1999, il ciclismo perse la sua stella più luminosa.