Sono trascorsi 20 anni dalla vittoria di Marco Pantani nella quattordicesima tappa del Tour de France 2000. Ecco il nostro ricordo.
Colpo su colpo, uno scatto dietro l’altro. La maglia gialla, scatenata in sella alla Trek bluastra, e la divisa rosa della Mercatone Uno, unita cromaticamente all’inconfondibile celeste della bicicletta Bianchi, si alternano in un duello rusticano feroce e tremendamente atteso. Lance Armstrong contro Marco Pantani. Il Cowboy texano e il Pirata romagnolo si danno battaglia sulle Alpi, nella quattordicesima tappa del Tour de France 2000. Un inseguimento reciproco duro e spietato, senza particolare rispetto o garbo tra due corridori che, nei giorni precedenti la battaglia alpina, si sono fiutati riconoscendo lo stesso odore da capobranco e preparando la guerra.
I PRECEDENTI
L’arte bellica prevede preparativi accurati, con la consapevolezza che potrebbe non bastare il primo colpo per concludere la contesa. Marco sottovaluta lo strapotere del rivale. Il primo round sui Pirenei, ad Hautacam, si rivela un vero e proprio massacro sportivo per il Pirata. Armstrong lo segue come un’ombra e poi lo lascia secco sul posto. Risultato finale: il texano in trionfo e in maglia gialla e Marco demoralizzato, con un ritardo di 5 minuti sul traguardo. Sì, forse Pantani ha ragione: l’americano sembra venga da un altro pianeta, magari dalla Luna come l’altro celebre Armstrong, Neil, che il 16 luglio 1969 atterrava sul satellite terrestre. Un concetto ribadito dalla prova di forza sul Mont Ventoux, il 13 luglio, quando Lance beffardamente concede la vittoria a Marco, con un modo di fare rispettoso che poi sfuma lentamente, diventando una manifestazione di forza ai limiti dell’onnipotenza più sfrontata.
RIBALTONE
Eppure nemmeno i marziani sono invincibili. La prova arriva il giorno del ventunesimo anniversario dall’allunaggio. Si parte da Briançon e si arriva a Courchevel. Il giorno prima Pantani e Armstrong si sono dati battaglia duramente sull’Izoard e l’americano aveva mostrato qualche timido segnale di cedimento, prontamente colto dal Pirata. Così ecco l’assalto all’arma bianca, uno contro uno, come piace a Marco ai meno 16 dal traguardo. Il romagnolo, piccolo e minuto, con la sua pelata inconfondibile, sgrana il gruppo con una progressione micidiale. Il texano, alto e robusto, si lancia all’inseguimento. I due procedono a braccetto. Hanno un altro passo. Il secondo in classifica Jan Ullrich cede presto e limita i danni. Armstrong potrebbe accontentarsi, ma la guerra non prevede gesti di misericordia nei confronti dell’odiato nemico. Gli fanno male nell’animo le parole di Pantani che aveva sminuito la vittoria al Tour dell’anno prima per l’assenza di avversari. Ma Marco non ha dimenticato lo smacco del Ventoux, quando Lance gli aveva regalato una facile vittoria, salvo poi vantarsi del bel gesto in mondovisione.
MAMMA TONINA
Il duello è snervante e fiaccante. Nessuno vuole arrendersi. Nel frattempo, strada facendo incontrano sui pendii verso Courchevel Santiago Botero, in maglia a pois, e Roberto Heras. Più avanti c’è José Maria Jimenez, attaccante puro della Banesto. Marco e Lance affiancano i primi fuggitivi. Ai meno 5 una figura vestita di una felpa rossa attraversa la strada. Si tratta della mamma di Pantani, Tonina. Il Pirata sembra indifferente, ma dopo qualche metro riprende a scattare. E l’azione fa male. Armstrong solleva gli occhiali da sole. Gli occhi raccontano per la prima volta la fatica e il dolore dell’acido lattico nei muscoli. Il Cowboy è impotente. Marco attacca ancora, scava il solco. Guadagna sia sugli inseguitori che sulla testa della corsa. Riprende Jimenez e lo lascia sul posto, alzandosi sui pedali con il suo caratteristico incedere. Poi via verso il traguardo, sollevando solamente un braccio dopo la vittoria. A distanza di ventun’anni, un nuovo piccolo grande uomo annulla l’impossibile. Se Neil Armstrong dimostra che nemmeno la Luna è lontana, Marco Pantani ribadisce che un cuore immenso può fare la differenza anche laddove le gambe proprio non sembrano potersi spingere oltre. Sembra l’inizio della rinascita del romagnolo dopo la depressione post Giro ’99. Courchevel si rivelerà il sipario sull’ultimo arrembaggio del Pirata, incompreso in un mondo pieno di ipocrisie e falsità. Finto come i trionfi in serie di Armstrong, il suo rivale, poi reo confesso di doping in un’epopea oscura per le due ruote.
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