In questi giorni l’argomento del doping russo è tornato prepotentemente in auge, e si parla sempre con maggior insistenza di una possibile esclusione degli atleti sovietici dalle Olimpiadi invernali di PyeongChang 2018: ecco tutti gli scenari.
DOPING, SQUALIFICHE E SOSPETTI: IL SISTEMA-DOPING DELLA RUSSIA TORNA IN PRIMA PAGINA
Sospetti, accuse, squalifiche, casi a pioggia e il ritorno dell’ombra del doping di stato, che in realtà non ha mai abbandonato la Russia nonostante le assurde assoluzioni dei giorni/mesi scorsi per ”mancanza di prove”: il rapporto McLaren conta più di mille assoluzioni ”politiche”, e la testimonianza del pentito Rodchenkov è lì, scolpita nella memoria di chi vuole credere che in Russia sì, c’era doping di stato. Il sistema sarebbe nato nel 2011, si sarebbe sviluppato in vista di Londra 2012 (dove ci fu un primo, timido exploit) e sarebbe poi diventato una macchina perfetta e introvabile nelle Olimpiadi invernali di Sochi 2014: lì la Russia spopolò, vincendo in ogni disciplina possibile tra Olimpiadi e Paralimpiadi, salvo poi veder venire a galla tutta una serie di situazioni torbide e poco chiare, che hanno tolto il velo sul mito della grande Russia e svelato un autentico doping ”foraggiato” dal governo centrale. Provette di atleti dopati distrutte o sostituite, miscele dopanti degne dei migliori medici degli anni ’80 e atleti che passano dal nulla alla gloria: c’è tutto questo nel rapporto McLaren, che aveva indicato un migliaio di atleti a rischio-doping, e ultimamente ha visto uscire allo scoperto svariati casi invernali.
Sotto inchiesta ci sono 35 atleti, che vengono e verranno sentiti, torchiati a dovere e nel caso squalificati. Una nuova ondata di casi, seguita a quella degli sport estivi, che però sta avendo esiti ben differenti: la WADA, per evitare che tutto finisca in una bolla di sapone, sta usando il pugno duro, durissimo, squalificando tutti coloro che sono stati pizzicati positivi coi nuovi controlli e le nuove tecnologie utilizzate per aggirare i ”buchi neri” del sistema antidoping russo. In principio hanno pagato lo scotto i fondisti Alexander Legkov (oro nella 50km di Sochi e autentica leggenda del fondo russo) e Evgeniy Belov, squalificati a vita, e poi ne sono arrivati altri, per un totale di 6 squalifiche di lungo corso e una più ”mite”: il nome più eclatante è quello di Maxim Vylegzhanin, triplo argento alle scorse Olimpiadi, e con lui ecco Alexey Petukhov, Julia Ivanova e Evgenia Shapovalova, tutti fermati a vita (com’è giusto che sia) per le rispettive violazioni delle regole. A loro si aggiunge il bobbista (oro nel bob a 4) Dmitry Trunenkov, fermato per 4 anni, e presto ne arriveranno altri, con la nostra Karin Oberhofer che potrebbe vedersi catapultata sul podio (bronzo) nella sprint del biathlon. Con queste premesse, le voci sull’esclusione (giustificata) della Russia da PyeongChang 2018 sono tornate prepotentemente in auge, e dunque andiamo ad esaminare la situazione.
LA RUSSIA SARÀ ESCLUSA DA PYEONGCHANG 2018? GLI SCENARI
Se da un lato c’è un solido e sincero rifiuto della realtà, con Putin che accusa gli USA di voler influenzare le elezioni locali con un caso-doping alimentato ad arte (are you serious, Vlad?) e gli atleti squalificati, Vylegzhanin su tutti, che si difendono dicendo che ”non ci sono prove di violazioni delle regole e doping” (qui la nostra seria e compita reazione), dall’altro sono in corso serie riflessioni ai piani alti. Il CIO è chiamato a intervenire, o meglio, a decidere una volta per tutte: i nuovi casi di doping russo, per di più legati a quegli sport invernali che diventeranno protagonisti a febbraio, bastano per escludere la Russia dalle Olimpiadi di PyeongChang 2018? Il buonsenso direbbe di sì, e 17 agenzie antidoping nazionali stanno spingendo per tale soluzione, ma come sempre il Comitato Olimpico Internazionale sta valutando anche da un punto di vista politico/ambientale, e si è preso tempo per decidere fino a inizio dicembre: la data non è casuale, visto che in questi giorni stanno uscendo sentenze e squalifiche a pioggia, che potrebbero spingere verso il ”no” alla Russia anche alle Olimpiadi invernali. E qui si aprirebbero vari scenari, perchè il CIO punterebbe a far gareggiare gli atleti puliti sotto la propria bandiera (imitando Rio 2016), oppure a una soluzione di comodo che vedrebbe la Russia iscritta con quegli atleti assolutamente non dopati, ma senza la possibilità di sfilare nella cerimonia d’apertura e veder suonare il proprio inno: un’umiliazione, una sorta di damnatio memoriae che potrebbe essere più infamante dell’esclusione stessa, ed ha scatenato l’orgoglio russo. Il ministro dello Sport Vitaly Mutko (colui che viene accusato di aver promosso il sistema-doping) ha già chiarito che, se alla Russia verranno prospettate le ipotesi legate alla bandiera del CIO o a una qualsiasi partecipazione ”mutilata”, allora il Paese potrebbe boicottare i Giochi. Insomma, la nazione russa vuole una decisione forte e chiara: o ci escludete direttamente dalle Olimpiadi invernali, oppure ci fate gareggiare.
E dunque c’è attesa per la decisione del CIO, che ha di fronte un precedente e un esempio importanti: nei mesi scorsi l’IPC, Comitato Internazionale Paralimpico, ha escluso senza troppi patemi d’animo la Russia della Paralimpiadi di PyeongChang 2018, perchè ”non ha intrapreso neppure una piccolissima mossa volta a frenare il doping nel paese”. Una scelta forte, che dovrebbe dettare la strada anche ai ”cugini” normodotati: perchè, se il numero degli atleti russi positivi al doping continua ad aumentare mese dopo mese e le squalifiche piovono come monsoni, lo sport mondiale ha davvero bisogno della Russia ai Giochi?
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