L’atleta paralimpica di origine belga ha scelto di morire: le sue condizioni erano peggiorate a Rio 2016. Marieke Vervoort aveva vinto quattro medaglie ai Giochi

Marieke Vervoort non c’è più: la 40enne belga ha scelto di morire in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni fisiche. L’atleta paralimpica ha voluto l’eutanasia che è legale in Belgio. Una scelta che fa discutere in quei Paesi in cui la pratica non è riconosciuto dalla Legge, ma chi siamo noi per giudicare la volontà di chi ha combattuto ogni giorno con la malattia?

Marieke Vervoort aveva vinto quattro medaglie olimpiche

UN INFERNO LUNGO 26 ANNI FA

La storia della Vervoort fa capire che lo sport può fare molto, ma non i miracoli. La 40enne belga nata a Diest è stata costretta a convivere per 26 anni con una malattia muscolare degenerativa che le ha causato dolori costanti, paralisi alle gambe e recentemente anche attacchi epilettici. Tutti problemi che hanno finito per condizionare la sua vita. Per molto tempo la Vervoort ha trovato nello sport la sua unica possibilità di riscatto: a bordo della sua carrozzina la belga ha praticato basket, nuoto e triathlon. Nella sua carriera ha conquistato ben quattro medaglie paralimpiche: l’oro nei 100 m (T52) e l’argento nei 200 m (T52) a Londra 2012, l’argento nei 400 m (T51/52) e il bronzo nei 100 m (T51/52) a Rio 2016.

La 40enne belga ha scelto l’eutanasia per porre fine alle sue sofferenze

IL PEGGIORAMENTO IN BRASILE

Durante le ultime Olimpiadi, la Vervoort aveva detto che la sua salute era peggiorata e aveva comunicato di soffrire di attacchi epilettici. Condizioni che la avevano spinta a considerare chiusa la sua esperienza paralimpica e in prospettiva anche quella con la vita: “Mi godrò ogni piccolo momento della mia vita e avrò ancora più energia per la mia famiglia e i miei amici, una cosa che non potevo fare prima dovendomi allenare ogni giorno”. La belga aveva comunciato a Rio di aver firmato i documenti per l’eutanasia: “Se non avessi ottenuto quei documenti penso che mi sarei già suicidata perché è davvero tanto difficile vivere con questo dolore e questa sofferenza. So che quando sarà abbastanza per me, ho quei documenti. Tre anni dopo quelle parole siamo certi che sia stata fatta la sua volontà.

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Simone Lo Giudice
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