Scherma. La storia di Aldo Montano, alfiere di una delle più gloriose dinastie della storia dello sport azzurro e mondiale. Dagli inizi, con nonno Aldo e papà Mario Aldo, fino ai successi più recenti e al sogno Tokyo 2020, passando per il trionfo di Atene 2004 e il riscatto di Catania 2011.

Aldo Montano esulta durante la tappa di Padova della Coppa del Mondo di sciabola 2019 (credits: Augusto Bizzi Team, FederScherma)

La scherma e i Montano: quando la sciabola è un’affare di famiglia 

Il nonno seduto sul divano, con una sciabola finta in mano, e lui, il piccolo Aldo, con un cuscino legato alla pancia: è il suo primo assalto. Uno spaccato di vita famigliare molto particolare, perché immortala tre generazioni della scherma azzurra, quella livornese in particolare: il piccolo Aldo, infatti, deve il proprio nome al nonno, il leggendario Aldo Montano, capostipite della più vincente famiglia della sciabola italiana

Tutto ha inizio in verità molto prima, nel 1892, quando Giuseppe Nadi fonda il Circolo Scherma Fides Livorno, una delle più antiche e gloriose società sportive italiane. Beppe è un grande maestro; tra i suoi migliori allievi ci sono i suoi figli, Nedo e Aldo, e un altro Aldo, che di cognome, però, fa Montano; figlio di quel Tommaso che fondò molti dei cantieri navali livornesi ancora oggi presenti in città.

Nedo conquista un oro nel fioretto individuale a Stoccolma 1912, e ben cinque medaglie, tutte d’oro, ad Anversa 1920: nella rassegna belga condivide per tre volte il gradino più alto del podio, quello di tutte e tre le gare a squadre del programma olimpico, con il fratello Aldo, che nella medesima rassegna è anche argento nel fioretto individuale, dopo una finale che lo vede opposto proprio al fratello. Nel ’36, a Berlino, sale per la prima volta su una pedana olimpica Aldo Montano, argento nella sciabola a squadre; un’impresa che ripeterà anche a Londra 1948, chiudendo ancora una volta alle spalle della grande scuola ungherese.

È l’inizio della dinastia Montano, che prosegue con il figlio di Aldo, Mario Aldo, e i suoi nipoti Mario Tullio, Tommaso e Carlo: Mario Aldo conquista l’oro nella gara a squadre di Monaco di Baviera, in squadra con Mario Tullio; un argento a Montreal 1976 (in quartetto anche Mario Tullio e Tommaso) e dunque un ennesimo secondo posto, sempre nella gara a squadra della sciabola, a Mosca 1980 (Carlo, unico fiorettista della famiglia, vince invece un argento di squadra a Montreal). 

Proprio poco dopo l’ultima Olimpiade disputata dal padre Mario Aldo, il piccolo Aldo Montano inizia a brandire l’arma di famiglia; ha solo quattro anni, la medesima età di babbo Mario e di nonno Aldo. La pressione è molta, le aspettative ancora maggiori maggiori, ma a undici anni Aldo vince il suo primo titolo italiano, per lui, ancora oggi, una delle sue più belle vittorie. Un po’ perché, a quell’età, ogni successo ha il valore di un’Olimpiade; un po’ perché, dopo quella vittoria, abbandonerà ogni velleità di lasciare la scherma per giocare a calcio, facendo felice, oltre a papà e nonno, anche mamma Paola, che smetterà di nascondergli le lettere che le varie squadre le mandavano per assicurarsi le doti di quel giovane attaccante in erba. 

Farà scherma. Sciabola, in particolare: l’arma di famiglia. Il talento è innato; ad affinarlo ci pensa il maestro Viktor Sidjak, grande rivale in pedana di Aldo Mario, maestro al Circolo Scherma Fides sul finire degli anni Novanta. E all’inizio degli anni Duemila, Aldo Montano jr. irrompe sulla scena schermistica internazionale: oro individuale ai Campionati italiani assoluti nel 2001, bronzo nel 2002 e ancora ora nel 2003; argento nella gara a squadre dei Mondiali di Lisbona 2002; argento agli Europei di Mosca 2002 e Bourges 2003. 

Il sentiero è stato tracciato e la meta, la prima, pian piano si avvicina: Atene 2004.

Mario Aldo Montano, papà di Aldo, alle Olimpiadi di Monaco 1972 (fonte: profilo Twitter ufficiale CONI)

Atene 2004: un oro che mancava dal successo di Nadi a Varsavia 1920

14 agosto 2004, Helliniko Olympic Complex di Atene: va in scena il torneo olimpico della sciabola maschile individuale, che inaugura il programma della scherma. Trentanove atleti in gara, tre gli italiani: Giampiero Pastore, costretto alla resa al primo turno post-eliminatorie, Luigi Tarantino, eliminato agli ottavi dalla futura medaglia di bronzo, l’ucraino Vladyslav Tretiak, e Aldo Montano. Quest’ultimo, sin dal primo momento in Grecia, vedendo tutti quei cinque cerchi in città, ha come ritrovato quel clima e quelle atmosfere delle quali papà e nonno spesso gli avevano raccontato; non certo timido in pedana, Aldo ha l’adrenalina a mille, perché nonostante sia alla prima apparizione olimpica, per lui essere su quelle pedane è quasi come essere tornato a casa. E l’affetto degli amici e dei parenti che affollano le tribune ateniesi, sventolando il tricolore pur senza rinunciare ai colori amaranto di Livorno, restituiscono le atmosfere del Circolo in cui è cresciuto. 

15-12 al primo turno del tabellone principale contro il padrone di casa, il greco Constantine Manetas; dunque un netto 15-7 contro lo statunitense Keeth Smart; seguono Sergey Sharikov, il russo vice-campione olimpico di Atlanta ’96, sconfitto 15-13, nonostante la strenua resistenza dello sciabolatore mancino, e il bielorusso Dmitry Lapkes, eliminato in semifinale per 15-6. Ad attendere Aldo Montano, in finale, Zsolt Nemcsik, esponente della gloriosa scuola ungherese

Prima delle semifinali del torneo è prevista una pausa, che Montano sfrutta per tornare nella casa che la Federazione italiana ha affittato per gli schermidori olimpici. Aldo vuole rilassarsi e si avvicina, dunque, alla libreria dell’appartamento: nota immediatamente un dvd, con scritto a caratteri cubitali “Montreal ’76”. Non appena schiaccia il tasto “play”, subito riconosce le gesta di quello sciabolatore: è suo padre, impegnato nella finale della gara a squadre contro l’Unione Sovietica. Vede, in particolare, uno dei quattro punti messi a referto dall’Italia nella sconfitta 9-4 contro i sovietici guidati da Sidjak, una “linea”: suo padre mette il braccio “in linea” con l’arma, formando un angolo di novanta gradi rispetto al busto dell’avversario, e quando quest’ultimo avanza per colpirlo, papà Mario Aldo svicola il ferro sovietico, mettendo a referto la stoccata.

Gli auguri del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, livornese doc, ad Aldo Montano: “Montano, mi raccomando vinci oggi, eh”. “Certo Presidente, sono venuto qui per questo!”. (fonte: pagina Facebook ufficiale di Aldo Montano)

Ora però è in pedana, deve pensare alla sua finale, che non è iniziata nel migliore dei modi; anzi: il tabellone recita 5-1 per l’ungherese. Non si sente pronto: non controbatte, non trova la misura né il tempo, subisce. “Non guardare il pubblico, stai solo, isolati” ripete a sé stesso: ha bisogno di più leggerezza, di credere di non essere su una pedana olimpica. Funziona: 8-8. Nemcsik riprova la fuga, ma l’azzurro recupera, fino a portarsi, per la prima volta, in vantaggio: 12-11. La reazione del magiaro, però, nuovamente non si fa attendere: 13-14.

Una sola stoccata alla sconfitta. Montano respira, prova a riprendere la concentrazione, ma l’arbitro dà il via propria quando lui non se lo aspetta: Nemcsik scatta, mentre Aldo fugge all’indietro, colto di sorpresa, abbastanza scomposto; l’avversario va quindi verso di lui, rapido, ma in quel momento l’azzurro lo vede come al rallentatore, come fosse una pellicola già vista. In un certo senso è così, perché la scena è quella di quel dvd di Montreal 1976, con suo padre protagonista: arma in linea, punto, “linea”, del 14-14. Ultimo assalto: una stoccata alla vittoria, una stoccata alla sconfitta. “En garde. Prêt. Allez!”: Nemcsik, questa volta, fugge all’indietro, quasi senza motivo, e Montano aggredisce, senza più alcuna paura. 15-14: l’Italia è medaglia d’oro nella sciabola maschile individuale; un titolo che mancava da ottantaquattro anni, dal successo di Nedo Nadi ad Anversa 1920. 

È invasione di campo: amici, familiari e tifosi azzurri si gettano dalle pedane del palazzetto e irrompono in pedana, dopo il salto mortale di Aldo, che corre verso lo staff tecnico italiano e i suoi compagni di squadra. È festa, tra tricolore, magliette amaranto e lo 0586, il prefisso di Livorno, scritto a caratteri cubitali un po’ ovunque. E, soprattutto, padre e figlio si abbracciano, perché Aldo e Mario Aldo sentono di aver raggiunto, insieme, quell’unico traguardo che alla famiglia Montano era sempre sfuggito, l’oro olimpico individuale. Cui seguirà un anche un argento nella gara a squadre, con Giampiero Pastore e Luigi Tarantino.

Aldo Montano festeggia sulle pedane di Atene 2004 (fonte: profilo Twitter ufficiale CONI)

La ribalta mediatica, il bronzo di Pechino 2008 e la consacrazione di Catania 2011

Atene 2004 consegna ad Aldo Montano, oltre a due medaglie olimpiche, anche una ribalta mediatica senza precedenti. A “scoprirlo”, televisivamente parlando, è Simona Ventura, che lo vuole immediatamente a Quelli che il Calcio, trasmissione RAI di lunghissimo corso, dove segue come inviato il Livorno Calcio, tornato nuovamente in Serie A. Due anni dopo, nel 2006, partecipa quindi come concorrente al reality show La Fattoria, accordandosi con la produzione per potersi allenare per alcune ore al giorno. Perché, nonostante il richiamo del mondo dello spettacolo, la priorità dell’azzurro resta la pedana. Tanto che nel 2007 vince il quarto titolo italiano individuale in carriera e l’argento individuale ai Mondiali di San Pietroburgo.

Nel 2008, infatti, lo attendono i Giochi Olimpici di Pechino 2008, dove l’olimpionico di Atene chiude agli ottavi nell’individuale, sconfitto all’ultima stoccata dallo spagnolo, campione europeo nel 2007, Jorge Pina Pérez, e sul gradino più basso del podio nella gara a squadre. A firmare la medaglia di bronzo della sciabola italiana, con Montano, i sempreverdi Pastore e Tarantino, e la new entry Diego Occhiuzzi. 

Sono anni, i primi dopo l’Olimpiade in Oriente, in cui molti sostengono che Aldo Montano, ormai trentenne, abbia ormai fatto il proprio tempo. L’eliminazione di Pechino, nel torneo individuale, è stata sì inaspettata, ma i risultati internazionali, per la verità, ancora sorridono allo sciabolatore di Livorno: tre ori europei di squadra consecutivi, Plovdiv 2009, Lipsia 2010 e Sheffield 2011, e due argenti Mondiali, Antalia 2009 e Parigi 2010, sempre col rodato quartetto formato da Pastore, Tarantino e Occhiuzzi. Manca, sì, l’affermazione individuale in campo internazionale (in patria conquista un bronzo nel 2009 e altri due titoli nazionali in campo individuale, nel 2010 e nel 2011); ma, soprattutto, molti non gli hanno ancora perdonato le “scampagnate” televisive.

E sarà proprio a loro che parlerà, quell’11 ottobre del 2011, a Catania, con al collo la medaglia d’oro individuale appena vinta ai Campionati del Mondo: «Quando voi mi davate per finito, sbagliavate!». Lo dice ai giornalisti in zona mista, ma idealmente lo ha detto a tutti. Anche a suo padre, che, confessa, «non è venuto in Sicilia perché non credeva nelle mie possibilità». Metterà la sua firma, tre giorni dopo, anche sul terzo gradino del podio della gara a squadre e, sopratutto, l’anno successivo, sul bronzo dell’ItalSciabola a Londra 2012, la sua terza olimpiade. Non certo l’ultima.

Aldo Montano con il bronzo conquistato ai Giochi olimpici di Londra 2012 (fonte: pagina Facebook ufficiale FederScherma)

Rio 2016 e… Tokyo 2021: una storia senza fine 

Quarantadue anni e non sentirli. Già, perché tutti, o quasi, dopo Londra 2012 si aspettavano il ritiro, ma Aldo non aveva, e non ha, ancora finito. Anche perché ai Giochi di Rio 2016, dove chiude agli ottavi di finale, non era previsto quel torneo a squadre che gli ha regalato ben tre medaglie olimpiche. 

Sei titoli italiani individuali e tre di squadra; un oro, un argento e un bronzo individuale ai Mondiali, con nove medaglie, una d’oro e cinque d’argento, in quartetto; un titolo individuale agli Europei di Zalaegerszeg 2005 e dieci medaglie continentali di squadra, di cui quattro ori e cinque argenti. Quarantuno medaglie complessive tra campionati nazionali, continentali e mondiali, tra gare individuali e squadre; oltre trenta podi individuali in Coppa del Mondo, dove nell’ultima annata ha chiuso in top-30, affrontando, a quarantun’anni suonati, i migliori atleti del mondo, nell’arma in cui più contano esplosività e velocità.

Ha combattuto contro, e al fianco, di due, quasi tre generazioni di sciabolatori, dimostrandosi ancora affamato e, soprattutto, ancora tra i migliori della pista. Se non il migliore, come a Torino, nel 2016, nel Trofeo Luxardo, l’appuntamento più importante della Coppa del Mondo di sciabola. L’appuntamento è fissato: Tokyo 2021. Avrà quasi quarantatré anni, ma la stessa passione di quel bambino di quattro anni che giocava insieme al nonno: da nonno a nipote, la storia della sciabola azzurra, quella dell’intramontabile dinastia dei Montano.

Aldo Montano in pedana agli Europei di Düsseldorf 2019 (fonte: pagina Facebook ufficiale FIE)

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Niki Figus
Giornalista pubblicista. Naufrago del mare che sta tra il dire e il fare. Un libro, punk-rock, wrestling, carta e penna.

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