In molti hanno provato a definire in qualche modo Gianmarco Pozzecco: c’è chi lo ha considerato un talento sciupato, chi una testa calda e matta, chi un genio, chi un pazzo scatenato. Probabilmente nessuna di queste idee è perfettamente aderente alla realtà; o forse il “Poz” possiede tutte queste caratteristiche. In quel playmaker di un metro ed 80 c’è un concentrato di talento incredibile, qualcosa di difficilmente paragonabile ed accentuato da un fisico decisamente poco adatto ad uno sport così fisicamente esigente. Eppure il suo estro ha sempre sopperito alle carenze del corpo.
La “Mosca Atomica” (il suo soprannome dovuto proprio alla sua statura non proprio eccelsa) ha appassionato gli spettatori con il suo gioco sregolato ed imprevedibile, eccentrico e fuori da ogni schema. Tuttavia, Pozzecco ha legato il suo nome non solo alle imprese sportive ma anche alle follie che il suo carattere esplosivo ha sempre regalato. La sua carriera è stata un continuo di alti e bassi, un susseguirsi di vittorie esaltanti e crolli nervosi inspiegabili per un giocatore del suo talento. Ha vinto uno scudetto ed una Supercoppa con la maglia della sua Varese ma è stato anche uno dei protagonisti indiscussi del campionato italiano per dieci stagioni.
Nel corso della sua carriera ha vestito anche la maglia azzurra. E con la Nazionale Italiana ha disputato probabilmente la sua miglior partita. Il friulano è arrivato alle Olimpiadi di Atene 2004 sulla scia di diverse stagioni vissute sempre sulle montagne russe. Pochi ritenevano che la “Mosca Atomica” fosse in grado di trascinare la selezione azzurra di Recalcati. Quasi nessuno gli avrebbe dato delle chance quando l’Italia è arrivata in semifinale al cospetto della super Lituania di sua maestà Macijauskas e Lavrinovic.
La Nazionale campione d’Europa era un avversario temibile, ricco di talenti incredibili e considerata dagli addetti ai lavori e dagli esperti come una delle principali favorite per la vittoria finale. Ed in effetti l’avvio del match sembrava avvalorare i pronostici degli esperti, con i lituani subito avanti, imprendibili. Prima 16-5 e poi 24-15, con Macijauskas a giganteggiare sopra gli avversari. Un primo quarto da incubo per tutti ma non per il “Po”. All’inizio del secondo quarto, l’Italia, ridisegnata da Recalcati, è apparsa trasformata.
Gli Azzurri, trascinati dalla “Mosca Atomica” sono scesi in campo con un piglio diverso ed il playmaker ha zittito gli scettici dimostrando di non essere solamente un grande campione ma anche un vero leader all’interno del terreno di gioco. E le sorti del match sono cambiate incredibilmente: Pozzecco, insieme a Basile e Soragna, prima ha ridotto lo strappo (25-20) e poi ha contribuito a realizzare con clamoroso parziale di 21-0, che ha portato gli azzurri avanti 44-34. In quello strappo c’è lo zampino del genio friulano. Sua la tripla della riscossa; sempre suo il recupero ed il contropiede con tanto di tre punti finali che valevano l’aggancio e concretizzavano gli incubi dei campioni d’Europa.
La Lituania ha accusato il colpo ma non si è arresa e ciò ha reso il match uno dei più belli di sempre. Il leit motiv rimaneva lo stesso: Italia avanti e Lituania ad inseguire, in un vorticoso e continuo tira e molla. Nonostante un aggancio a quota 53, gli azzurri sono arrivati avanti all’ultimo quarto con 10 punti di vantaggio. La Lituania ha dimostrato una volta di più di essere una grande squadra infilando un parziale di 14 punti a 0 e dando avvio ad un’incredibile volata. Galanda, Basile e il solito Pozzecco hanno trascinato gli azzurri, punto su punto, canestro dopo canestro. E lentamente la Lituania ha perso contatto. Prima in modo rimediabile; poi definitivamente.
Risultato finale 100-91 per l’Italia e Pozzecco in delirio. Era il 27 agosto 2004 e quella sera la Mosca Atomica mostrò ancora una volta il suo immenso talento, cancellando dal parquet i giganti dell’Est, considerati nettamente favoriti. Quel contropiede, condotto sapientemente dalla propria area fino a quella avversaria, con tanto di tripla sparata in faccia ai lituani increduli resterà una fotografia indelebile delle emozioni azzurre ad Atene. Non saranno ricordi d’oro purtroppo: l’Argentina, squadra rivelazione del torneo olimpico, supererà la Nazionale italiana in finale.
E purtroppo i nervi di Pozzecco cederanno sul più bello, stuzzicati dalle decisioni discutibili del direttore di gara. Forse è una storia triste per l’assenza di un lieto fine ma in fondo concentra quello che il genio friulano è stato: estroso e determinante anche nelle situazioni più complicate, genuino e vero nel bene e nel male, guascone e sincero. Uno al quale non si addicono le mezze misure. Perché il “Poz” può essere amato o odiato, apprezzato o disprezzato; anche per questo è un simbolo indiscutibile del basket made in Italy.