Roberto Marson: l’atleta italiano più vincente alle Paralimpiadi. Ventisei medaglie di cui sedici d’oro e una straordinaria carriera anche da dirigente: un esempio di vita.

Roberto Marson in posa, in carrozzina, con le medaglie conquistate
Roberto Marson, il più vincente azzurro dello sport paralimpico (fonte: profilo Twitter Comitato Paralimpico Italiano)

Maglio e Guttmann: i padri dei Giochi paralimpici

L’inizio della storia dello sport paralimpico ha due nomi e due cognomi: Antonio Maglio e sir Ludwig Guttmann. Il primo fu un pioniere delle terapie di riabilitazione delle persone disabili, il secondo uno tra i più importanti neurologi di sempre. Entrambi, che sin da subito compresero l’importanza e le potenzialità dello sport nella terapia, sono i padri dei Giochi paralimpici, la cui prima edizione si tenne a Roma, nel 1960, meno di un mese dopo la XVII Olimpiade. In quell’occasione, l’Italia conquistò il primo posto nel medagliere, con ben ottanta medaglie: ventinove d’oro, ventotto d’argento e ventitré di bronzo. 

Il più vincente atleta italiano dello sport paralimpico iniziò a competere, e a vincere, però, dalle seconde Paralimpiadi, quelle di Tokyo 1964. Tuttavia, Roberto Marson non fu solo un grande atleta, fu anche, e soprattutto, uno dei grandi pionieri dello sport paralimpico mondiale.

Roberto Marson: il più vincente atleta dello sport paralimpico italiano 

Roberto inizia a fare sport quasi per caso. Perché a sedici anni, primo di sette fratelli dunque chiamato a lavorare sin da giovane, impiegato in un’impresa edile, gli cade un muro addosso. Rimane paraplegico. La sua riabilitazione si tiene al Centro Paraplegici di Ostia, gestito dall’INAIL. Nel Centro, nato nel 1957, il primo in Italia nel suo genere, lavora il professor Antonio Maglio: da quel momento, lo sport inizia a essere parte integrante della vita di Roberto Marson

Il medico italiano, infatti, dal 1956, è solito portare gli atleti che lui forma al Centro di Ostia ai Giochi di Stoke Mandeville, competizione per sportivi amputati e in carrozzina organizzata dal dottor Ludwig Guttmann, direttore del più importante centro inglese di riabilitazione motoria. I due professionisti condividono metodo e valori: a legarli non c’è solo un rapporto d’amicizia, ma anche la consapevolezza dell’importanza dello sport nei processi riabilitativi. Per questo, dal 1957, al Centro di Ostia, si tengono le gare di scherma in carrozzina: l’Italia è una delle nazioni alla testa del nascente movimento paralimpico

La squadra azzurra cresce, lentamente ma inesorabilmente, alla stregua di tutto lo sport paralimpico internazionale. Le manifestazioni raggiungono tutti gli angoli del mondo, da Stoke Mandeville a tutta l’Europa, fino all’Australia e al Giappone. E Roberto Marson diventa l’alfiere, il volto di tutto un movimento: non solo quello azzurro, ma quello di tutto lo sport paralimpico. 

Roberto Marson: l’eredità di un atleta, e di un uomo

La carriera di Roberto Marson è riassumibile, nel vero senso del termine, con la parola “storia”. 

Compete in quattro Paralimpiadi: Tokyo 1964, Tel Aviv 1968, Heidelberg 1972 e Toronto 1976. Vince ventisei medaglie: sedici d’oro, sette d’argento e tre di bronzo. Conquistate in diversi sport, dalla scherma in carrozzina all’atletica, passando per il nuoto; in numerose discipline: fioretto, sciabola e spada, getto del peso, lancio del disco e del giavellotto, nuoto stile libero e rana. A Tel Aviv 1968, dove conquista tredici medaglie, di cui dieci del metallo più pregiato, è premiato come il miglior atleta dei Giochi: ha partecipato alle gare di scherma in carrozzina, atletica, nuoto e basket in carrozzina, e ha vinto più di chiunque altro. 

Marson, però, non fu solo il più vincente atleta paralimpico azzurro, fu anche uno dei più influenti dirigenti dello sport italiano. Nel 1980 fu infatti eletto quale primo presidente della neonata Federazione Italiana Sport Handicappati (FISHa), che dal ’90 assunse la denominazione di Federazione Italiana Sport Disabili (FISD), l’odierno Comitato Italiano Paralimpico (CIP). Marson fu il presidente della FISHa dal 1980 al 1990, e dunque quello della FISD, dal ’90 al ’92. Uno dei suoi più grandi successi Roberto non lo ottenne da atleta, ma da dirigente, poiché dopo un lungo impegno, nel 1987, la FISHa venne riconosciuta ufficialmente dal Comitato Olimpico Italiano (CIO). 

Il suo nome è uno dei cento incastonati nella “Walk of Fame” dello sport italiano, che da Viale delle Olimpiadi arriva fino allo Stadio Olimpico di Roma, là dove si tennero i primi Giochi Paralimpici. Un riconoscimento conferito a cento azzurri, nelle parole del Presidente del CONI, Giovanni Malagò, per «ricordare non solo i fuoriclasse e le vittorie, ma anche le persone e i valori».

Ancora oggi le manifestazioni d’affetto e riconoscimento a Roberto Marson sono molteplici; questo perché, come diceva la moglie Lucia Sparro (conosciuta proprio al Centro di Ostia), non si ricorda tanto il presidente, oppure l’atleta, ma l’uomo. Quel Roberto Marson che fu, nello sport, in campo e fuori, un esempio. Un esempio, letteralmente, di vita.

Il 30 agosto 2012, durante i Giochi Paralimpici di Londra, la figlia di Roberto, Stefania Marson, riceve il premio della Hall of Fame paralimpica internazionale. (Fonte: WikiCommons)

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Niki Figus
Giornalista pubblicista. Naufrago del mare che sta tra il dire e il fare. Un libro, punk-rock, wrestling, carta e penna.

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