A 5 anni di distanza dalla sua morte in campo, ripercorriamo la vita di Vigor Bovolenta, campione di pallavolo amato in tutto il mondo.
IL GRANDE SHOCK
Vigor Bovolenta se n’è andato. Il gigante è volato via. Quanto sa essere tristemente fredda la parola “morte”! Emana un gelo cupo, che penetra nell’animo e toglie colore ed allegria. Svuota dentro, toglie certezze. Tutto il contrario di chi era “Bovo”, un concentrato di calore, affabilità e gentilezza. Uno con il sorriso sempre stampato in faccia, dallo scherzo facile, ma serio e professionale quando scendeva in campo. Un punto di forza per i compagni di squadra in campo e fuori. Fino a quel 24 marzo 2012, quando il palazzetto di Macerata segna l’ultima tappa della sua vita.
FENOMENO IN MEZZO AI FENOMENI
Un percorso iniziato il 30 maggio 1974 a Porto Viro, in provincia di Rovigo. Per Vigor c’era solo la pallavolo. Era un amore unico, giocare gli dà sensazioni speciali. E, grazie anche ad un fisico eccezionale, i risultati sono stati straordinari. “Bovo” è diventato subito un giocatore importante in un contesto particolarmente complesso: l’ItalVolley della generazione dei fenomeni aveva appena iniziato a mietere successi. Difficile quindi per un giovane di belle speranze emergere in mezzo a tanti campioni. Non per Vigor. Non per chi era già un campione predestinato. La carriera di Bovolenta è sempre stata fortemente legata all’Emilia Romagna: Ravenna, Modena, Piacenza e Forlì sono state le tappe con un legame particolarmente forte, al di là dei trofei conquistati. Nel palazzetti di quelle città ha giocato la miglior pallavolo. Sono state le squadre con cui ha trascorso più tempo ed ha costruito un rapporto particolarmente intenso. Non è un caso se queste formazioni lo ricordano tutt’ora. E forse è stato anche un segno del destino se Piacenza ha conquistato la Challenge Cup a dodici mesi esatti dalla sua scomparsa.
LA NAZIONALE
La carriera di Bovolenta è stata legata fortemente anche ad un tecnico speciale: Julio Velasco. Il CT dell’Ital Volley pigliatutto aveva intuito lo straordinario potenziale del ragazzone di Rovigo. Aveva capito che quei 202 centimetri potevano dare un’ulteriore rinforzo ad un team già straordinario. Sotto la guida dell’argentino, “Bovo” ha vinto quasi tutto. Peccato solamente per la partita maledetta per eccellenza, la finalissima olimpica di Atlanta 1996, persa al tie break contro l’Olanda. La madre delle beffe, la sconfitta più dolorosa. L’avventura con Velasco si è conclusa a Piacenza nel 2004, mentre la storia con la maglia azzurra si è interrotta a Pechino 2008, dopo 197 partite e 7 trofei alzati al cielo in 13 lunghi anni.
LE POLEMICHE
Vigor era un centrale straordinario. Era forte a muro, ma capace di stampare primi tempi sontuosi sul parquet. Eppure, c’è sempre il colpo a cui nemmeno le lunghe braccia di un pallavolista possono opporsi. La schiacciata imbattibile si è presentata per Bovolenta in quella triste sera di 5 anni fa sotto le sembianze di un’extrasistole fatale. Non sono mancate le polemiche per il suo impiego a livello agonistico, dato che aveva sofferto di questo disturbo cardiaco già nel corso della sua carriera. Vigor poteva essere salvato con un’esenzione?
LA FORZA DI FEDERICA
Tuttavia, “Bovo” non se n’è mai andato completamente. C’è sempre qualcosa di lui nei palazzetti, nei sorrisi degli ex compagni che lo ricordano. Si sente la sua presenza osservando la splendida famiglia che ha costruito negli anni con la moglie Federica Lisi. La signora Bovolenta ha trovato la forza per convivere con il dolore della perdita del marito e per raccontare con gioia chi era Vigor grazie anche agli sguardi vispi dei figli Aurora, Alessandro, Arianna, Angelica ed Andrea. Quest’ultimo è nato dopo la scomparsa del padre, riportando un sorriso in famiglia e dimostrando che forse è proprio vero che nessuno se ne va per sempre.
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