Si è concluso il Mondiale per club di pallavolo maschile a Cracovia. La Lube Civitanova, unica rappresentante italiana presente, non ha sfigurato, ma si è accontentata del secondo posto.
TRIONFA KAZAN, L’INCUBO ITALIANO
Stessa scena, stessi protagonisti. I giocatori dello Zenit Kazan festeggiano, mentre dall’altra parte della rete una formazione italiana è costretta ad accontentarsi di un argento amaro. Otto mesi fa, a Roma, era toccato alla Sir Safety Conad Perugia arrendersi allo strapotere dei russi, replicando le dolorose sconfitte rimediate anche a Trento e Piacenza nelle stagioni precedenti. Stavolta, è la Lube Civitanova a piangere. E sono lacrime che scorrono copiose sulle guance dei tifosi marchigiani perché, per una volta, alla vigilia, lo strapotere dei cosacchi non era così evidente. E poi c’era il cammino immacolato dei biancorossi a far ben sperare. La finale, invece, non ha regalato la tanto auspicata sorpresa. I russi sono riusciti ad imporre subito il loro gioco fisico e sfiancante. La Lube ha retto l’urto nel corso del primo set, duellando a lungo, punto a punto, trovandosi ad un passo dal successo. Ricacciato bruscamente in gola l’urlo di gioia, lo Zenit Kazan si è imposto ai vantaggi ed ha piazzato l’allungo vincente nella seconda parte dei due set successivi. Il copione è stato il medesimo: dapprima la formazione campione d’Europa in carica ha lasciato sfogare gli avversari e poi ha sfoderato un forcing deciso e determinante. Tre set a zero: 27-25, 25-22, 25-22. Nessun rimpianto, forse. Lacrime d’argento e di rammarico, sicuramente.
JUANTORENA GLADIATORE: QUANDO IL CUORE NON BASTA
Osmany Juantorena ce l’ha messa tutta. Ha lottato, ha attaccato, schiacciato il pallone con tutta la forza a disposizione. Alla fine si è dovuto inchinare ad una formazione di alieni. Uno scenario simile a Rio 2016. Allora, fu il Brasile padrone di casa a lasciarlo a bocca asciutta. Una squadra meno roboante nei nomi e nel gioco, ma sostenuta dal tifo ed agevolata da alcune decisioni discutibili del direttore di gara. Stavolta, non ci sono polemiche, ma resta la consapevolezza di aver fatto tutto ciò che era umanamente possibile. Anche per lui, il gladiatore della Lube, indomito e grintoso, generoso e carismatico. Un leader a tutto tondo. Un campione totale, a cui è mancata l’assistenza della squadra nell’ultima prova, quella decisiva. È un altro argento e questo fa male, ma deve ricordare ad Osmany ed ai suoi tifosi il grande cammino intrapreso da Civitanova con lui in campo. Questa finale è un altro mattoncino alla crescita della formazione marchigiana, non un punto d’arrivo. L’esempio di Juantorena deve servire agli altri giocatori, specialmente ai più giovani non avvezzi a disputare partite simili. Avere un insegnante ed un modello come l’Hombre italo-cubano è un vantaggio in più. E scusate se è poco.