A un anno dal tragico incidente in allenamento costato la vita a Michele Scarponi, il pubblico e i colleghi ciclisti non hanno mai dimenticato il campione marchigiano: una personalità forte e generosa, di quelle che fanno bene al mondo del ciclismo.
Era sempre sorridente Michele.
Nei momenti di gioia, in quelli un po’ più bui, mentre celebrava una vittoria e anche quando incassava una sconfitta.
Il sorriso era sempre lì, spesso a favore di telecamera e di pubblico, ma onnipresente soprattutto al termine delle riprese.
Chiedetelo a chi lo ha conosciuto bene, a chi lo ha incontrato un paio di volte o a chi ha imparato a volergli bene solo tramite la televisione.
Chiedetelo ai compagni di squadra, agli avversari che lo hanno sfidato in carriera o a quei tecnici che fanno funzionare il ciclismo all’ ombra dei riflettori.
Chiedetelo ai massaggiatori e ai meccanici che hanno lavorato con e per lui, ai direttori sportivi o agli addetti ai lavori.
Tutti, ma proprio tutti, vi risponderanno la stessa cosa: a Michele piaceva tanto ridere e far sorridere. A un anno di distanza pare non essere cambiato nulla, anche adesso che Michele non c’è più e la sua assenza sembra pesare doppio.
Scarpa se ne è andato il 22 Aprile del 2017 facendo quello che più amava, in sella alla sua bicicletta, durante una sessione di allenamento iniziata in anticipo per tornare il prima possibile a casa da Anna e dai loro gemelli Giacomo e Tommaso, ai quali aveva dedicato la vittoria di tappa nel Tour des Alps qualche giorno prima.
Michele a casa da quella mattina non ci è mai più tornato. Un incidente se lo è portato via sulle strade della sua Filottrano, di cui conosceva ogni centimetro di asfalto.
Uno scherzo del destino che ha reso tutto ancora più insopportabile. Ingiusto.
Sono passati 365 giorni da quella mattina.
Trecentosessantacinque occasioni in cui tutti abbiamo desiderato di poter riscrivere quel momento e dire a Michele di restare a casa, di saltare l’ allenamento e godersi quegli ultimi istanti in famiglia prima di partire per l’ ennesimo Giro d’ Italia in carriera. Pur sapendo che il professionista Scarponi non avrebbe mai accettato di venire meno al suo impegno.
Di lui ci restano le dediche dei colleghi e amici ciclisti, sempre pronti a rivolgere un occhio verso il cielo per sentirlo più vicino. Restano i filmati, le interviste e le foto come cornice di una carriera che ha regalato a lui e agli appassionati un legame affettivo forte, che ancora oggi va oltre il semplice tifo sportivo.
Restano i video di Michele e Frankje, il pappagallo diventato il suo compagno di allenamento prima e di gioco poi.
Restano Anna, Giacomo e Tommaso, che di Michele sono la vittoria più bella. Nei loro confronti il mondo del ciclismo ha un ruolo decisivo: ricordare Scarponi il corridore, esaltando in primis il Michele uomo. Due metà indivisibili di una personalità tanto forte da essere tuttora percepita dentro e fuori la carovana, nonostante il buco lasciato dalla sua assenza.
Infine ci resta la malinconia, la stessa che lo fa rivivere nei ricordi e negli aneddoti raccontati dalla gente.
Ed è proprio il ricordo che, in una giornata come questa, aiuta a scacciare per un attimo la pesante sensazione di vuoto.
La tristezza però, anche quella resta e non se ne va più.
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