Tanti auguri a Pasquale Gravina, ex centrale della Nazionale italiana di pallavolo e membro della cosiddetta “Generazione di fenomeni”. Ecco un ritratto del campione molisano.
UN ALLIEVO DI VELASCO
Consapevolezza dei propri mezzi, nessun alibi, fame di vittorie. Questi diventano i dogmi della rivoluzione della pallavolo italiana avviata da Julio Velasco al termine degli Anni Ottanta. Nel giro di poco tempo, la Nazionale di volley diventa una macchina da guerra pressoché inarrestabile. I ragazzi del tecnico argentino vengono ribattezzati presto “Generazione di Fenomeni”. Tra gli interpreti di questa orchestra pallavolistica straordinaria c’è anche Pasquale Gravina. Centrale nato a Campobasso il 1 maggio 1970, si fa notare presto dai vertici della Federazione e dal CT. È talentuoso ed è una spugna. Apprende molto bene l’arte del vincere. Carpisce da Velasco i segreti del successo e li mette in pratica. Anche in questo modo si spiega la straordinaria carriera del molisano tra club e maglia azzurra. Fortissimo a muro, devastante nei primi tempi e al servizio, Gravina si è sempre distinto per la pulizia nell’azione e la cura dei particolari tecnici, siano essi la posizione delle mani o l’attacco più o meno forzato in base alla posizione degli avversari dall’altra parte della rete. Un’attenzione determinante nei suoi successi.
MISTER SCUDETTO NEI CLUB
Sei tricolori, quattro Coppe Italia e tre Supercoppe italiane. Un bottino straordinariamente ricco. Indubbiamente, Gravina ha ricoperto un ruolo importante in ciascuno di questi successi. E non è nemmeno un caso se il suo apporto è stato gradito e richiesto da top club come la Maxicono Parma, la Sisley Treviso e la Lube Macerata. Peraltro, la sua influenza positiva non si è esaurita all’ambito italiano, finendo per sforare anche oltre i confini nazionali. Tre le Champions League conquistate, quattro le Coppe CEV, a dimostrazione di un’adattabilità a competizioni diverse tra di loro.
PIGLIATUTTO CON LA NAZIONALE
Gravina è stato un pilastro della Nazionale italiana per tutti gli Anni Novanta. Due volte campione del mondo, in tre occasioni sul tetto d’Europa, quattro volte vincitore della World League: pagine straordinarie di successi azzurri a cui anche lui ha contribuito fortemente. Unico rimpianto? Ovviamente la maledizione olandese del 1996, ad Atlanta, proprio quando l’Italia sembrava giunta ad un passo da uno storico e meritato trionfo olimpico. Quell’ossessione per l’oro ha spinto Gravina a ritentare l’assalto nel 2000, sempre senza successo. Rimane un rammarico relativo quando si è vinto tanto. Certamente, in un giorno speciale come quello odierno, un simile ricordo lo sfiorerà in maniera solamente parziale, sommerso dal pensiero delle tante schiacciate vincenti.