50 anni fa moriva il “gigante di Sequals”: fu campione mondiale dei pesi massimi tra ’33 e ’34. Il suo gigantismo fu sfruttato dal fescismo per farne l’emblema della razza italica.

È passato mezzo secolo dalla scomparsa di Primo Carnera, il pugile passato alla storia per il suo gigantismo e la sua forza fisica, preso a modello dal regime di Benito Mussolini come esempio di italianità. Quella del “gigante di Sequals” fu soprattutto una storia di strumentalizzazione dell’eccellenza sportiva con finalità politiche.

A 17 anni Primo Carnera fu ingaggiato come lottatore in un circo

Gli inizi di Carnera

Primo Carnera nacque a Sequals nel 1909, ma emigrò giovanissimo in Francia, dove svolse vari mestieri: prima il bracciante agricolo, poi il manovale edile, infine lo spaccapietre. A 17 anni, già dotato di un fisico eccezionale, fu ingaggiato come lottatore in un circo. Dopo un primo approccio fallito al mondo del pugilato nel 1925, nell’estate del ’28 Carnera incontrò l’ex-pugile Paul Journèe che, insieme al giornalista Léon Sée, decise di avviarlo alla boxe. Il “gigante di Sequals” fece il suo esordio, vincente, il 12 settembre del ’28 sul ring di Parigi. Da quel giorno la sua fama crebbe esponenzialmente per importanza.

Carnera all’epoca del suo apprendistato parigino: il suo esordio sul ring avvenne il 12 settembre 1928

Carnera secondo il regime: dallo scetticismo all’esaltazione

La fama del “gigante di Sequals” raggiunse ben presto anche l’Italia, dove il 25 novembre del 1928 avrebbe sfidato Epifano Islas. La stampa fascista dell’epoca sembrò inizialmente sminuirne le doti, considerandolo un vincente dotato di un’abilità pugilistica di certo non grande. Successivamente, cavalcando l’interesse del regime per il mondo del pugilato (che Mussolini considerava “lo sport più nobile” essendo il pugno “un mezzo di espressione squisitamente fascista”), la stampa fascista inizò a esaltare le doti atletiche di questo “omone da circo” di 197 cm, la cui fama raggiunse gli Stati Uniti, dove Carnera si trasferì all’inizio del ’30 e conseguì numerose vittorie. Al novembre di quell’anno risale il suo rientro in Italia, dove ricevette l’acclamazione della stampa affiliata al regime.

Il ‘fenomeno Carnera’ secondo “Lo Sport fascista”

Al dicembre del ’30 risale un’inchiesta sul “fenomeno” Carnera, pubblicata dal mensile “Lo Sport fascista” e basata sugli “eccezionali” risultati ottenuti dal prof. Giovanni Pini, che aveva visitato il “gigante di Sequals” nel gabinetto medico-sportivo dello Stadio Littoriale di Bologna. Negando le voci che volevano Carnera impegnato spesso in pasti pantagruelici, la stampa ne elogiava invece le abitudini alimentari: «questi – scriveva Pini – si nutre scarsissimamente di farinacei, mangia legumi, verdure, carne, frutta in abbondanza; non beve vino e tanto meno alcoolici, è moderatissimo consumatore di caffè, fuma due sigarette al giorno, riposa lungamente nelle ore notturne, è mattiniero, è casto. In una parola, egli è sottoposto a una disciplina e a un’istruzione metodica e corretta».

Primo Carnera in tutta la sua forza fisica: la sua figura fu strumentalizzata dal regime fascista

La questione dell’italianità

All’inizio degli anni Trenta, il fascismo vedeva in Carnera uno strumento di rettificazione dei pregiudizi: il pugile vinceva grazie a una forza smisurata e cancellava così l’immagine dell’italiano piccolo e grassoccio. Tra ’31 e ’32, il discorso legato alla sua italianità cominciò a diventare di dominio pubblico. Nel dicembre del ’31 la stampa sportiva denunciava le voci che volevano Carnera essersi presentato come cittadino francese al consolato di New York. Secondo il quotidiano sportivo “Il Littoriale”, la nazionalità infatti non era una cosa che poteva essere divisa: «chi sente l’amor di Patria – scriveva il giornale – può aver riconoscenza per un’altra nazione che gli è stata larga di ospitalità; ma non può dividere il proprio affetto». Nonostante le pressioni del regime, il “gigante di Sequals” non sembrava voler chiarire la questione: interpellato dalla stampa sull’argomento, Carnera si diceva stanco per le tante campagne portate avanti dai fogli sportivi e non, ossessionati dal desiderio di avere lumi sulla sua nazionalità. La sua natura di «ragazzo semplice e profondamente buono» (concetto ribadito più volte dallo storico Felice Fabrizio) lo portò a prestarsi alle esigenze propagandistiche del regime senza farsi troppe domande e le sue foto con la divisa della Milizia fecero il giro del mondo.

Il 29 giugno 1933, Carnera conquistò la cintura mondiale dei pesi massimi battendo, per ko alla sesta ripresa, il detentore Jack Sharkey

29 giugno 1933: Carnera sul tetto del mondo

Il fascismo sfruttò impietosamente la fulminea ascesa di Carnera, al punto da assumersi il merito della sua impresa più grande, compiuta il 29 giugno 1933, quando batté Sharkey conquistando il titolo mondiale dei pesi massimi. “Il Littoriale” individuava nella “fascistissima” giovinezza la virtù principale di Primo, che aveva saputo compiere un vero e proprio miracolo sportivo; quel successo scatenò l’entusiasmo di tutti gli sportivi italo-americani presenti al Madison Squadre Garden di New York. Qualche giorno dopo Mussolini accolse a braccia aperte il nuovo campione dei pesi massimi tra le mura di Palazzo Venezia a Roma: in quell’occasione Carnera si affacciò dal balcone che dava su Piazza Venezia indossando l’uniforme della Milizia fascista. Roma fu teatro anche della sfida che Carnera lanciò nell’ottobre ’33, quando mise in palio il titolo mondiale contro lo spagnolo Paulino Uzcudun: nella cornice di Piazza di Siena, affollata di 60.000 spettatori, alla presenza di Benito Mussolini, “il gigante di Sequals” si impose con una netta vittoria ai punti, conquistando anche il titolo di campione europeo.

Nell’estate del ’33 Primo Carnera fu ricevuto da Mussolini nella Sala del Mappamondo a Palazzo Venezia

Dalle prime sconfitte al ritiro

Il fascismo, però, non poté cavalcare l’onda del successo del suo “pugilatore” prediletto ancora per molto: il 14 giugno 1934, infatti, Carnera, sceso nuovamente sul ring del Madison Square Garden di New York, perse il titolo mondiale contro l’americano Max Baer. In quell’occasione, come nelle altre a seguire, la stampa si adeguò alle direttive stabilite nelle veline del Minculpop (Ministero della Cultura Popolare, ndr) che proibiva di pubblicare fotografie rappresentanti il pugile a terra, battuto. Subita quella sconfitta, Carnera imboccò il viale del tramonto. Il 25 giugno 1935 arrivò un’altra sconfitta, questa volta contro l’americano Joe Louis. Alla fine del ’37 il “gigante di Sequals”, afflitto dai seri problemi fisici in seguito ai danni riportati nei lunghi anni passati sul ring, lasciava il mondo del pugilato. La memoria fascista di Carnera fu rilanciata dalla stampa sportiva nel 1942 in occasione del ventennale della ‘marcia su Roma’: in quella data il pugile originario di Sequals, che nel frattempo si era dato al cinema, fu ricordato come simbolo di “combattività” e “destrezza”, doti grazie alle quali era passato alla storia come il primo italiano in grado di vincere il titolo di Campione mondiale assoluto in terra d’America.

All’estate 2007 risale l’emissione del francobollo dedicato a Primo Carnera

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Simone Lo Giudice
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