Manca poco all’inizio dell’edizione del Giro d’Italia numero 100. Andiamo a ripercorrere insieme i momenti più intensi e significativi della corsa rosa.

L’azione infaticabile di Fausto Coppi (fonte Gazzetta dello Sport)

LA NASCITA DI DUE LEGGENDE

“Un uomo solo al comando. La sua maglia è biancoceleste. Il suo nome è Fausto Coppi. Con questa frase il giornalista Mario Ferretti aprì il suo collegamento radiofonico per la Cuneo-Pinerolo, diciassettesima tappa del Giro d’Italia 1949. Per molti, la frazione simbolo della corsa rosa. Una gara destinata ad entrare nella leggenda ed a consacrare per sempre uno dei più grandi talenti di questo sport. Sorprendentemente, la Cuneo-Pinerolo sancirà anche l’ingresso tra i miti del giornalismo anche dello stesso Ferretti. Il celeberrimo incipit della sua radiocronaca fu ripresa sui quotidiani dell’indomani e divenne un modello per gli altri colleghi. Ed è curioso che la svolta definitiva della sua carriera sia coincisa con l’affermazione più celebre di un amico d’infanzia. In fondo anche questo è il bello della vita.

UN CAMPIONE PRECOCE

Nel 1949 Fausto Coppi era già considerato un campione unico, l’unica vera alternativa a Gino Bartali. Nato il 15 settembre 1919 a Castellania, aveva vinto il Giro nel 1940, correndo da gregario di Ginettaccio alla Legnano. Al termine della guerra, era tornato a gareggiare con la Bianchi. Nel 1946 aveva stravinto la Milano-Sanremo rifilando un quarto d’ora al secondo classificato. Era elegante, maestoso. Sembrava planare lungo la strada. Lo chiamavano “l’Airone”. Soprannome centrato. Volava silenziosamente su ogni terreno, ma in salita si esaltava. Non era uno scalatore puro, ma sembrava avesse un motore inesauribile. Leggero, grazioso, ma tremendamente veloce e resistente. Nel 1947 aveva conquistato il secondo Giro della sua carriera e due anni più tardi cercava il tris sulle strade italiane. Doveva essere il sigillo del dominatore. Si sarebbe rivelato l’ingresso nell’epica, grazie alla tappa.

IL FOLLE VOLO

Il giorno dei giorni è il 10 giugno 1949. L’Airone ha già conquistato due frazioni nella corsa più importante d’Italia, ma, a sorpresa, in testa alla classifica generale c’è Adolfo Leoni, velocista capace di imporsi alla Milano-Sanremo 1942. Tuttavia, arrivano le salite più severe e per lui, a meno di clamorosi miracoli, la Maglia Rosa rischia di diventare solo un testimone da consegnare in una staffetta ideale al re delle montagne presenti nella temibile Cuneo-Pinerolo. Leoni ce la mette tutta, ma Maddalena, Vars, Izoard, Moncenisio e Sestriere sono troppo anche per la sua strenua resistenza. Sul primo colle, la corsa si accende. Bartali rallenta per controllare i freni che non sembrano al meglio. Coppi coglie l’attimo di indecisione e calma relativa presente nel gruppo ed apre le ali. È l’inizio del folle volo. Mancano 192 chilometri al traguardo di Pinerolo. Ci sono altre quattro asperità da scalare. Ma l’Airone non può fermarsi, ha iniziato la sua maestosa planata. Pedalata dopo pedalata, nel suo rapido incedere. Sullo sterrato, sugli strappi severi e duri. Un colpo di pedale dopo l’altro. Alle sue spalle, si lancia all’inseguimento Ginettaccio Bartali. Il toscano non vuole lasciar fuggire il piemontese. Lo scrittore Dino Buzzati raccontò così quel duello a cui assistette di persona:

“Quando oggi, su per le terribili strade dell’Izoard, vedemmo Bartali che da solo inseguiva a rabbiose pedalate, tutto lordo di fango, gli angoli della bocca piegati in giù per la sofferenza dell’anima e del corpo – e Coppi era già passato da un pezzo, ormai stava arrampicando su per le estreme balze del valico – allora rinacque in noi, dopo trent’anni, un sentimento mai dimenticato. Trent’anni fa, vogliamo dire, quando noi si seppe che Ettore era stato ucciso da Achille. È troppo solenne e glorioso il paragone? Ma a che cosa servirebbero i cosiddetti studi classici se i loro frammenti a noi rimasti non entrassero a far parte della nostra piccola vita? Fausto Coppi certo non ha la gelida crudeltà di Achille: anzi, tra i due campioni, è certo il più cordiale e amabile. Ma in Bartali anche se scostante e orso, anche se inconsapevole, c’è il dramma come in Ettore, dell’uomo vinto dagli dei”.

LA RICERCA DEL SILENZIO E LA LEZIONE DI UMILTA’

E le divinità del ciclismo guardarono a terra sostenendo le ali dell’Airone fin verso il traguardo di Pinerolo. Una planata lunghissima ed appassionante, coronata dall’applauso degli appassionati. E Fausto? Timido ed umile, si limitò a sorridere. Alfredo Martini, terzo al termine di quella tappa, alle spalle del Campionissimo e dell’uomo di ferro toscano, racconterà alla Gazzetta dello Sport: “Coppi era unico. Non esaltava mai la sua prodezza. Non alzava le mani sul traguardo. Aveva la faccia dolente. Sembrava dispiaciuto di aver umiliato gli avversari. Ha insegnato l’umiltà alla gente. Invece del frastuono della vittoria era come se cercasse il silenzio“.

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Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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