Sono trascorsi quindici anni dalla scomparsa dello scalatore romagnolo, ultimo ciclista a realizzare la doppietta Giro-Tour. E ancora non è stata fatta pienamente luce sulla sua morte, piena di dubbi e particolari controversi.

Marco Pantani sul traguardo di Les Deux Alpes (fonte Italiani.it)

Fine della corsa. Stop con le grandi imprese ed il tifo degli appassionati. Finisce tutto in una stanza d’hotel. Curiosamente, il destino ha proposto a Marco Pantani questo scenario in ben due occasioni in altrettante camere d’albergo. Il 5 giugno 1999, l’Hotel Touring di Madonna di Campiglio segna una cesura fortissima nella carriera dello scalatore romagnolo, avviato a conquistare con merito il suo secondo Giro d’Italia ed il terzo Grande Giro in carriera dopo la vittoria nella corsa rosa e al Tour de France nella stagione precedente. Il controverso e discusso caso dell’ematocrito si conclude con l’esclusione del Pirata, avviando irrimediabilmente la parabola discendente. Cinque anni dopo, nella serata del 14 febbraio 2004, Marco muore in circostanze ancora poco chiare all’Hotel Le Rose di Rimini, lasciando incredulo e sgomento il mondo.

GIALLO NELL’HOTEL

Pantani aveva abituato gli appassionati ad associarlo al giallo. In parte per uno dei colori più evidenti della divisa della Mercatone Uno, la squadra con cui ha ottenuto i successi più significativi; in parte per il richiamo cromatico della maglia gialla del Tour de France, la corsa vinta dopo una rimonta impressionante a Les Deux Alpes nel ‘98. Il colore del leader della Grande Boucle, però, è anche lo stesso che si evoca pensando al mistero della morte di Marco. Inizialmente, Pantani è stato dichiarato deceduto per overdose di cocaina. Una morte causata dalla dipendenza nata per combattere in qualche modo la depressione che lo avvolgeva da diversi anni. Pantani si sentiva incompreso e poco protetto da un mondo ritenuto amichevole prima del caso di Madonna di Campiglio e poi divenuto critico e cinico nei suoi confronti. Alcuni scritti ritrovati nella sua stanza, che parlavano del desiderio di fuggire dal suo mondo e della richiesta ai colleghi di aprirsi e di raccontare la verità su quanto accaduto al Giro del ’99, hanno spinto a credere anche alla tesi del suicidio. Quel “”È tutto un complotto. Tutti sanno come vanno le cose nel ciclismo, ma hanno voluto colpire solo me” ha fatto capire quanto grande fosse il desiderio di Marco di isolarsi. Il Pirata ha vissuto gli ultimi giorni solo, senza bagagli. Eppure la teoria della morte autoinferta è stata messa in discussione da tanti aspetti. Innanzitutto, la stanza è stata ritrovata completamente a soqquadro, distrutta da una furia cieca, che non sarebbe attribuibile esclusivamente ad una sola persona. E poi le telefonate alla reception per chiedere di far intervenire la polizia contro un individuo fastidioso. Richiesta rimasta inascoltata. E poi il lavandino che le prime testimonianze dichiarano staccato dalla sua sede e poi tornato al posto di partenza, attaccato al muro, nel video della scientifica. Senza dimenticare il mistero della pallina di coca accanto al cadavere di Marco non individuato da coloro che avevano fatto ingresso nella stanza. E ancora, esisteva realmente un ingresso secondario da cui Pantani poteva entrare ed uscire liberamente e da cui dunque il possibile assassino avrebbe fatto irruzione uccidendo il romagnolo? Il tempo passa, le inchieste si aprono e chiudono con un nulla di fatto, ma il mistero rimane.

ETERNO

Non sfuma il ricordo delle gesta del fuoriclasse italiano. Il Pirata è riuscito a rendere il ciclismo popolare alla pari del calcio. Le salite diventavano santuari sacri, densi di misticismo e religiosità. Posti che gli appassionati prendevano d’assalto per assistere dal vivo al momento dello scatto decisivo, della progressione mozzafiato. Il palmares dello scalatore non è stato sterminato come quello di Merckx, Coppi, Indurain ed altri grandissimi, ma Marco attraeva come un magnete, rendeva ogni gara una sorta di spettacolo teatrale da godersi nell’attesa del colpo risolutore. Mai prima di lui l’arrivo di una tappa somigliava ad una bolgia da stadio. Impossibile dimenticare il ruggito dei tifosi del romagnolo a Montecampione, nella frazione che vide Pantani staccare Tonkov ed ipotecare il Giro, paragonabile all’urlo del Maracanà nelle giornate di gloria. Impossibile allo stesso modo dimenticare la tristezza ed il senso di impotenza di fronte alla notizia della sua scomparsa. Un addio triste e ancora senza un vero perché.

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Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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