Da Luca Lovelli, il nostro inviato alle Olimpiadi

Le dichiarazioni di Gianlorenzo Blengini, coach della Nazionale Italiana maschile di volley, al termine della sconfitta contro l’Argentina ai quarti di finale a Tokyo 2020.

Fonte Foto: pagina Facebook Federazione Italiana Pallavolo

Una partita che non ci aspettavamo, abbiamo avuto due momenti di difficoltà nel secondo

“Soprattutto nel secondo, nel senso che avevamo due punti di vantaggio e lì abbiamo commesso qualche errore di troppo sul servizio, quello gli ha permesso di rifiatare e di conseguenza hanno iniziato a difendere molto e quindi sono rientrati in partita. Il terzo set lo abbiamo sfruttato per riorganizzarci e credo che il quarto non ci sia bisogno di commentarlo.

Il match l’ha deciso un turno di battuta dove c’è stata una mancanza di attenzione e non puoi distrarti vicino al tie breack. Loro hanno trovato un bel turno e quel recap lì in quel momento verso il finale di set non ti permette più di avere il tempo necessario per recuperare. Credo che ci si aspettava questo match, non è una sorpresa, io l’ho detto prima che iniziasse il torneo e, non per fare il visionario ma con la mia esperienza ho imparato a leggere queste situazioni e loro arrivavano qua con i loro migliori giocatori in un momento di maturità quasi ideale.

L’Argentina era una squadra che a Rio, nonostante fosse cinque anni più giovane, aveva vinto il girone, e infatti ha dimostrato fin da subito la determinazione nel torneo battendo la Francia e nettamente gli Stati Uniti. Sapevamo, sia prima che durante, che avremmo incontrato una squadra capace, esperta, che difendeva molto e che sbagliava poco. L’abbiamo affrontata umilmente sapendo fino in fondo il livello di difficoltà, credo inoltre che la squadra abbia dimostrato l’approccio e la resistenza, dopo essere andati sotto 2-1, ma non è bastato. Complimenti all’Argentina che va avanti, noi ci fermiamo qua”.

Hai rimpianto il fatto di non avere avuto Ivan al massimo, o magari non averlo schierato dal primo minuto?

“Non ho rimpianti, io ho chiesto alla squadra di non avere rimpianti e mi assumo completamente la responsabilità delle scelte e delle decisioni. Ivan ha dato ogni goccia di sudore e di fatica, cercando di dare il suo contributo pur con problemi. Anche Simone ha fatto degli straordinari per cercare, nonostante il suo problema che esiste e persiste, di dare contributo alla squadra, come hanno fatto tutti coloro che stavano anche meglio di lui.

Io ho cercato di accompagnare la squadra nei momenti cercando di compensare le difficoltà, e l’ho fatto cercando di metterci l’esperienza e la buona fede, cercando di avere un’analisi libera da ogni condizionamento. Credo che la cosa più importante sia il fatto che, sia chi è partito, che chi è subentrato, ha provato a dare il cento per cento anche se non era al massimo. Non abbiamo mai cercato di trovare scuse, non abbiamo parlato dei problemi che avevamo, sia perché sapevamo di non essere gli unici ad averli, sia perché non ci piace, quello che ci piace è raccogliere quello che abbiamo, buttarlo sul campo e sperare che basti per vincere”.

Come sono stati questi sei anni per te in Nazionale?

“Per me allenare queste sette stagioni la Nazionale è stato prima un grande orgoglio che un privilegio. Io sono grato prima di tutto a Libenzio Conti che ha proposto al presidente Magri di darmi questo incarico e di conseguenza mi hanno entrambi accompagnato con grande supporto e appoggio. Successivamente agli altri esponenti come Cattaneo che mi ha confermato e Manfredi che, sia prima che dopo esser diventato presidente, mi ha dato un supporto percepibile quasi fisicamente.

Sono grato a tutti i giocatori con cui ho avuto il piacere di rapportarmi, con chi si è incazzato perché non accettava le mie decisioni e con chi si è sentito gratificato perché magari non si aspettava una chiamata o di essere titolare da esordiente. Loro hanno onorato questa maglia e in loro ho trovato il massimo impegno per portare il più in alto possibile la maglia azzurra, anche se a volte non ci siamo riusciti, per me l’impegno vale più di tutto”.

Si è parlato dei problemi di tattica e altro, ma ti è mai passato per la mente di dire che questa trasferta olimpica era probabilmente una buona occasione per raggiungere l’oro?

“Non lo faccio mai, perché cerco di capire quali sono i valori, le cose che servono alla squadra e i problemi da migliorare o da mascherare, in caso non ci sia il tempo per fare tutti i dovuti aggiustamenti. Vado avanti guardando veramente all’avversario successivo e alla partita successiva, non mi pongo un obbiettivo preciso. È ovvio che quando partecipi alle Olimpiadi il tuo obbiettivo è quello di raggiungere l’oro, però sai che non ci puoi pensare prima e devi quindi ragionare partita per partita. Ci sono squadre che vanno fuori nei gironi, avendo il favore del pronostico o avendo l’ambizione di arrivare a medaglia, altre che vanno quasi fuori e poi vincono la medaglia. Credo che questo sia il bello dello sport, fare previsioni lascia il tempo che trova, ed è proprio questo che emoziona, perché c’è incertezza e lo spettatore è lì che non sa fino all’ultimo chi vince o chi perde”.

È la prima volta dal 1992 che non andiamo in semifinale alle Olimpiadi

“Non so cosa vuol dire, per me sono solo statistiche. Su queste cose credo ci siano dei valori e che il livello si sia alzato, ma non voglio trovare né spiegazioni né scuse da questo punto di vista. Questo è stato il nostro torneo, poi tutto il resto non conta. Credo che fosse già difficile qualificarsi a questa Olimpiade perché si sa la situazione delle squadre europee. A livello generale l’asticella si è alzata, per esempio l’Iran è uscita ai gironi e a Rio era arrivata ai quarti, senza contare che ha battuto la Polonia. Penso che l’esempio appunto dell’Iran che batte alla prima giornata la Polonia, candidata numero uno per l’oro, e gli USA che stanno fuori dai quarti di finale, esprimano al meglio il mio concetto. Detto questo noi abbiamo cercato di andare il più avanti possibile senza porci limiti su dove arrivare, l’Argentina ha fatto tre punti su di noi al tie break, è arrivata prima a quindici e merita di avanzare”.

C’è chi parla della storia del doppio incarico e del contratto non rinnovato

“Ho fatto medaglia d’argento nel pieno del doppio incarico, quando facevo sia estate che inverno a tempo pieno. Questi sono i ragionamenti che si fanno dopo, per cui non viene il risultato e allora si parte dalla conclusione per poi cercare degli elementi che sostengano la conclusione. Non funziona così, uno prende prima degli elementi e poi arriva a una conclusione. Coma mai lì non è saltato fuori il problema del doppio incarico e invece salta fuori solo ora? Il tema riguarda il fatto che lì siamo andato alla finale olimpica e qui no. Se non è sufficiente, come spiegazione, la competitività e il livello del torneo o l’equilibrio tra le squadre allora provate a cercare voi una spiegazione”.

Si parla anche della decisione sull’utilizzo della Vnl

“È un’altra di quelle cose che si valutano col senno di poi. Io vi chiedo, se fossimo andati in Vnl e il risultato non veniva, di chi sarebbe stata la colpa? per quello dico che mi assumo la responsabilità delle scelte, valutare dopo è più semplice, ma essere professionali significa anche prendersi il rischio. Io so che la scelta di non andare in Vnl era ragionata, perché per prima cosa avevo bisogno di un momento di pausa lunga per alcuni giocatori, alcuni dovevano curarsi e altri allenarsi a giorni alterni; dall’altra il ritmo gara che in un mese viene perso. Questa non era una squadra da costruire ma da prolungare a livello di esperienza. Questo è stato il ragionamento che mi ha guidato in questa scelta”.

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