Il 5 maggio 2000 si spegneva Gino Bartali, campione di ciclismo ed eroe durante la Seconda Guerra Mondiale.
Moltissime volte i campioni sportivi mostrano più lati di sé. Perlopiù succede durante le competizioni: c’è chi si trasforma in spietato cannibale e chi mostra comunque un lato cavalleresco. Meno facile addentrarsi nella sfera privata. Moltissimi atleti si impegnano con la solidarietà verso chi è meno fortunato. Difficilmente però si troverà qualcosa di paragonabile a quanto fatto in vita da Gino Bartali. Lo impongono i tempi, certamente lontanissimi dai venti di guerra avvertiti negli Anni ’40. Ma a far la differenza è anche la caratura umana di un uomo davvero speciale.
IL CAMPIONE
Quando si parla di Bartali bisogna tenere presenti entrambe le sue sfaccettature. In ambito sportivo è stato “Ginettaccio” o l’ “Uomo di ferro”. Un campione a tutto tondo, tenace e dotato di una tempra straordinaria. E’ stato uno dei più grandi scalatori di sempre nel ciclismo. Prendeva le salite di petto, un po’ come faceva con le sfide che la vita gli riservava. Innestava un rapporto durissimo per tutti e a suon di progressioni si levava la concorrenza di ruota. Il suo palmares recita tre Giri d’Italia, due Tour de France, tre Lombardia e quattro Milano-Sanremo. Chissà quanto avrebbe potuto arricchirsi ulteriormente senza le stagioni perse per la Seconda Guerra Mondiale e Fausto Coppi, il grande rivale di una vita. Infiniti i duelli con l’Airone piemontese, rimasti comunque nel segno della correttezza e del rispetto reciproco. Nonostante abbia vinto meno rispetto all’avversario, il toscano ha saputo conquistarsi comunque un posto di rilievo. Il capolavoro sportivo assoluto resta la vittoria al Tour 1948, quando, a 34 anni, rimontò ben mezz’ora di ritardo al francese Louison Bobet sulle Alpi, arrivando a Parigi in trionfo. Un successo che, si dice, contribuì fortemente a riportare la normalità dopo i tafferugli scoppiati in seguito all’attentato al leader del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti.
L’EROE
Poi c’è il Gino privato e segreto, poco noto persino ai suoi cari. Durante la Seconda Guerra Mondiale rese la propria bicicletta uno strumento di salvezza. E non in senso metaforico: pedalava spesso, compiendo tratte da 175 km tra Firenze e Assisi per consegnare in una stamperia nella cittadina umbra documenti da falsificare che poi sarebbero stati utilizzati per salvare ebrei perseguitati. Inoltre le carte venivano tenute al sicuro nel telaio della bici, permettendogli così di aggirare i posti di blocco. Quando non bastava questa infinita staffetta promossa dal rabbino di Firenze Nathan Cassuto e dall’arcivescovo del capoluogo toscano Elia Angelo Dalla Costa, Bartali trovò altri sistemi, nascondendo nella propria cantina alcuni ebrei in fuga dalle persecuzioni nazi-fasciste. Gino rischiò parecchio. Nell’autunno del 1943 venne persino arrestato dalle milizie del comandante Mario Carità e fu rilasciato per mancanza di prove di attività clandestine, solamente perché nessuno esaminò la bicicletta. Bartali non parlò ai famigliari delle sue azioni. Sosteneva che “il bene si fa, ma non si dice”. Lo confidò solamente diversi anni dopo al figlio Andrea. Lo stato di Israele non si è dimenticato di lui. Nel 2013 Gino è stato inserito nell’elenco dei “Giusti tra le nazioni”. Cinque anni dopo la cittadinanza onoraria israeliana. Titoli che il campione toscano non ha potuto festeggiare personalmente, dato che è scomparso il 5 maggio 2000 a quasi 86 anni. Da vent’anni a questa parte il mondo è davvero un po’ più povero.