Qualche cinefilo lo ricorderà come la comparsata che non t’aspetti in Cronache di poveri amanti (1954), il film di Carlo Lizzani tratto dall’omonimo romanzo di Vasco Pratolini. All’epoca Adolfo Consolini, il lanciatore del disco nato povero ma ricco di talento, era già diventato l’oro d’Italia: tre volte agli Europei (Oslo 1946, Bruxelles 1950 e Berna 1954) e in un’occasione persino alle Olimpiadi (Londra 1948). In Il tempo sperperato. Nel ricordo di Gianni Brera (2013), presentato all’Università di Pavia in occasione della mostra “La (dis)informazione sportiva” andata in scena quasi tre anni fa presso il Salone Teresiano, compare un contributo di Claudio Gregori de La Gazzetta dello Sport a proposito di Adolfo Consolini, raccontato e intervistato dal giornalista di San Zenone al Po. Per raccontare le gesta di Adolfo scomodiamo dunque la penna di Giovanni riportata da Claudio.
Il 18 gennaio 1946 Brera pubblica la sua prima intervista. Con Adolfo Consolini, numero dell’atletica italiana. Consolini spiega i risultati mediocri nel peso con una rilevazione: “Non posso lanciare il peso. Non posso perché ho il braccio rotto, vedete? A 15 anni me lo sono rotto cadendo da cavallo. Mio padre aveva un cavallo un po’ ombroso, un po’ carogna. E siccome voleva farmela ogni volta, un giorno gli sono balzato addosso indignato e cercai di domarlo. Dapprima corse via al galoppo e tutto andò bene. Poi d’improvviso scartò e rimasi domato io” […]
L’intervista regala novità. Racconta Consolini: “Fino a 18 anni neanche sapevo se esistesse atletica. Poi a Verona durante un incontro di tamburello, il prof. Bovi della Bentegodi mi venne vicino, incominciò a parlarmi di riunioni, di possibilità atletiche, di viaggi e mi invogliò a raggiungerlo sul campo”. Nella stessa giornata Bovi gli fa provare il salto in lungo, il peso, il giavellotto e, ultimo, il disco. Consolini non aveva mai visto un disco. Racconta: “Bovi mi invitò senz’altro a lanciare ed io alla meglio cercai di scagliare lontano quella strana pesante ciambella di ottone e di legno. Al primo lancio 31 metri e settanta. Prima ancora di cominciare, dunque, ero diventato campione sociale della Bentegodi”. I dirigenti pagano un bracciante che lo sostituisca nel lavoro dei campi.
Consolini aveva già stabilito il record del mondo con 53,34 il 26 ottobre 1941 […] Brera scrive: “Noi vediamo nel suo lancio indomito, nella sua tenacia paziente, nella sua serietà encomiabile la prorompente vitalità sportiva di un popolo che gli eventi contrari e disgraziati hanno voluto misero e invilito, ma che sempre ritrova in se stesso la forza di sopravvivere e progredire. Noi vediamo nell’affermazione superlativa di Adolfo Consolini uno dei più validi elementi della nostra rinascita civile, così come nell’atleta campione del mondo vediamo in questi tempi per noi così difficili, uno dei più efficaci assertori dello scosso prestigio italiano”. Brera descrive Consolini come “il gigante buono delle favole, il cavaliere senza macchia e senza paura che sbrana cento nemici alla volta, ma perderebbe la vita per non calpestare un fiore”, come “il pacifico ambasciatore del nostro paese umiliato da una guerra spaventosa e non voluta: egli porterà fuori dai confini d’Italia il prorompente messaggio di vita del nostro Popolo che non vuole morire, che ha ancora in sé tanta vitalità da primeggiare nell’ambito delle attività pacifiche e civili” […]
Dal 22 al 25 agosto 1946 a Oslo ci sono gli Europei di atletica […] Brera assiste alla doppietta di Consolini e Tosi nel disco e scrive: “Lanciato in vertiginosa spirale, nell’angusto limite della pedana, il campionissimo ha dato all’Italia una vittoria a cui il record dello stadio norvegese offre nuovo e alto prestigio. Egli è apparso superbo, ma gli applausi del pubblico, la gioia della vittoria, l’hanno accomunato ancor più a Tosi poiché oltre che avversario Tosi gli era compagno e fratello in quel trionfo italiano” […]
Il 6 maggio 1947 Emilio De Martino diventa direttore de La Gazzetta dello Sport, e dirige le operazioni ai Giochi di Londra. Il giorno dell’inaugurazione Brera, defilato, racconta da Richmond Park gli allenamenti di Consolini e Tosi […] Il 2 agosto, però vive il momento inebriante della vittoria di Consolini. Piove e Giuseppe Tosi prende la testa al primo lancio con 51,18. Poi, racconta Brera: “Al secondo turno Consolini forza la macchina; la pedana è già mal ridotta dalla pioggia e dalle zampate dei dodici concorrenti, ma il campione della Pirelli si volge leggermente a sinistra per trovare terreno meno smosso e lancia con ottima scioltezza a 52,78. La folla, non meno di 80mila persone, incomincia ad allibire” […] Tosi si migliora a 51,78, così i due azzurri sono primo e secondo. “Adolfo Consolini è raggiante e abbraccia Oberweger, abbraccia Tosi: la sua grande giornata è venuta, ha realizzato il suo sogno. La bandiera italiana è salita sul pennone di Olimpia, l’Inno sacro del nostro Paese che rinasce è risuonato nello stadio immenso di Wembley” […]
Dal 20 luglio 1952, a Helsinki, Brera accanto a Calvino, inviato dell’Unità, racconta la sua seconda Olimpiade […] Il 22 luglio tocca a Consolini e Brera scrive: “Da undici anni conserva il predominio agonistico mondiale. Per sette anni ha detenuto il primato tecnico… Ha vinto un’Olimpiade e pochi anni innanzi mieteva il grano e vangava la terra da contadino ignaro di sé e della propria potenza. Egli è il gigante buono di quella moderne e poetica favola che è lo sport… Non può perdere Adolfo Consolini”. Invece Consolini, 54,78, viene battuto dallo statunitense Iness. Brera scrive: “Dal sentimento deluso una stolta, invincibile amarezza. Dalla ragione, invece, un riconoscimento doveroso del valore di Iness, della sua strapotenza di giovane atleta in ascesa”.
Poi va agli Europei di atletica leggera a Berna, dal 25 al 29 agosto del 1954 […] Esulta ancora per la doppietta di Consolini, 53,44, e Tosi, 52,34, in un fondo titolato Le passerette e le “balene”. Le passerette sono le azzurre, le balene i discoboli. Tosi era quinto prima dell’ultimo lancio. Poi: “Il suo pancione alla Porthos piroettò nel saltello; il braccio lo seguì solidale e ben alto per la tremenda frustata… il disco volò lontano a sfiorare il picchetto di Consolini ormai sicuro campione”.
Alla soglia dei quarant’anni, Consolini partecipò alle Olimpiadi di Melbourne 1956, giungendo sesto in finale. E quattro anni più tardi partecipò a Roma 1960. Alla sua quarta ed ultima Olimpiade, Consolini fu nominato capitano della Nazionale italiana e pronunciò il Giuramento degli atleti all’apertura dei Giochi. Tuttavia nella gara di lancio del disco “il ragazzo di Costermano” non riuscì a qualificarsi per la finale. Ma in fondo il suo gran finale era già andato in scena. Dopo oltre un ventennio fatto di ori e gloria, conquistati nella prima metà del XX secolo.