Da sempre considerata la regina delle Olimpiadi, l’atletica leggera è lo sport che attrae più spettatori e più federazioni partecipanti. Per questo le medaglie in questa disciplina hanno un valore speciale.
Gli azzurri ne hanno raccolte finora 60, 19 delle quali d’oro, dalla doppietta di Ugo Frigerio nel 1920, alla marcia 50 km di Alex Schwazer (sic!) nel 2008.
Prima delle due olimpiadi dei boicottaggi, gli italiani avevano vinto solo 9 ori, poi a Mosca ne arrivarono tre in un’unica edizione e a Los Angeles 1984 bissarono il risultato. Ed è proprio di questi tre ori che ci occuperemo in questa storia olimpica.
Sappiamo che quella di Los Angeles fu la seconda edizione “monca” a causa della “vendetta” dei paesi comunisti per il boicottaggio degli USA e dei suoi alleati nell’edizione precedente, Mosca 1980, per protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan. Questo fattore aiutò gli atleti azzurri nel raggiungere il più alto bottino (7 medaglie) di sempre nell’atletica delle quali tre d’oro. Tuttavia per molti versi fu Olimpiade vera, dato che gli USA, tradizionalmente sempre forti, si prepararono oltre limite per l’appuntamento casalingo.
La prima gioia arrivò il 6 agosto e, forse, fu la meno inaspettata. In programma la finale dei 10.000 metri piani, in quella che era un’epoca antecedente all’esplosione degli atleti africani nel mezzofondo.
Alberto Cova, detto il ragioniere per i suoi studi e per la condotta di gara, già da un paio d’anni dominava sui 10.000 metri. Merito del suo allenatore, Giorgio Rondelli, che capì le potenzialità del brianzolo sulla distanza lunga quando già dominava sui 5.000. Dopo un paio d’anni di allenamenti e prove in competizioni minori, esordisce nel 1982 agli europei ed è subito campione d’europa sui 10.000 con soli 18 centesimi di vantaggio sul tedesco dell’est Schildhauer e sul finlandese Vainio.
L’anno dopo bissa ai mondiali di Helsinki davanti anche all’altro teutonico dell’est Kunze. All’ultimo giro i tedeschi si staccano ed Alberto sembra in difficoltà ma negli ultimi 150 mette il turbo e passa tutti andando a vincere di soli 14 centesimi.
Naturale quindi che a Los Angeles si presenti da favorito. Mancano solo i due tedeschi ma ci sono tutti gli altri, compreso il portoghese Mamede fresco primatista mondiale. Come ad Helsinki, quando Vainio allunga, l’azzurro sembra spacciato ma recupera nell’ultimo mezzo giro e vince l’oro completando la tripletta. Alberto non raggiungerà più questi livelli: vincerà l’argento nel 1986 agli europei di Stoccarda dietro a Stefano Mei e davanti a Salvatore Antibo in un podio tutto azzurro ma poi non arriverà in finale né ai mondiali di Roma né alle Olimpiadi di Seul chiudendo la carriera un paio d’anni dopo per un problema alla caviglia e dandosi alla politica.
Gli altri due ori arrivarono l’11 agosto.
Quello di Alessandro Andrei nel peso fu l’oro meno previsto della storia dell’atletica. È vero che mancavano i grandi specialisti della Germania Est ma l’azzurro fino ad allora non aveva praticamente vinto nulla anche se nel 1984 aveva portato il primato italiano a un ragguardevole 21,50. Aveva infatti cambiato il proprio stile di lancio adottando la “traslocazione lineare”, spalle rivolte alla zona d’atterraggio, perfezionando lo stile che aveva permesso allo statunitense Patty O’Brien di vincere ai giochi negli anni ’50.
Sulla carta, gli statunitensi Laut e Carter insieme allo svizzero Wolf erano i favoriti per le medaglie. Alessandro però non ha nulla da perdere e quando al terzo lancio balza in testa con 21,26 pensava al massimo di essere salito sul podio. Nessuno invece lo superò e andò così a vincere uno storico oro per gli azzurri. Festeggiò la medaglia mangiandosi una fiorentina da quasi 4 chili, dopo che era stato a dieta ferrea nei venti giorni precedenti la finale.
Nel 1987 tornerà sul podio, argento, ai mondiali e, in una storica giornata a Viareggio, batterà tre volte il primato del mondo portandolo a 22,91, tutt’ora record italiano, il 23mo da lui stabilito. Successivamente la carriera di Andrei non raggiunse più risultati di livello mondiale e, pur ritirandosi formalmente solo nel 2004, visse il declino della sua generazione di pesisti a causa, forse, anche dell’inasprimento dei test antidoping.
La terza medaglia d’oro arriva, gradita, in campo femminile. Prima di Los Angeles solo Ondina Valla a Berlino e Sara Simeoni a Mosca (argento in questa edizione) erano riuscite nell’impresa.
La protagonista è una minuta padovana di 27 anni, Gabriella Dorio. Talento precoce, già campionessa italiana a 17 anni, è alla sua terza Olimpiade. A Montreal era arrivata sesta mentre a Mosca, con il nuovo record italiano, si era dovuta accontentare della medaglia di legno. L’unico paese dell’est europa presente a Los Angeles è la Romania e rumene sono proprio le due atlete più forti del lotto, Doina Melinte e Maricica Puică, vincitrici in California degli 800 e dei 3000.
La Dorio ha vinto il bronzo agli Europei nel 1982 ma è arrivata solo settima ai mondiali l’anno prima, sempre nei 1500 metri. Inoltre i test preolimpici non hanno fatto registrare buoni tempi anche perché afflitta da dolori al gluteo destro e al tendine d’achille sinistro, dovuti anche al fatto che ha una gamba leggermente più lunga dell’altra.
Durante la finale invece si “nasconde” per buona parte della gara, parte in progressione ai 600 ma solo per costringere la Melinte a forzare. La rumena abbocca e Gabriella la infila sul finale quando la rivale non ne ha più cogliendo uno storico alloro, l’ultimo finora dell’atletica femminile azzurra.
Questo è anche il punto più alto della sua carriera. Dopo le Olimpiadi si ferma per la prima maternità (la figlia Anna Chiara Spigarolo ha raggiunto buoni risultati a livello giovanile) e al rientro nel 1986 sembra poter tornare competitiva. Purtroppo una serie di infortuni a raffica la fermano spesso facendole saltare anche mondiali di Roma e i Giochi di Seul. Riesce a qualificarsi ai mondiali di Tokyo 1991 ma viene eliminata nelle batterie degli 800 e dei 1500 e prima delle Olimpiadi di Barcellona annuncia la sua seconda maternità e il ritiro definitivo dalle gare. Gabriella è stata una delle più grandi atlete italiane e detiene ancora svariati record italiani tra cui, ovviamente, i 1500 metri.