Per gli amanti di Marco Pantani, il 19 luglio è una data da celebrare: 20 anni fa, il Pirata scriveva una pagina indelebile dello sport italiano ed internazionale, vincendo sull’Alpe d’Huez e stabilendo il record di percorrenza della salita.

Marco Pantani in azione sulle strade del Tour de France

L’INIZIO DELLA RESURREZIONE

Allungo, tornante ed ancora allungo. Una curva dopo l’altra, Marco Pantani scava il solco. Vola via rapido ed inesorabile sull’Alpe d’Huez, salita conclusiva della 13a tappa. Fino a quel momento, la vittoria del Tour de France 1997 non è mai stata in discussione: netto il dominio del tedesco Jan Ullrich. Il Kaiser, forte di una condizione psicofisica straordinaria, ha controllato la corsa, vincendo a cronometro ed addirittura sui Pirenei ad Arcalìs. È sembrato a tratti imbattibile, un marziano. Per molti il nuovo padrone delle corse a tappe. Pantani, invece, stava cercando di ricostruirsi dopo l’infortunio alla Milano-Torino 1995 e la lunga riabilitazione dell’anno successivo. Il rientro al Giro ’97 non è risultato affatto semplice. E poi un gatto ha provocato una caduta nell’8a frazione ed ha causato il ritiro tra le lacrime del Pirata romagnolo. Sfortuna su sfortuna. È stato un duro colpo al morale dello scalatore. Il suo inferno è fatto di fratture, dolori fisici intensi e dubbi atroci sulla sua competitività e sul suo futuro. Ce la farà Marco, l’idolo delle folle, che incantò tutti sul Mortirolo nel ’94, a vincere nuovamente? Il Tour de France 1997 è diventato l’occasione per trovare risposte importanti. E la tappa dell’Alpe d’Huez non può essere banale.

L’IMPRESA ED IL RECORD

Quando la carovana francese approda ai piedi della salita più famosa delle Alpi francesi, Pantani si trova a ridosso del podio. La sua gara è stata buona, ma non eccezionale. Manca l’acuto, il consueto show da campione. Eppure l’aria di montagna ha un effetto unico su Marco. Lo rivitalizza, gli fa sentire le gambe nuovamente vive e scattanti. È un altro Pirata. Lo si capisce subito dalle prime rampe del “serpentone” francese, le cui spire contano 21 tornanti. Il romagnolo inizia ad imprimere un ritmo sempre più elevato. Ad ogni curva, si alza sui pedali e rilancia l’azione, aumentando velocità e cadenza di pedalata. Ed il gruppo si allunga a dismisura. Il Pirata si mette in testa e continua a martellare. I volti degli avversari si fanno via via più contratti. Sulla scia del campione della Mercatone Uno si mette la Maglia Gialla Ullrich, scortato dal gregario e campione in carica Bjarne Riis e dalla Maglia a pois Richard Virenque. Nuova accelerazione di Pantani: si stacca il vincitore del Tour 1996, mentre il tedesco ed il francese stringono i denti. Altro scatto: l’acido lattico ferma il leader della classifica degli scalatori. Restano in due, il piccolo romagnolo ed il Kaiser. Continua l’azione di Marco: dopo l’ennesimo tornante, aumenta ulteriormente il ritmo. Ullrich si ingobbisce sulla bici, perde metri, si disunisce. Per la prima volta in quel Tour, la Maglia Gialla è in difficoltà. Pantani vola via, nessuno lo può contrastare. La pendenza sembra svanire sotto le ruote della Bianchi del Pirata. Marco è solo sul traguardo. Rallenta leggermente il ritmo mentre sta per oltrepassare la linea. Toglie le mani dal manubrio, le stringe in due pugni e li agita mentre caccia un urlo liberatorio che viene dal profondo del cuore. Ce l’ha fatta: ha domato l’Alpe d’Huez e gli avversari e lo ha fatto stabilendo il record di ascesa del gigante francese: 37’35’’. Gli altri sono lontani. Ullrich paga 47’’, Virenque addirittura 1’27’’.

UN TRAMPOLINO VERSO I TRIONFI FUTURI

Quella tappa ha un significato speciale per Marco. L’urlo liberatorio dice tutto. È il compimento della sua resurrezione. Vincere vuol dire tornare a vivere. Significa ripensare a sé stesso come potenziale vincitore di una corsa a tappe. E così sarà. Al terzo posto al Tour 1997 farà seguito una doppietta storica nell’anno successivo, quando il Pirata conquisterà sia il Giro d’Italia sia la Grande Boucle. Ma quel “doublete” è divenuto possibile grazie alla rinascita alpina, grazie all’urlo più famoso della recente storia del ciclismo. Il grido di un campione ritrovato.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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