Sono trascorsi dieci anni dalla vittoria di Wouter Weylandt nella terza tappa del Giro d’Italia 2010. Il belga morirà sulle strade della corsa rosa nella stagione successiva.

Wouter Weylandt (fonte velonews.com)

Braccia alzate, indici verso il cielo. E un sorriso limpido, segno tangibile di una gioia genuina. Wouter Weylandt festeggiava così i suoi trionfi. Passare il traguardo per primo era una sensazione piacevole, un’ebbrezza a cui si stava abituando con sempre maggiore frequenza. Del resto si era intuito fin dagli esordi che questo belga classe 1984 avesse una stoffa davvero particolare. Nel 2005 era stato selezionato dalla Quick-Step per uno stage, ma una mononucleosi aveva rinviato il suo esordio. Non era bastato a frenarlo, come dimostra il primo acuto al Grand Prix Briek Schotte. Forse Weylandt non era predestinato, ma aveva qualcosa di speciale. Se ne era accorto un grandissimo delle due ruote, Tom Boonen, al punto da scegliere Wouter tra i suoi gregari fidati. Sapeva che il nuovo arrivato non gli avrebbe fatto mancare il supporto in corsa e fuori. “Wout”, dal canto suo, aveva imparato rapidamente l’arte del successo. Una stoccata nella Vuelta 2008 e diversi acuti nelle Fiandre. Vittorie maturate grazie a una velocità pura notevole e una buona lettura della volata.

FESTA ROSA

Con una buona dose di aspettative Weylandt si presentava ai nastri di partenza nel Giro d’Italia 2010. La corsa rosa è sempre stata l’occasione giusta per chi vuole emergere, a maggior ragione se l’edizione è di quelle particolarmente pazza. Wouter non era ancora pronto per diventare un cacciatore di classiche come l’amico Boonen. Eppure aveva fiuto, sapeva come ricavare una grande opportunità da situazioni apparentemente complesse. Considerando questa particolare attenzione ai dettagli non stupisce se sia riuscito a far breccia presto tra gli appassionati della gara a tappe più prestigiosa. “Wout” ci ha messo solamente tre tappe per andare a segno. Il maltempo, l’assenza di un vero padrone tra gli uomini di classifica e la condotta aggressiva di diverse squadre hanno contribuito a rendere le prime tappe assolutamente incerte. L’occasione per il belga si è presentata il 10 maggio nell’ultima frazione in terra olandese, da Amsterdam a Middelburg, prima del trasferimento in Italia. La pioggia ha seminato il caos nel gruppo, con tante cadute illustri, su tutte quella della maglia rosa Cadel Evans. Ultimo chilometro: ecco un gruppetto di una cinquantina di elementi. Traguardo sempre più vicino, l’adrenalina aumenta pedalata dopo pedalata. Meno 500 metri, anzi 300. Ora si è ai meno 200, è il momento degli sprinters, gli attori protagonisti della volata. Davanti a tutti una sagoma biancoblu, seguita da un avversario. Pedala forte l’omino con la divisa della Quick-Step. Veloce, velocissimo, fino a tagliare per primo il traguardo. A braccia alzate, con gli indici al vento. Una giornata meravigliosa firmata Wouter Weylandt

IL DRAMMA

Sono trascorsi dieci anni da quel trionfo. Fa male parlarne al passato conoscendo le tragiche dinamiche di un futuro che ha concesso al belga solamente dodici mesi in più sull’amata bicicletta. Trecentosessantacinque giorni dopo, “Wout” era ancora lì, in sella per sfidare gli altri sulle strade del Giro d’Italia. Sognava di ripetersi ancora, di vincere magari per dedicare il successo alla moglie Anne Sophie che lo avrebbe reso padre pochi mesi dopo. Progetti svaniti nella discesa del Passo del Bocco. Voltandosi per cercare i compagni, Wouter valuta male la curva, tocca un muretto e rimbalza sull’asfalto in un impatto terrificante. Nove anni dopo la sua scomparsa rimane il senso di ingiustizia nei confronti del destino che si è accanito tanto con il corridore belga. Una beffa per tutti noi che non potremo goderci ancora quel sorriso contagioso, in mezzo alle braccia alzate mentre festeggia uno dei suoi capolavori.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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