Basket, NBA. Il punto sul campionato di pallacanestro oltreoceano, giunti all’All Star Game: come procede la stagione dei San Antonio Spurs di Marco Belinelli?
Basket, NBA 2019: San Antonio Spurs, una stagione particolare
Concluso l’All Star Weekend, la NBA si avvia verso la fine della regular season, con la stagione destinata ad entrare nel vivo da metà aprile, quando inizieranno i playoff.
La stagione NBA 2019, tuttavia, si presenta alquanto particolare per i San Antonio Spurs. In primo luogo, a causa di un’estate assai “movimentata”, un’assoluta novità per una franchigia che, per un ventennio, quello targato coach Gregg Popovich, ha fatto della costanza e del “non far parlare si sé” i principali punti di forza.
In off season, infatti, il “caso Kawhi Leonard” ha fatto, oltre che un gran parlare, alzare più d’un sopracciglio. L’angeleno, MVP delle finali 2014, cui risale l’ultimo titolo dei nero-argento, infatti, ha inaspettatamente chiesto la cessione, costringendo gli Spurs a scambiare quello che la franchigia considerava l’erede naturale di Tim Duncan, cruciano che dal ’97 al 2016 ha regalato ben cinque titoli ai texani. Il giocatore, tra quelli che abbiano militato nelle quattro principali leghe americane (NBA, NFL, NHL e MLB), con la miglior percentuale di vittorie: 70,1%.
Leonard è dunque volato ai Toronto Raptors, insieme ad un’altra colonna portante degli Spurs, Danny Green, in cambio dell’All Star DeMar DeRozan. Che, insieme a LaMarcus Aldridge, è andato a formare la nuova ossatura di San Antonio.
In secondo luogo, perché i San Antonio Spurs sono una tra le squadre, in un contesto NBA in cui il tiro da tre la fa da padrone, più “anacronistiche”. La squadra di coach Pop ed coach Ettore Messina, infatti, è penultima per tiri da tre punti tentati (24.9 a partita), la prima, invece, per percentuale di realizzazione dall’arco (40,9%). Essendo, di conseguenza, la prima per numero di tentativi da due (63.3). Ma anche la prima per realizzazione dalla lunetta (82,3%), ventesimi per tentativi (21.6).
Ciò che colpisce di San Antonio, tuttavia, è la porosità difensiva, metà campo tradizionalmente il punto di forte dei texani. Settimi per punti segnati (112.3 a partita), o, per essere più precisi, sesto offensive rating della lega (113.2), la squadra di Popovich è ventiduesima per punti concessi (111.4), ventitreesimo difensive rating della lega (112.2).
I texani, tuttavia, al di là d’ogni dubbio, sono settimi nella Western Conference: 33 vittorie e 26 sconfitte il record. In linea, dunque, per una casella playoff. Preoccupano le recenti sconfitte nel “rodeo trip“, il giro di trasferte che annualmente San Antonio fa quando all’AT&T Centre, loro “casa,” si svolge, appunto, il rodeo. Solitamente il momento della stagione nel quale i ragazzi di Pop raggiungono la quadratura del cerchio, ha portato in dote quattro sconfitte nelle prime quattro partite: non era mai successo.
Nonostante tutti i dubbi che circondano la franchigia, tuttavia, la massima per cui “esistono solo tre certezze nella vita: la morte, le tasse e gli Spurs con cinquanta in stagione regolare“, anche quest’anno, sembra quasi certezza.
La stagione di Marco Belinelli: i numeri dell’azzurro, in attesa dei playoff
Per Marco Belinelli la stagione NBA 2018-2019 è la dodicesima nella lega; la terza, considerate le precedenti esperienze, con la maglia dei San Antonio Spurs. Con la quale l’azzurro, nel 2014, è diventato il primo italiano a vincere un titolo NBA. Anno, per altro, nel quale Marco vinse anche la gara del tiro da tre punti nel sabato dell’All Star Game, contro avversari del calibro di Steph Curry, Kyrie Irving e Damian Lillard.
Il “Beli” viaggia questa stagione con 10.9 punti, 1.9 assist e 2.3 rimbalzi, in 22.7 minuti di media (quinto Spurs per minutaggio); 23.4 punti, 5 rimbalzi e 4.1 assist per cento possessi. Quinto realizzatore degli Spurs, tra i più prolifici della lega in uscita dalla panchina, l’azzurro tira col 46.3% da due, col 38.2% da tre e il 92% ai liberi: 57.1% di percentuale reale (indicatore che assegna differente punteggio al tiro da due, tre e libero). La seconda di sempre in carriera, dietro il 60.2% dell’anno del titolo.
Ma per capire il “Marco-tiratore”, al di là dei numeri, basta vederlo in campo: piazzato, dal palleggio o dopo un pick&roll, piedi per terra oppure tutto storto in fadeaway, non esiste tiro che l’azzurro non possa prendere e segnare. Il tutto, unito ad un’ottima proprietà nel portar palla, ad una sagace capacità di leggere le situazioni in attacco e ad un’esperienza, mista alla conoscenza del “sistema-Spurs”, che lo rendono un pezzo fondamentale del mosaico di coach Popovich.
Chiamato per dare sostanza dalla panchina degli speroni texani, insieme, in primis, al veterano nero-argento Patty Mills, a Davis Bertans (68.2 di percentuale reale al tiro, primo nella lega tra chi ha giocato almeno mille minuti in stagione) e a Jakob Poeltl, il supporting cast è forse la più lieta notizia della stagione per Popovich.
La panchina di San Antonio, infatti, produce una media di 38.3 punti (dodicesima della lega), dando alla squadra tiro da tre punti, segnato col 41.3% (la migliore): un 79.9% reale al tiro (la terza della NBA), che ne fanno, con un +5.1 di plus-minus (la differenza tra punti fatti e subiti) la sesta della lega. E il merito, ovviamente, è anche di Marco.
A contratto con San Antonio anche il prossimo anno, l’azzurro sarà fondamentale per i texani sopratutto in ottica playoff, considerate le capacità, le percentuali da tre e ai liberi e la decennale esperienza. Oltre alla possibilità, parsimoniosamente concessagli da Pop, si “uscire dal sistema”. In un ruolo, con i dovuti distinguo, in collaborazione con Mills, a là Ginobili.
Ma, a maggior ragione in questa stagione, così particolare per Beli e compagni, a una ventina abbondante di partite dalla conclusione, nulla può dirsi scontato.
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