La 12a tappa è stata conquistata dalla Maglia Gialla Geraint Thomas (Sky), davanti a Tom Dumoulin (Sunweb) e Romain Bardet (AG2R).

Geraint Thomas (fonte Channel 103)

IL FILM DELLA 12a TAPPA: THOMAS BIS NEL CAOS

È l’Alpe d’Huez o il Far West? Domanda legittima vedendo quanto accaduto sulla celebre salita del Tour de France. Doveva essere una giornata cruciale per la Grande Boucle 2018. Lo è stato, ma in negativo. E purtroppo torna alla memoria il patatrac del Mont Ventoux di due anni fa, nel 14 luglio funestato poi dal dramma di Nizza. La corsa più importante del panorama francese ripiomba nell’incubo sicurezza e lo fa nella frazione più spettacolare, quella con la Croix de Fer e con l’ascesa “degli olandesi. Effettivamente c’è stato un “tulipano” ad infiammare la gara, il solito indecifrabile Steven Kruijswijk, in fuga dai primi chilometri e ripreso solamente sulla regina delle Alpi francesi. Il vero fattaccio si consuma ai meno 5: Chris Froome (Sky) accelera per andare a riprendere il contrattaccante Romain Bardet (AG2R). Dietro di lui succede di tutto. Una moto passa vicino ai corridori, in mezzo ad una folla troppo invadente, con fumogeni rossi ad oscurare ulteriormente la visuale. Non si comprende la dinamica esatta, ma il risultato è disastroso: Vincenzo Nibali (Bahrain Merida) finisce a terra. Successivamente, la diagnosi del suo scivolone parla di una possibile frattura vertebrale. Se così fosse, il Tour de France sarebbe compromesso, ma lo Squalo rischierebbe anche di dover salutare il Mondiale di Innsbruck in autunno. Laddove non arriva la razionalità di beceri ultras e la miope organizzazione, ci pensa la sensibilità degli altri corridori. Quando Nibali riprende la bicicletta e tenta di raccogliere i cocci della sua corsa, in testa ci sono Bardet, Froome, la Maglia Gialla Geraint Thomas (Sky) e Tom Dumoulin (Sunweb). Più distante Kruijswijk, ormai in riserva di energie. Peggio ancora per il team Movistar, malamente naufragato con Alejandro Valverde sul Croix de Fer e con Nairo Quintana, staccato dopo un tentativo sulle prime rampe dell’Alpe d’Huez. Unico superstite dello squadrone spagnolo è Mikel Landa. Il quartetto al comando non accelera. Si attende il rientro di Nibali. Tutti hanno compreso ciò che è accaduto e le ragioni del distanziamento del campione siciliano. Froome e Dumoulin si voltano, attendono il rientro del rivale. Thomas attende notizie dalla radio. È un bellissimo momento cavalleresco. Perché sarà anche vero che “corsa è corsa e pietà l’è morta”, ma ci sono fattacci che poco hanno da spartire con la gara. Eventi sfortunati con cui troppe volte negli ultimi anni si sono trovati a fronteggiare i ciclisti della Grande Boucle. Il quartetto prosegue pedalando lentamente, sembra tendere la mano allo Squalo ferito. D’un tratto la magia si rompe a causa di Bardet, che sceglie di interpretare il ruolo del cattivo e scatta in faccia al buon senso. Gli avversari replicano e lo riprendono. Dumoulin va in testa ed accelera distanziando parzialmente Froome e Bardet. Che fare, caro Tom? Meglio fermarsi replica la razionalità dell’olandese. Meglio attendere. È grazie al suo rallentamento se Nibali non paga eccessivamente dazio, scontando solo 13 secondi di passivo. Un distacco minimo che però fa gridare comunque allo scandalo se si pensa che la giuria di gara non ha ritenuto necessaria l’applicazione del medesimo procedimento utilizzato per il fattaccio del Mont Ventoux 2016, con Froome, Porte e Mollema gettati a terra da una brusca frenata di una moto, sempre a causa del pubblico insubordinato. Una scelta quantomeno discutibile. Comunque, la volata per la vittoria c’è, eccome. Rivince Thomas che bissa il successo di ieri. Secondo Dumoulin, terzo Bardet. Froome si piazza quinto allo sprint.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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