Siya Kolisi come Fraçois Pienaar, lo Stade de France di Parigi come l’Ellis Park Stadium di Johannesburg, la storia che si ripete, con il Sudafrica campione del mondo di rugby per la quarta volta nella propria storia.

Gli Springboks, magistralmente allenati da Mister Jacques Nienaber, hanno conquistato la loro quarta Ellis Cup, in dieci edizioni complessive della kermesse, dopo la prima storica affermazione proprio nel Sudafrica post-apartheid, a cui erano seguiti gli acuti delle edizioni del  2007 e 2019, in Francia e Giappone.

Con questa affermazione la nazionale sudafricana diventa la prima compagine a calare il poker iridato, mentre il suo capitano, Siya Kolisi, affianca l’idolo All Blacks Richie McCaw nel Pantehon a due di chi da capitano ha alzato per due volte consecutive la Coppa d’Oro più preziosa per che gioca con la palla ovale.

Primo tempo

La partita si è subito stappata al terzo minuto di gioco con l’azzardata presa al collo del neozelandese Frizzel su Bong Mbonambi che, oltre a costringere l’arbitro Wayne Barnes alla prima ammonizione del match, ha determinato il calcio piazzato trasformato dall’infallibile Handre Pollard. Il piede fatato del sudafricano, tra l’altro, si è poi rivelato uno dei punti di forza decisivi della squadra di Nienaber, che ha trasformato anche il secondo tiro di giornata, portando il parziale sul 6-0 E pensare che il tallonatore sudafricano è stato recuperato dallo staff della nazionale al fotofinish per il Mondiale, richiamato per sostituire il collega Malcom  Marx, infortunatosi.

La Nuova Zelanda si è poi risvegliata con Richie Mo’unga che ha momentaneamente accorciato le distanze, portando il tabellino sul 6-3. L’ onnipresente Pollard, però, pochi minuti dopo ha calciato nuovamente tra i pali il piazzato numero tre, riportando gli Springboks più sei sui kiwi di Wellington.

Al 29′ ecco l’episodio centrale di tutta la gara. L’esperto, nonché capitano degli All Blacks, Sam Cane si rende protagonista di un’entrata azzardata, spalla contro volto, sul rivale Jesse Kriel. Per l’arbitro Barnes, con l’ausilio del Tmo, non ci sono dubbi, cartellino rosso e Nuova Zelanda in inferiorità numerica fino all’80’, tra le lacrime disperate del capitano All-Black.

Cinque minuti più tardi è ancora Pollard a dettare legge con un altro piazzato realizzato, parzialmente controbilanciato dal tiro da tre di Mp’unga che porta le squadre al riposo sul 12-3.

Secondo tempo

La ripresa si apre con due potenziali azioni da meta clamorosamente sprecate dai sudafricani che, oltre a lasciare aperto il match, devono subire la forza d’urto e d’orgoglio degli avversari, rientrati più tonici e determinati dal tunnel dello stadio. Al 56′  viene annullata al neozelandese Aaron Smith una meta per un precedente avanti nella touche ad inizio azione. Al 60′, finalmente, arriva la prima meta regolare della gara per mano di Barrett che fa partire l’azione offensiva per poi concluderla magistralmente sulla linea dopo la fantastica apertura di gioco di Mark Telega.

Il successivo, determinante calcio piazzato viene però clamorosamente fallito da Mo’unga che lascia i suoi a -1 dai rivali. Al 73′ anche Barrett sbaglia un altro piazzato, quello della possibile vittoria. Il Sudafrica resiste, gagliardo, agli ultimi attacchi, più inerziali che altro, degli avversari e a 30 secondi dalla fine una palla “in avanti” concede la mischia che gli permette di mettere al sicuro l’ultimo pallone della gara e, finalmente, di confermarsi sul tetto del mondo. Da Johannesburg a Pretoria, da Città del Capo a Port Elizabeth, un intero Paese di 62 milioni di anime è in festa. La Nazione arcobaleno guarda di nuovo tutti dall’alto al basso, Kolisi alza la Webb Ellis Cup, la storia è fatta… che somiglianza con il 1995!

 

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