La storia dello sci italiano, Alberto Tomba. Dalla vittoria al “parallelo di Natale” da sconosciuto alle medaglie olimpiche. La storia di Alberto Tomba, rockstar dello sci alpino italiano.

Alberto Tomba alle prese con la seconda manche a Calgary 1988

Quando un diciottenne sconosciuto stupì tutti

C’è chi sulla neve ci nasce, chi indossa gli scarponi prima delle scarpe, per necessità ancor prima che passione. E poi c’è chi invece vede le prime nevicate con un occhio diverso, con stupore. C’è chi guarda affascinato cadere dal cielo fiocchi di neve e rimane incantato. Punti di vista diversi, in base al luogo di nascita. Per qualcuno poi la neve diventa quasi una seconda pelle, diventa il strumento per divertirsi e giocare. C’è chi fa pupazzi di neve, chi scrive le iniziali sue e della propria amata a suggellare un’amore che non ha bisogno del fuoco per essere scaldato. C’è chi, invece, ci scrive la storia. Alberto Tomba, è uno di questi. Nasce a Bologna e i primi fiocchi di neve che vede sono quelli che gli permettono di non andare a scuola, gli scarponi verranno più in là, non nella sua Bologna, ma sull’Appennino. Da svago a passione, da passione…a lavoro. Il piccolo Alberto mostra subito un talento fuori dal comune ma, a dire il vero, non è preso in grande considerazione dai tecnici federali, tanto che entra a far parte sì della nazionale, ma di quella B. Poi però, il mondo si accorge di lui. Era il 23 dicembre del 1984 e Milano era tirata a lucido per le feste natalizie. In programma il classico “parallelo di Natale”, sulla Montagnetta di San Siro. Cominciano le eliminazioni eccellenti ma il nome Tomba continua ad andare avanti, fino alla fine. Vittoria. La gente sbalordita si chiedeva chi fosse, la stessa Gazzetta dello Sport titola “Un giovane sciatore vince il parallelo”. Nessuno, o quasi, lo conosceva. Bene, sarà la prima e l’ultima volta.

Vincente e rockstar, Tomba uomo spettacolo

Paura? Nessuna. Lo testimoniano le sue seconde manche. Oltre trenta le volte in cui ha dovuto aspettare la discesa di tutti e lui, dopo ventinove discese di attesa, è stato chiamato a difendere il primato. Bene, solo per due volte non ha confermato la vittoria. Sinonimo di sicurezza nei propri mezzi e spavalderia, quella sana, quella che uno sportivo non può non avere. Cinquanta vittorie in coppa del Mondo cinque medaglie olimpiche di cui tre ori e, per non farsi mancare niente quattro medaglie ai campionati del mondo di sci alpino. Tomba è vittorie e spettacolo, orgoglio e spavalderia, come quando si rifiutò di gareggiare e tornò in albergo perchè “io con il pettorale numero 29 non scenderò mai”. Da quella sua polemica ha cambiato, almeno in parte, l’assegnazione dei pettorali e, di conseguenza, lo sci. Rockstar amata ed odiata allo stesso tempo lui, le mezze misure, non le ha mai conosciute, alla stregua della paura. Tutti hanno tifato almeno una volta per lui, se non altro quando, durante il Festival di Sanremo nel 1988, tutto si interruppe, per pochi minuti, per vedere la sua seconda manche a Calgary 1988.

Tra delusione ed invidia ora lo sci lo guarda da lontano

Nell’organigramma della federazione il suo nome manca, è evidente. Il perché non sa spiegarlo bene neanche il diretto interessato ma forse, il motivo, va ricercato nella personalità straripante di Alberto. Ha sempre detto quello che pensava e, come ammette Tomba, “per un ruolo istituzionale non è il massimo”. In Bulgaria c’è anche una pista intitolata a lui, sulle Dolomiti, nella sua Cortina d’Ampezzo, no. Domande che però è meglio non rivolgere allo sciatore più famoso della storia dello sci azzurro, lui guarda avanti, come sempre. Pronto, ancora una volta, a sciare la seconda manche meglio della prima.

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