Un anno fa, l’Italvolley di Blengini scriveva una delle più belle pagine dello sport azzurro, vincendo la semifinale olimpica contro gli Stati Uniti. Andiamo a rivivere le emozioni di quel pomeriggio indimenticabile.

DALL’INFERNO AL PARADISO

A volte, il confine tra l’Inferno ed il Paradiso è delimitato da millimetri. Lo è nella vita, ancor di più nello sport. Un esempio lampante di questa affermazione è il pallone scaraventato dal servizio di Ivan Zaytsev sulla riga dei nove metri del campo statunitense nella semifinale olimpica di Rio 2016. Il risultato vede Italia e USA in perfetta parità, 22-22, ma con gli americani avanti 2 set a 1. Merito di un cambio di passo attuato dalla seconda frazione, dopo aver dilapidato un margine di 7 lunghezze nella prima partita, regalando il momentaneo vantaggio agli azzurri (30-28). Il 28-26 e l’inequivocabile 25-9 sembrano indicare l’inizio della fine per i ragazzi di Blengini. Gli statunitensi sembrano incontenibili, Anderson su tutti. L’Italia resta aggrappata con i denti alla partita. Il cuore, più che i muscoli, tiene a galla Zaytsev e compagni, che a tratti sembrano anche trovare grandi giocate, ma non scalfiscono minimamente la solidità degli avversari. Quando gli USA trovano l’allungo nel quarto set, sembra quasi impossibile rientrare. Ed invece avviene il miracolo. Lo Zar Ivan si presenta al servizio e martella la ricezione americana. Controbreak Italia, 22-22. Servizio Zaytsev: palla chiamata lunga dagli arbitri. Gli azzurri chiedono la verifica dell’occhio di falco. A tutti sembra la mossa della disperazione, anche se, sotto sotto, l’Italia intera cova la speranza di smentire l’apparenza. Un’intera nazione si stringe idealmente attorno ai propri beniamini, abbracciati mentre osservano il maxischermo con le immagini della moviola. Ecco il responso. Il computer ricostruisce la traiettoria. Tutta l’Italia spera che la traiettoria si interrompa il prima possibile, in modo che termini in campo. Si allunga ancora, prosegue appena oltre la riga. Gli statunitensi abbozzano un sorriso, forse è fatta. Si allarga l’immagine. Il pallone ha subìto una grande deformazione e con l’estremità superiore ha toccato la riga. Questione di millimetri. Cambia tutto. Il campo azzurro ribolle di gioia, adrenalina, euforia, mentre tra gli americani iniziano a prendere piede la paura e l’insicurezza. È 23-22 Italia, ma Zaytsev non si ferma e chiude con un ace il set, 25-22. Tie break per cuori forti. Eppure lo scampato pericolo trasfigura i ragazzi di Blengini e demoralizza gli avversari. Il vento è cambiato. Si nota ad ogni punto di Juantorena, Giannelli, Lanza, Birarelli, Zaytsev e Buti. Il pubblico li trascina, ma sono loro stessi i primi a farsi sentire rumorosamente. E lentamente avviene la scollatura tra le due formazioni. L’Italia se ne va, allunga brutalmente. Gli Stati Uniti sbattono contro il muro azzurro, subiscono i contrattacchi. E vanno pian piano spegnandosi. Ci pensa Buti a mettere la parola fine ad un match estenuante e combattuto allo spasimo. Azzurri in finale. L’epilogo sarà amaro, ma non cancellerà le emozioni della partita più bella del torneo.

ZAYTSEV E BUTI, IL MARTELLO ED IL MURO

In un match così elettrizzante, fatto di alti e bassi, è difficile trovare uomini capaci di spiccare prepotentemente. Eppure, di questo Italia-Stati Uniti resterà indubbiamente quella serie al servizio di Ivan Zaytsev, alla sua miglior partita in azzurro. Leader e trascinatore, ha avuto il merito di rimettere la sua squadra in partita, quando tutto sembrava realmente perduto. Lo ha fatto da campione qual è, con classe e potenza. E con quegli urli liberatori ad accompagnare ogni punto generato dal suo braccio, il “martello di Thor”. È stato un match speciale perché ha unito un’intera nazione, come mai era accaduto prima con un incontro di pallavolo. E un po’ tutti ci siamo commossi come Simone Buti dopo il punto decisivo. Troppo intensa la gioia per un’impresa sportiva semplicemente incredibile. Troppo grande la felicità di chi si è costruito passo dopo passo, una murata dopo l’altra una carriera di altissimo livello, fino alla Nazionale ed a Rio 2016. Buti è l’esempio di come si possa coronare un sogno grazie a tanta passione e dedizione.

LA MADRE DELLE PARTITE

Italia-Stati Uniti è e sarà per sempre la Partita per il volley azzurro. Come nel calcio c’è un prima ed un dopo Italia-Germania, come nel basket resterà impressa l’impresa di Pozzecco e compagni contro la Lituania ad Atene 2004, questo incontro entrerà nella leggenda. Le emozioni di quel pomeriggio di agosto non sono state un momento isolato. Hanno creato un seguito, aspettative e tifo per la Nazionale di Blengini. Non è un caso se, sull’eco della semifinale olimpica, i palazzetti della Serie A1 abbiano registrato numeri clamorosamente elevati. La gente è tornata ad appassionarsi di pallavolo o forse ha iniziato a farlo con modalità e cifre mai viste prima. Questo è stato il grande traguardo di Rio 2016, a prescindere dall’esito infausto e contestato della finalissima contro il Brasile. A molti non è importato il premio finale, ma è rimasto impresso come e quanto gli azzurri abbiano lottato su ogni pallone per coronare un sogno realmente dorato. Anche per questo motivo, la Rai ha deciso di trasmettere gli incontri del prossimo Europeo, al via il 24 agosto, direttamente sul primo canale. Una scelta dettata dai numeri incredibili e da un affetto che non sembra conoscere limiti. Proprio come il cuore dei ragazzi di Blengini in quella calda sera brasiliana.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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