La regular season della NBA si è conclusa: è tempo di playoff. Ripercorriamo questa lunga stagione, con un occhio di riguardo alla stagione degli azzurri impiegati nella lega più competitiva al mondo.
NBA: FINITA LA REGULAR SEASON, È TEMPO DI PLAYOFF
Dopo circa cinque mesi e mezzo stracolmi di partite, la regular season in NBA volge al termine lasciando spazio al momento più emozionante della stagione ovvero quello dei playoff. Otto squadre per Conference di cui solo una potrà arrivare alle Finals per giocarsi l’anello con la vincente dell’altra Conference. Ovest contro Est in uno scontro che ogni anno regala sempre emozioni: che siano esse felicità o dispiaceri sono pur sempre grandi emozioni.
Tra le otto migliori della Eastern Conference mancano gli Charlotte Hornets, franchigia nella quale Marco Belinelli ha militato quest’anno. L’azzurro non gioca i playoff per la seconda stagione di fila dopo il fallimento dello scorso anno in quel di Sacramento dove aveva perso l’appeal che si era creato a San Antonio sotto la guida di Coach Pop. Tra le assenti ci sono anche i Brooklyn Nets (che soffrirà ancora per un po’ di tempo la trade fatta nell’estate del 2013 per arrivare a Garnett e Pierce), i Philadelphia 76ers (probabilmente senza l’infortunio di Embiid non sarebbero in questa lista), gli Orlando Magic, i New York Knicks (squadra creata per raggiungere i playoff sulla carta ma la dirigenza lavora male e i tifosi iniziano a non digerire più questa situazione), i Detroit Pistons e i Miami Heat (autori di un’incredibile rimonta ma che non è bastata per scalzare Chicago dall’ottava posizione).
I Chicago Bulls, qualificatisi per il rotto della cuffia nonostante un’annata piena di mal di pancia all’interno della squadra, affronteranno la testa di serie numero uno ovvero i Boston Celtics. Questi ultimi hanno sfruttato a pieno il netto calo dei Cavs di LeBron nella seconda metà di stagione scavalcandoli e occupando la prima posizione ad Est, utile soprattutto in vista del fattore campo nei prossimi turni. I Cleveland Cavaliers si presentano da campioni in carica ma si trovano in una situazione delicata: dopo gli All-Star Game, su ventisette partite disputate ne hanno vinte solo dodici. Una serie di sconfitte che, subita poco prima dei playoff, risulta essere pesante psicologicamente parlando. Conoscendo però la fame di LeBron James così come il suo essere vincente, le sfide contro gli Indiana Pacers non dovrebbero essere un grande ostacolo per i Cavs. I Toronto Raptors invece, forti del terzo record ad Est, affronteranno i Milwaukee Bucks. Nonostante la franchigia canadese sia nettamente favorita per il passaggio del turno, i Bucks potrebbero riuscire nel colpaccio grazie al gran lavoro di Jason Kidd (ormai al suo terzo anno da head coach della franchigia del Wisconsin). Giannis Antetokounmpo, faro di questa squadra, e compagni sono forse l’unica vera mina vagante nella parte Est del tabellone dei playoff. Sfida da gustare quella che vedrà giocare contro i Washington Wizards e gli Atlanta Hawks. Se i primi sono trascinati dal talento di John Wall e Bradley Beal, i secondi vantano la coppia Schröder-Howard.
CHARLOTTE SENZA PLAYOFF, COSA È SUCCESSO?
Gli Charlotte Hornets sono stati incredibilmente tagliati fuori dalle primo otto ad Est nonostante un inizio di stagione molto promettente. “Buzz City” è sembrata pienamente in corsa per i playoff occupando anche posizioni più alte nella classifica della Conference rispetto a quanto fosse stato pronosticato prima dell’inizio della regular season. La gran sorpresa si è però sciolta come neve al sole tra gennaio e febbraio quando Charlotte, nell’arco di due mesi, ha totalizzato solo sette vittorie su ventisei partite disputate. Un record negativo che a fine stagione è stato pagato a caro prezzo in quanto recuperare quelle sconfitte, per entrare tra le prime otto, è stato pressochè impossibile.
Un calo più che drastico che a gennaio sembrava riguardare più che altro le trasferte (0-8 il record nelle partite fuori casa) ma che nel mese di febbraio si è mostrato come una vera e propria crisi. Degli undici match giocati nel mese più corto dell’anno, quattro sono stati disputati tra le mura amiche e di questi ne hanno vinto solo uno. Vittoria tra l’altro ottenuta contro i Brooklyn Nets con uno scarto di soli quattro punti.
Ciò che è mancato quest’anno a Charlotte sono stati gli elementi e quindi la solidità di squadra. Rispetto alla passata stagione, ci sono stati un Al Jefferson e un Jeremy Lin di meno con il solo Marco Belinelli a ricucire la ferita provocata dalla partenza dell’attuale play dei Nets. In effetti, nessuno ha di fatto sostituito pienamente i due di cui prima: la dirigenza degli Hornets ha piuttosto trovato dei rimpiazzi.
Il ruolo di centro pesante è stato preso da Kaminsky e Zeller che hanno caratteristiche totalmente diverse da Jefferson, non riuscendo quindi a sostituirlo degnamente. Stesso discorso per Lin: l’anno scorso era una sorta di piccola stella nel roster degli Hornets ed è riuscito anche a dimostrare di essere un buonissimo giocatore se inserito all’interno di un sistema. Purtroppo Belinelli ha caratteristiche di gioco che con Lin hanno a che fare fino a un certo punto, considerando soprattutto il fatto che il Beli è una guardia vera e propria mentre l’ex Lakers è una guardia dal doppio ruolo che, a seconda delle condizioni, può essere playmaker o tiratore. Nonostante la presenza dell’azzurro sia stata fondamentale nelle rotazioni in questa stagione, non è mai partito titolare in settantaquattro partite in cui è sceso in campo. Coach Clifford ha preferito sfruttarlo dalla panchina e quindi da sesto uomo, ruolo in cui Marco Belinelli si è “specializzato” nei due anni di studio alla corte dei San Antonio Spurs, affidandogli praticamente il compito che aveva Lin seppur siano giocatori diversi.
UN AZZURRO A CHARLOTTE: LA STAGIONE DI MARCO BELINELLI
Marco Belinelli ha appena concluso la sua decima stagione in NBA con dei numeri che confermano quelli visti nelle annate precedenti. Ha marcato il tabellino con la sua presenza per settanquattro volte ma, come già detto, non è mai partito nel quintetto iniziale. Ha giocato sostanzialmente da sesto uomo, totalizzando, in media, ventiquattro minuti per partita. L’azzurro si è potuto rifare a Charlotte dopo la brutta stagione trascorsa l’anno scorso a Sacramento nonostante neanche questa volta abbia centrato i playoff. La percentuale al tiro di Belinelli è nettamente migliorata in quanto è passata dal 38,6% al 42,9%, realizzando ben 780 punti che significano una media punti per partita pari a 10,5. Questa è stata la sua stagione migliore tra le ultime tre: negli ultimi mesi ha tirato su statistiche che fanno ricredere chi lo dava ormai per bollito dopo il secondo anno a San Antonio e in particolare dopo l’esperienza infelice a Sacramento. Il giocatore italiano si è dimostrato quindi essere ancora una carta valida macina punti dalla panchina, ruolo con il quale ha vinto l’anello in Texas nella stagione 2013-’14.
Adesso ha un altro anno di contratto da scontare e molto probabilmente resterà a Charlotte continuando a partire dalla panca. Tutto ciò ovviamente è da prendere con le pinze poichè durante il draft potrebbe essere una pedina importante per arrivare ad una prima scelta, proprio come hanno fatto i Kings un anno fa. Comunque questa può essere vista come un’opzione remota visto che gli Hornets, non essendo ai playoff, avranno una scelta in lottery che dovrebbe aggirarsi tra la undici e la tredici, se non ci saranno clamorose sorprese nel sorteggio.
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