Arianna Fontana vuota il sacco ai microfoni del Corriere, mettendo a nudo tutte le problematiche che caratterizzano il mondo dello short track: dai continui cambi di tecnici, alle “ritorsioni” dei compagni di squadra. Un’intervista shock della quale vi riportiamo alcuni stralci. 

ARIANNA FONTANA AL CORRIERE: “SHORT TRACK, AMBIENTE TOSSICO. E I COMPAGNI…”

“Hanno detto che ho spaccato la Nazionale, che non sono una leader. Ma io non sono mai stata una da grandi discorsi, parlano i risultati. Ed essere sul ghiaccio da 16 anni è un modo di essere leader”. Arianna Fontana esordisce così nell’intervista al Corriere della Sera, un’intervista che potrebbe stravolgere il mondo dello short track italiano. Le Olimpiadi dell’azzurra, nonostante quelle tre medaglie conquistate che l’hanno resa l’italiana più vincente di sempre nelle Olimpiadi (11 medaglie, superate le 10 di Stefania Belmondo), sono state un concentrato di tensioni, accuse e non detti: il rapporto con la FISG e i vertici dello short track era sembrato a dir poco complicato, con le critiche federali al tecnico e marito di Arianna, Anthony Lobello. E ora, Arianna Fontana vuota il sacco al CorSera. “Vivo situazioni complicate con gli allenatori dal 2010. Mi stavano trasformando in una fondista, perdevo le mie doti da sprinter. Verso Vancouver, ho imparato a gestirmi da sola. Dopo il Canada arrivano come tecnici Eric Bedard e Kenan Gouadec, ma dura pochi e da Sochi in poi resta solo il secondo. Deve gestire troppi atleti ed Anthony Lobello, mio marito, si offre di aiutarlo nelle cose pratiche (ghiaccio, pattini ecc). Arriva un rifiuto che ci lascia perplessi, Kenan era al nostro matrimonio… Le cose peggiorano, è spesso in ritardo e non lucidissimo. La squadra perde fiducia e devo trovare una soluzione. Nel maggio 2017 scelgo ufficialmente Anthony come allenatore. Kenan non la prende bene e inizia un lavoro di ostruzionismo. Tiro dritto e i risultati a PyeongChang arrivano. Rientrati in Italia, il CONI e Sanfratello propongono Anthony come ct delle ragazze. Ma quando lui chiede di impostare a modo suo il quadriennio olimpico, chiede autonomia, espone la sua visione fatta anche di umanità e sensibilità, l’accordo salta e la Federghiaccio ritira la proposta“. Da qui inizia un discorso complesso. Arianna Fontana aveva raccontato di un episodio disdicevole, legato a un “agguato” da parte dei compagni di squadra, che l’avevano fatta cadere in allenamento. La campionessa, oggi, fa nomi e cognomi. “Gouadec diventa dt, ma gestisce la squadra dall’Australia e iniziano i cambi d’allenatore: prima un americano, poi Ludovic Mathieu. Glos mi propone di riunirmi al gruppo, ma io e Anthony decidiamo di tenere le strade separate. Ciò che succede a Courmayeur gli dà ragione. Mathieu mi chiede di pattinare coi ragazzi, Tommaso Dotti e Andrea Cassinelli si mettono a fare traiettorie pericolose davanti a me. Parlottano e vogliono farmi cadere, io mi tengono a distanza e riesco a evitarlo. Il giorno dopo lo ammettono a tutti: non vogliamo che ti alleni con noi. Mi aspetto conseguenze dalla FISG, che invece gira il problema su Anthony: dà fastidio vederlo sul ghiaccio. Cassinelli non agisce più, Dotti continua coi giochetti per tutta la stagione. L’ambiente è tremendo, e il giorno del contatto tra me e Dotti ovviamente arriva: vado dritta contro le balaustre a 50km/h, la caviglia si gonfia. A Salt Lake vorrei rinunciare la staffetta, Gios mi manda a dire che partecipo o faccio le valigie. Poi a Pechino dice che dovrei ringraziare i ragazzi per il lavoro da sparring. Quindi il contatto in piena velocità con un uomo che pesa venti chili più di me sarebbe utile? Ma di cosa stiamo parlando? In Giappone Dotti ci riprova, ma io imposto le tracce in modo da bloccarlo. E a fine allenamento le altre azzurre vengono da me a congratularsi”. 

ARIANNA FONTANA: “VORREI ARRIVARE A MILANO-CORTINA, MA NON FACCIO ALTRI QUATTRO ANNI COSÌ”

Il discorso arriva poi all’attualità: “A un anno da Pechino, l’ennesimo cambio di ct. Arriva Fred Blackburn, uno bravo con cui impostare il lavoro. Ma due mesi prima dei Giochi torna Gouadec, e l’ambiente torna tossico. Tutti hanno paura di esprimersi, alcuni colleghi si comportano da bulli e ci sono giovani appena entrati in squadra che vogliono già smettere. Veniamo trattati come mezzi per arrivare alle medaglie. In Italia lo short track è un asilo, manca professionalità. A Milano-Cortina 2026 ci vorrei arrivare, ma altri quattro anni così non li faccio“. La speranza è che si arrivi a una soluzione: l’intervista di Arianna Fontana evidenzia dei problemi che andranno risolti, nel prossimo quadriennio. Con la speranza che non sia lei stessa a pagare per le sue parole, col ritiro o un’esclusione dalla squadra…

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Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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