La pallacanestro azzurra si sta preparando agli Europei di basket 2017 orfana di Danilo Gallinari: come cambia la nazionale di coach Messina senza il Gallo?

Coach Ettore Messina impegnato negli allenamenti con l’Italbasket al Pala Piratsu di Cagliari (fonte: pagina Facebook ufficiale dell’Italbasket)

EUROBASKET 2017: UN EUROPEO SENZA DANILO GALLINARI

La nazionale azzurra continua la propria preparazione in vista degli Europei di basket 2017, al netto dell’infortunio di Danilo Gallinari, occorsogli durante la Trentino Basket Cup. Coach Ettore Messina, all’ultimo valzer con la Nazionale, dovrà dunque fare a meno di uno dei giocatori più importanti del roster. Quello che a EuroBasket 2015, contro la Germania, aveva pareggiato al possesso finale dei regolamentari, consegnandoci poi il vantaggio nell’overtime, con uno step back ancora ben vivo in memoria, sigillato da una tripla di Belinelli.

All’appuntamento europeo, che inizierà il 31 agosto, non manca molto e gli azzurri si stanno preparando, tra allenamenti e amichevoli (per queste ultime, un primo assaggio arriverà l’11 agosto, con il torneo di Cagliari).

Ma la domanda a questo punto sembra ovvia: come cambia la nazionale italiana senza Danilo Gallinari?

ITALBASKET: COME CAMBIA LA NAZIONALE SENZA DANILO GALLINARI?

Premessa metodologica: la pallacanestro è uno sport di squadra. È lo sport di squadra par excellence. Dunque, ogni discorso sulla mancanza, così come sulla presenza, d’un qualsiasi giocatore passa imprescindibilmente dal contesto, dal sistema, dalla presenza di altri undici giocatori nel roster.

Detto ciò, Danilo Gallinari è, o meglio sarebbe stato una delle stelle di EuroBasket 2017. Sicuramente l’azzurro più talentuoso e multidimensionale. Fronte o spalle a canestro, in penetrazione o sul perimetro, palla in mano o bloccante nel pick&roll, in taglio o in catch&shoot: il Gallo è sempre pericoloso, sia da iniziatore che da finalizzatore, e la difesa avversaria spesso si adatta su di lui, dando così spazio ai compagni, che in virtù degli stessi sono liberi di esprimersi al meglio.

In questo senso, un extra effort, gergo NBA rudemente traducibile con “uno sforzo in più”, potrebbe essere chiesto al neo-Hawks da San Giovanni in Persiceto. Marco Belinelli si è dimostrato negli anni un giocatore in grado di adattarsi a qualsiasi contesto, dunque a qualunque ruolo. Nelle ultime stagioni in NBA, con Spurs e Hornets, s’è imposto come eccellente giocatore di sistema, in grado di fare quanto chiesto(gli) da coach Popovich prima, da coach Clifford poi. Mentre a inizio carriera, nel nostro campionato, molti lo dipingevano, se non additavano, come capace (e volenteroso) di esprimersi soltanto uscendo dal play-book. Inoltre, alle dipendenze di Tom Thibodeau, in quel di Chicago, aveva mostrato ottime capacità anche in situazioni d’emergenza. Ai tempi della permanenza in Illinois, stagione 2012-2013, risalgono alcune prove, vedasi nella serie contro i Nets, che (finalmente) fecero dire a molti addetti ai lavori: “He belongs“. Marco è un giocatore NBA vero, e rimane, tutt’ora, l’unico italiano ad aver vinto una serie di playoff nella lega più competitiva al mondo.

C’è dunque da aspettarsi un suo maggior coinvolgimento nella costruzione del gioco, essendo oltretutto un eccellente giocatore di pick&roll, in grado di affiancare Daniel Hackett in tale compito. Proprio quest’ultimo, per altro, è apparso rigenerato dalla cura Messina, molto più aggressivo e sicuro in fase offensiva rispetto a EuroBasket 2015. Così come Nicolò Mellienormemente migliorato grazie all’esperienza a Bamberg, pare pronto a ritagliarsi un ruolo da primo protagonista. In questo senso, più d’una volta nella Trentino Basket Cup lo si è visto come iniziatore in posizione top of the key (dal vertice dell’area), in grado di mettere in ritmo compagni in post o in uscita dai blocchi.

L’Italia chiederà qualcosa in più anche ai propri playmaker, Cinciarini, Aradori e, perché no, Della Valle, in grado di costruire, ad esempio, con una serie di palleggi incrociati. Ma se i primi due ebbero un ruolo importante già nel 2015 (senza i due rimbalzi di Aradori, nell’overtime contro la Germania, Gallinari non avrebbe materialmente potuto mettere lo step back del vantaggio), Amedeo, un po’ dimenticato due anni fa, dovrà dimostrare d’essere decisivo, anche con la maglia azzurra, nei momenti in cui il pallone pesa di più. Infine, capitan Gigi Datome, infortunatosi nel corso dell’Europeo del 2015, dovrà trascinare, prima che tecnicamente, emotivamente la Nazionale, dando, come sempre, sicurezza con la propria maturità cestistica. Soprattutto nelle situazioni di difficoltà e pressione: il vero metro di misura d’una squadra vincente.

Coach Ettore Messina e Daniel Hackett durante un allenamento al Pala Piratsu di Cagliari (fonte: pagina Facebook ufficiale dell’Italbasket)

DIFESA, 5 VS 5, 12 VS 12 E INTANGIBLES

Assai sottovalutate sono le capacità difensive di Danilo Gallinari, in grado di marcare, in vista della sua stazza e della propria mobilità, giocatori più fisici ed atletici di lui. Soprattutto in un contesto “europeo”. La difesa di coach Messina è apparsa molto solida a Trento, sia nel debutto contro la Bielorussia, che contro l’Olanda: ma la cartina al tornasole sarà rappresentata dai futuri avversari dell’Italia, più organizzati e talentuosi, che gli azzurri affronteranno più avanti nel corso della preparazione.

Ma al di là delle qualità individuali, ciò che conta è, a costo d’essere ripetitivi, il sistema difensivo. E in questo senso, come in ogni partita di pallacanestro, più che 5 vs 5, la sfida sarà 12 vs 12. Dal primo all’ultimo giocatore della rotazione: tutti saranno chiamati ad uno sforzo importante, perché sul parquet non ci sono attaccanti e difensori, e la fase offensiva è strettamente interconnessa con quella difensiva. Intensità, coordinamento e conoscenza reciproca. In pratica bisognerà restare on a string (concetto NBA, particolarmente caro al guru della difesa dei Golden State Warriors Ron Adams, con cui si indica la capacità di spaziarsi, agire e reagire difensivamente come se i cinque in campo fossero legati da un’invisibile filo).

Se l’Italia sarà in grado di arrivare fino alla fine sarà merito dei, così detti, intangibles, ovvero le giocate decisive, ma che non necessariamente risultano descrivibili dalle statistiche e dal referto finale d’una partita. Per questo, dunque per capire come giocherà l’Italia, orfana del proprio numero otto, sarà necessario aspettare la definizione dei dodici azzurri che andranno a EuroBasket 2017. Il gruppo non sarà necessariamente composto dai più talentuosi, ma dai giocatori che Ettore Messina riterrà più funzionali alla costruzione d’un sistema, coerente con determinati principi, proprio in virtù di coloro i quali ne faranno parte.

Ma per lui, come per noi, le risposte arriveranno solo con la preparazione e le prime amichevoli. Perché, come diceva Jacob Riis, sindacalista di inizio novecento, ripreso da coach Popovich e dalla Spurs culture, se una pietra si rompe al centounesimo colpo non è tanto merito di quell’ultimo, ma anche e soprattutto dei precedenti cento.

L’Italbasket festeggia la vittoria nella Trentino Basket Cup (fonte: pagina Facebook ufficiale dell’Italbasket)

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Niki Figus
Giornalista pubblicista. Naufrago del mare che sta tra il dire e il fare. Un libro, punk-rock, wrestling, carta e penna.

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